Quando ho
letto la trama di 20th century boys mi si sono illuminati gli occhi. In poche
parole posso riassumerla con “dei bambini da piccoli inventano un gioco in cui
un’organizzazione malvagia conquista il mondo e quando sono adulti cominciano
ad accadere eventi che seguono lo schema del loro gioco”. Che non è
semplicemente un’idea buona e interessante, ma appartiene un po’ quel filone di
cui fa parte anche It di Stephen King, ovvero a quelle storie in cui le vicende
di un gruppo di bambini si vanno a intrecciare con le vicende di quello stesso
gruppo quando i bambini ormai sono adulti. Storie in cui passato e presente si
sviluppano parallelamente e svelano uno i misteri dell’altro. E siccome io ho
adorato It, sapere che aveva scritto qualcosa
di vagamente simile un autore come Urasawa, che già avevo avuto modo di
apprezzare per abilità nel disegno e nella sceneggiatura, è stato sufficiente a invitarmi a impossessarmi
dell’opera e divorarla.
Recensisco
insieme a 20th century boys anche 21st century boys.
Infatti, nonostante esista come manga a parte, di fatto costituisce i volumi 23
e 24 di 20th century boys, che senza resterebbe incompleto. Per
questa ragione, nonostante farò due discorsi separati, ho deciso di unirli,
perché di fatto costituiscono un unico fumetto, in quanto il 21st
comincia esattamente dove è finito il 20th e ne rappresenta la
naturale conclusione.
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Autore:
Naoki Urasawa
Anno:
1999/2006
Volumi: 22 +
2
Editore:
Planet manga
TRAMA
Parte del necessario l’ho già detto sopra. In sostanza, 20th century boys racconta la storia di Kenji e del suo gruppo di amici, che scrivono un libro intitolato “libro delle profezie”. Su questo libro scrivono tutto quello che succederà negli anni successivi, in cui una misteriosa organizzazione fa progetti per conquistare il mondo.
Anni dopo,
quando ormai i ragazzi sono adulti, nasce in Giappone un’associazione
comandata da un misterioso individuo mascherato che si fa chiamare l’Amico.
Contemporaneamente, si verificano una serie di eventi molto simili a quelli che
i ragazzi avevano scritto nel loro libro delle profezie, e vengono collegati
all’Amico. Il vecchio gruppo si riunisce perciò per cercare di capire chi sia
l’Amico (è sicuramente una persona che almeno una volta ha visitato la loro
base segreta e visto il libro delle profezie, ma chi?) e quale sia il suo
scopo. E impedire che conquisti il mondo.
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RASENGAN! |
LA MIA OPINIONE
Come dicevo
all’inizio, sulle prime ero esaltatissimo. Ditemi se non è una trama
interessante! E non solo in virtù delle affinità con It, ma anche proprio di
per sé. L’idea di base è bella, e mette subito grande interesse nel lettore.
Chi è l’Amico? Cosa vuole? Queste domande non possono che nascere nella mente
di chi legge, suscitate dai molti eventi strani e inspiegabili che avvengono di
fronte a Kenji e ai suoi compagni. All’inizio quindi si procede con la
lettura senza mai smettere, attirati dalla volontà di conoscere quello che
succederà e di avere qualche risposta. E qui cominciano i primi problemi.
20th
century boys è intelligente ma non si applica. Ha tutte le qualità per
diventare un capolavoro e poi cade su delle cose stupide. Parte bene e prosegue
male. Vediamo perché.
Intanto, è
da sottolineare che qui Urasawa ha rinunciato al tipo di narrazione presente in
Monster, e la trama non può trarne che giovamento. Continua a essere
intrecciata e complicata perché ogni volta che viene svelato un mistero ne
nascono altri tre, tuttavia risulta comunque comprensibile, e si segue senza
particolari problemi. Quello che invece secondo me non funziona sono i
contenuti. Certe volte le situazioni sono stupide, o surreali, o inverosimili.
Siamo di fronte a un’opera di fantasia, e come a tutte le opere di fantasia si
può e si deve concedere un minimo di sospensione dell’incredulità. Ma ci sono situazioni
che risultano eccessivamente surreali, vuoi perché non ricevono una
spiegazione, vuoi perché sono talmente esagerate da non risultare credibili.
Per fare un esempio, posso citare la parte dell’incontro in chiesa, o di quando
Kana (la nipote di Kenji) da sola ferma una faida tra mafiosi. Perché è più
che naturale riuscire a far ragionare dei mafiosi che si stanno sparando
semplicemente chiacchierando, non è che finiresti crivellato di colpi nel giro
di tre secondi.
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Kenji con la sua nuova Nimbus 2000 |
La trama di 20th
century boys si articola in diversi piani temporali. Non soltanto sui binari
paralleli passato-presente: all’interno di questi ci sono diversi time skip, al
punto che Kana, che all’inizio vediamo in fasce, diventa la protagonista di
gran parte delle vicende ambientate nel presente. Sulle prime non ho apprezzato
questa scelta, ma in realtà posso dire che alla fin fine funziona. Dà a
tutta la storia un sapore decisamente più epico e la rende più affascinante.
La trama
diventa più debole sotto molti aspetti mano a mano che si va avanti. All’inizio
è solida, poi, anche per colpa delle scene surreali di cui parlavo prima,
comincia a perdere colpi e molte cose non reggono. Un esempio su tutti,
l’attrazione virtuale. Qual è lo scopo per cui esiste? Ufficialmente è una sorta
di mezzo per trattare le persone troppo curiose riguardo l’Amico. In pratica ha
lo scopo di mandare avanti la trama quando resta impantanata. E infatti ogni
volta che i personaggi non sanno dove sbattere la testa puntualmente qualcuno
si fa venire l’idea di andare nell’attrazione virtuale. E puntualmente è lì la
risposta a tutte le domande.
E poi ci
sono i personaggi che fanno cose stupide senza una buona ragione, solo perché
Urasawa voleva creare un po’ di tensione e quindi toh, facciamo che questo qui
senza che ne abbia la necessità e nonostante ci siano soluzioni molto più furbe
si metta in pericolo di vita. Così gli occhi del lettore non si scolleranno
dalla pagina! Più o meno...
Di buono
sicuramente c’è che molti sviluppi della trama sono imprevedibili. Questo le
conferisce tutto sommato un buon ritmo, e tiene viva l’attenzione. In effetti,
la cosa più stupefacente è che, nonostante le situazioni surreali, comunque
l’interesse per la storia non cala praticamente mai. Come nel primo volume,
anche nel ventiduesimo la volontà di sapere chi è l’Amico è forte allo stesso modo.
Anzi, direi che scoprire chi l’Amico è il primo impulso che spinge a superare i
vistosi difetti per arrivare alla fine. E bisogna ammettere che se una storia
riesce ad avere mordente a sufficienza per mantenere alto l’interesse verso il
suo mistero principale qualcosa di buono deve averlo per forza.
Inoltre la
sceneggiatura di Urasawa rimane sempre davvero ben realizzata. Per tornare
all’esempio fatto prima, la scena dell’incontro in chiesa è una sequela di WTF
dal punto di vista dei contenuti, ma è un capolavoro di sceneggiatura, riesce a
tenere con il fiato sospeso. Al punto che il mio pensiero mentre leggevo era
“dovrei smettere di ragionare e godermi semplicemente la tensione che quasi si
respira. Apprezzerei molto di più”.
Qualche
considerazione sul finale. Sotto spoiler.
[SPOILER]Il finale fa schifo. No, non esagero. Non
spiega nulla. Nulla. Non dice chi sia l’Amico! Cioè, io ho seguito Urasawa per
22 volumi volendo sapere chi fosse e lui non me lo dice? Tutto il manga si
incentra su quello! Tra l’altro, se proprio vogliamo dirla tutta la scena del
concerto non è male, anzi, è molto bella. Ma uno non riesce proprio a
godersela, con la delusione di non sapere chi sia l’amico che dà veramente
fastidio. Quindi, nonostante il bel momento del concerto non mi sentirei di
promuovere il finale. Se non fosse che esiste 21st century boys, sia
ringraziato Chtulhu, in cui Urasawa ripara ai problemi di questo finale
pessimo. [SPOILER]
In Monster
quindi rimproveravo Urasawa di non aver capito quali fossero le cose che
andavano raccontate e quali no. Alla luce di quello che ho potuto vedere qui,
direi che il problema di Urasawa è a monte: avrebbe bisogno di una persona che
lo aiutasse a razionalizzare le interessantissime trame che crea. A sfoltirle e
a renderle più credibili. A non soffermarsi soltanto sull’aspetto emotivo della
vicenda (cioè a creare tensione) ma anche a curare quello logico (ovvero
scrivere scene che non risultino assurde o irreali).
La
caratterizzazione dei personaggi è invece eccellente come al solito. Con poche
pennellate Urasawa riesce a imprimere i personaggi nella mente del lettore e da
lì non se ne vanno mai più. Con Urasawa è impossibile confondere personaggi,
tutti hanno le proprie personali caratteristiche fisiche e morali. Alla fin
fine la cosa più bella di tutto il manga è proprio la sensazione di vicinanza
che trasmettono questi personaggi. Dopo venti volumi si ha la sensazione di
conoscerli sul serio, che sia reali, veri, che si stia leggendo scene tratte
dalla realtà. L’atmosfera che si respira è davvero quella dell’anno 1970, e il
rapporto tra i personaggi è descritto in modo accurato e realistico. C’è ben
poco di artificioso, Urasawa è straordinario nel descrivere la banda di
ragazzini protagonisti. È difficile rendere in modo realistico le dinamiche
dell’infanzia, far fare ai bambini cose realistiche, scrivere i loro dialoghi
in modo preciso, e Urasawa ce la fa. Senza quest’abilità, senza questo enorme
pregio 20th century boys sarebbe davvero a un livello più basso.
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Naoki l'ultima volta che è venuto a casa mia |
La
narrazione scorre piacevole e difficilmente annoia. Ci sono dei momenti in cui
Urasawa riprende la sua vecchia abitudine di Monster e riprende a raccontare un
po’ tanto da lontano, ma sono pochi e poco influenti. Come dicevo, ci sono
elementi che hanno l’unico scopo di far proseguire la trama, e questo ne
intacca la piacevolezza e la fluidità.
Come nella
scorsa recensione, ho ben poco da dire riguardo ai disegni, se non che sono
eccellenti. E lo stesso vale per la sceneggiatura. In questo la mia opinione
non si differenzia in nulla da quell’altra volta: sul versante tecnico posso
rimproverare poco a Urasawa.
Come in Monster, anche qui, dietro la trama fantascientifica c'è un messaggio. Kenji è un musicista mancato: sognava di diventare un chitarrista, ma alla fine per mancanza di voglia e di volontà di faticare e di spendere energie per il suo desiderio abbandona quella strada e passa a gestire il negozio di alimentari della sua famiglia. Con l'evolvere della trama Kenji troverà un senso a questo suo sogno, cominciando a scrivere canzoni di protesta contro il regime dell'amico e a suonarle in pubblico. Capirà che il successo non serve per inseguire un sogno, e infatti continuerà a suonare nonostante nessuno lo apprezzi. Continuerà a sudare mettendo amore e fatica nella musica e alla fine del manga avrà l'occasione di coronare il suo sogno. Ma lo realizza perché ha continuato con costanza e determinazione e ha trovato un senso al suo sogno. Solo così può trasformarlo in realtà.
E ora, parliamo
un po’ di 21st century boys e del perché ho unito le due recensioni.
Di nuovo sotto spoiler.
[SPOILER]21st century boys è, come
accennavo all’inizio, la naturale conclusione di 20th. Lo dicevo poco
fa, 20th century boys finisce senza rivelare il mistero principale
della storia, ovvero l’identità del secondo Amico, quello che tirava le fila da
tutto il tempo anche alle spalle del primo Amico. 21st century boys
si propone proprio di fare questo.
21st century boys è un manga che
per metà vale molto, per metà no. Per scoprire l’identità dell’Amico che cosa
risolvono di fare i personaggi? Andare nell’attrazione virtuale. Naturalmente,
che vi aspettavate? Ecco, nell’attrazione virtuale comincia una caccia agli
indizi tra quel mondo e quello della realtà. Che è una cosa stupida per vari
motivi, non ultimo il fatto che se qualcuno nasconde qualcosa poi non lascia
indizi come in una caccia al tesoro per permettere ai suoi nemici di ritrovare
quel qualcosa. Senza contare poi l’apparizione del robottone gigante, che già
mi aveva fatto storcere il naso quando appariva in 20th century
boys, ma lì non era mai così palese ed evidente da risultare trash. Qui sì. Non
ho trovato invece fastidiosa l’apparizione di un fantasma. Non che fosse molto
contestualizzato, è un tocco di soprannaturale che ha poco a che fare con il
tenore del resto della trama. Ma tutto sommato non dà fastidio.
Quella che ho appena mostrato è la parte che
non va bene. Ho invece apprezzato la parte della ricerca dell’identità del
secondo amico, fino a quando non viene effettivamente scoperta. Ecco, ho
sentito opinioni diverse al riguardo, c’è chi elogia la scelta di Urasawa e chi
invece la critica. Io personalmente ho apprezzato: alla fin fine, non poteva
che essere quella persona lì, visto che a ben vedere era l’unico personaggio
citato del passato che effettivamente non fosse stato dimostrato che non fosse
l’Amico. Quindi quella che Urasawa ha dato non può che essere l’unica
conclusione possibile, visto che tutti gli altri, per un motivo o per l’altro,
era già stato stabilito che non fossero l’Amico. Non dico che lo avevo
indovinato: non me lo sarei mai immaginato. Ma con il senno di poi, non poteva
che essere così. E in effetti non è che sia esattamente un personaggio
secondario: non è mai apparso, è vero, ma ne abbiamo sentito parlare moltissime
volte. Certo, Urasawa avrebbe potuto organizzare qualche scena con lui, quello
sì, ma anche così non ha sfigurato così tanto. [SPOILER]
In poche parole, la parte con l’alternanza
mondo reale mondo virtuale è abbastanza assurda e poco sensata, quella
ambientata nel mondo virtuale e basta è bella, appassionante e rivela cose che
uno non si sarebbe mai aspettato. È un manga che alla fine della sua breve
lettura mi ha lasciato da un lato molto soddisfatto (finalmente avevo le
risposte alle mie domande di 20th!) ma dall’altro molto deluso.
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Kenji suona all'angolo della strada |
IN CONCLUSIONE
20th century boys mi è piaciuto
molto sotto il punto di vista delle idee di base, dell’atmosfera e della
sceneggiatura, molto meno dal punto di vista dello sviluppo della trama, di
alcune scelte narrative e della gestione di certe scene. Non è da buttare via
assolutamente, anzi, mi verrebbe da consigliarlo più di Monster, ma soltanto
perché appunto l’idea di base mi piace molto di più di quella di Monster e
perché mi sono sentito proprio a mio agio con i personaggi e l’atmosfera. Ma
ciò non toglie che con Monster Urasawa
abbia raggiunto risultati migliori.
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