venerdì 27 marzo 2020

Una corona di letture #10 - Shining di Stephen King


Non preoccupatevi, la corona di oggi è ancora più breve del solito.

LEGGETE SHINING! Fine.





…va bene, d’accordo, proverò ad argomentare. È che Shining è così famoso che persino le mie piastrelle del pavimento lo conoscono. Jack Torrance va a lavorare all’Overlook Hotel come custode durante i mesi invernali di chiusura, e porta con sé la famiglia. Solo che Jack è appena reduce da un periodo da alcolista, il figlio Danny ha dei poteri paranormali e presto nell’albergo iniziano a succedere cose strane. È l’inizio di una caduta degli eventi tanto improvvisa quanto precipitevole e inesorabile.

Il protagonista Jack Torrance è stato modellato da Stephen King su di sé, e si vede decisamente. Anzi, è proprio evidente come tutto il romanzo nasca dal disagio di Stephen King nei confronti del proprio alcolismo e delle conseguenze che esso poteva avere sui suoi figli. Shining è, prima di tutto, la manifestazione delle paure di un padre divorato dalla sua dipendenza.


Non serve che io elenchi che la caratterizzazione dei personaggi è fantastica, che ci sono delle scene veramente inquietanti e che è così facile affezionarsi alla famiglia Torrance che, nel momento in cui li vedrete correre il minimo pericolo, sarete subito portati a sperare che si salvino. Non serve perché è un romanzo di Stephen King, ed è abbastanza normale che succedano queste cose. In più rispetto ad altri romanzi c’è che questo è armonizzato in una storia toccante, appassionante e tutto fuorché scontata o banale. La storia è lenta, sì, ma non inficia affatto la lettura. Anzi, la passione che svilupperete per la famiglia Torrance farà sì che le quasi 600 pagine scorrano per voi come se fossero 10.

Quindi non c’è una persona in particolare a cui consiglio Shining. Lo consiglio a tutti. Leggetelo, per favore. C’è pieno di G.L. d’Andrea in giro che scrivono porcate. Leggete un libro che merita di essere letto. Grazie.

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giovedì 26 marzo 2020

Una corona di letture #9 - Il richiamo delle spade di Joe Abercrombie


Prima di iniziare il consiglio di oggi, facciamo tutti un minuto di silenzio per l’edizione con due colonne per pagina in cui Mondadori ha ripubblicato in un solo volume la trilogia della First Law.

Fatto? Bene. La First Law è una trilogia abbastanza famosa, sia perché ha acquisito una certa notorietà anche in Italia, diffondendo quel genere di fantasy che è conosciuto solo grazie alle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Che poi se io dico Cronache del ghiaccio e del fuoco la metà dei fan di Game of thrones non sappiano a che cosa mi riferisco è un altro discorso (sul quale sarebbe interessante scrivere qualcosa, prima o poi). Anyway, quello che consiglio oggi è il primo romanzo della trilogia, e sono felice di consigliarlo perché ho finito di leggerlo pochissimo tempo fa. Infatti al momento sto leggendo il seguito. Ebbene sì, io che mi dichiaro appassionato di fantasy non ho mai letto Abercrombie, shame on me. Per la cronaca, non ho mai letto neppure Martin.


Comunque, Il richiamo delle spade racconta le storie di tre personaggi, l’inquisitore storpio San dan Glokta, il giovane arrogante Jezal dan Luthar, che si allena per partecipare al più importante torneo di scherma del regno, e Logen Novedita, barbaro veterano di molte battaglie. Come collante di questi tre personaggi ci sono le vicende del regno, minacciato in più punti dalle forze straniere, dietro le quali potrebbe esserci qualcosa di molto più arcano dei semplici interessi politici e della sete di potere, e le macchinazioni del Primo Mago Bayaz.

Il richiamo delle spade ha così tanti pregi che è difficile capire da dove cominciare. I personaggi sono caratterizzati magistralmente, e il modo in cui sono mostrate le faccende di guerra è estremamente realistico. Dimenticate i cavalieri di drago in corpetti colorati della Troisi, qua c’è solo la crudeltà della guerra, in tutta la sua praticità. Inoltre, Abercrombie si diverte a ribaltare i luoghi comuni del fantasy. Bayaz, il Primo Mago di cui parlavo, ricopre sostanzialmente il ruolo del Gandalf della situazione, ovvero di colui che raccoglie una compagnia di avventurieri per partire per un viaggio. Tuttavia, a differenza di Gandalf Bayaz nella prima scena in cui appare è un macellaio, è rude e volgare, e una delle prime volte in cui scatena i suoi poteri lo fa nudo come un verme, perché si stava lavando. Non esattamente quello che succede nel vostro romanzo high fantasy tipico.

Non c’è una precisa differenza tra buoni e cattivi, e infatti anche i protagonisti sono caratterizzati da diverse sfumature di nefandezza. Nonostante questo, risultano tutti simpatici e il lettore si trova ben presto a non vedere l’ora di scoprire come prosegue la storia. Il personaggio che mi è piaciuto di più, e che nel secondo romanzo rivela tutte le sue qualità, è Logen, che tra l’altro è anche il meno “sporco” tra tutti i protagonisti.

Insomma, non perdetevi Il richiamo delle spade. La traduzione italiana della Gargoyle è ai limiti dell’illegale, ma voi leggetelo lo stesso. Consigliato in particolare agli appassionati del fantasy classico che cercano però qualcosa di nuovo.

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mercoledì 25 marzo 2020

Una corona di letture #8 - Drifting Dragons di Taku Kuwabara


I draghi sono una creatura fantastica particolare. Sono banali e abusati eppure, a differenza per esempio degli elfi, hanno stancato molto meno. Dove conosco un sacco di persone che si lamentano degli elfi, non conosco nessuno che non sia un minimo affascinato nel momento in cui si parla di draghi. Soggetto al grande fascino dei draghi deve esserlo anche Taku Kuwabara, autore del non ancora concluso Drifting Dragons.


Drifting Dragons è la storia dell’equipaggio della Queen Zaza, una nave volante che caccia draghi. In particolare, l’autore si sofferma sulle vicende di Takita, giovane recluta della nave, ragazza tanto timida quanto desiderosa di imparare, e Mika, cacciatore di draghi esperto, avventato, impulsivo e dall’appetito insaziabile. La prima avrà modo di crescere e fare esperienza, mentre dell’altro verremo a scoprire che cosa si nasconde dietro la sua aria burbera e insofferente.

A una prima occhiata Drifting Dragons potrebbe sembrare una giapponesata stupida, non fosse altro che ogni capitolo è dedicato in particolare a un piatto che viene cucinato dai personaggi. Tuttavia, ben presto questa prima impressione cade da sé, un po’ per merito della gradevolezza della trama, un po’ per l’ottima caratterizzazione dei personaggi, un po’ per la spettacolarità dei disegni. Anzi, il disegno è di sicuro il punto di forza dell’intero manga. Le navi e le divise dei personaggi sono disegnate con grandissima precisione e cura dei dettagli. Inoltre, i draghi hanno un design vario, non banale e affascinante. La parte più bella della lettura, quella che rimane impressa anche a molti mesi di distanza, sono le pagine, occupate spesso da un’unica vignetta, che riportano i voli di queste magnifiche creature.

Il manga è ancora in corso, ma mi sento di consigliarlo lo stesso, perché è una lettura piacevole e leggera, ed è disegnato con tale bravura e precisione che lo consiglierei anche se fosse la versione a fumetti di Abyss.

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