sabato 1 luglio 2017

Recensione - Le cinque stirpi di Markus Heitz

Sapete che cosa manca a questo blog? Una cosa fondamentale, una di quelle cose che non se non ce l’hai non sei nessuno e sarai disprezzato e odiato dal tuo pubblico. No, non sto parlando della regolarità nella pubblicazione, anche se non sarebbe male. Mi riferisco alla recensione di un high fantasy di chiara ispirazione tolkeniana.

Sono sicuro che noi tutti scrittori nel tempo libero di narrativa fantastica abbiamo scritto almeno una volta nella vita un high fantasy ispirato a Il signore degli anelli. Questo perché tutti lo abbiamo letto, lo abbiamo apprezzato e ne siamo stati influenzati, in un modo o nell’altro. Se poi ti chiami Stephen King il tuo high fantasy che scopiazza Tolkien diventerà la saga della Torre Nera e sarà un’opera stupenda. Nella maggior parte dei casi è roba banale e di poca sostanza. Fidatevi, ve lo dico perché nel corso degli anni credo di aver provato a farlo almeno sei volte, e raramente è uscito qualcosa di anche solo accettabile.

High fantasy ispirato a me! Che bello!
Comunque, potevo forse io esimermi dal porre rimedio a sì grave mancanza? Naturalmente no, e quindi beccatevi la recensione de Le cinque stirpi di Markus Heitz.
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Titolo: Le cinque stirpi
Autore: Markus Heitz
Anno: 2003                                                        
Editore: Editrice Nord
Pagine: 635




TRAMA 

La Terra Nascosta è circondata da una fittissima catena montuosa, che la protegge dagli assalti dai mezz’orchi che provengono dall’esterno. L’unico modo per entrare sono cinque porte disposte in punti diversi della catena montuosa, e queste cinque porte sono protette dal popolo dei nani, suddiviso in cinque stirpi, una per ogni porta. I nani difendono le porte da millenni, ma quando la difesa della quinta stirpe viene meno i mezz’orchi e le altre creature del buio irrompono nella Terra Nascosta.

Passano alcuni anni. Mezz’orchi e compagnia hanno invaso una piccola parte della Terra Nascosta. Tungdil è un nano che vive tra gli uomini, presso il mago Lot Ionan. La cosa è di per sé strana, perché nella Terra Nascosta ciascun popolo se ne sta nel fazzoletto di terra che gli è stato assegnato e di rado se ne allontana. Quindi gli elfi stanno nella terra degli elfi, i nani in quella dei nani, e non è frequente che si viaggi. Comunque, Tungdil riceve un compito da Lot Ionan, consegnare a un suo amico lontano degli oggetti. Questa missione, di suo piuttosto innocua, porterà Tungdil a diventare concorrente al trono di re dei nani, e lo metterà contro il malvagio stregone Nudin, che ha come obiettivo conquistare il mondo.

LA MIA OPINIONE


Le cinque stirpi è il romanzo d’esordio dell’autore. E si vede, si vede tantissimo. Non ha soltanto difetti, è vero, ma è pieno di cose che sbavano, punti che non funzionano, imperfezioni di trama, situazioni involontariamente divertenti per la loro intrinseca stupidità. Prima che me lo chiediate la risposta è no, non sarò prodigo di citazioni come lo sono stato con Abyss, per il semplice motivo che mentre leggevo Abyss mi appuntavo tutti i problemi del libro e la pagina in cui li trovavo. Con Le cinque stirpi ho deciso di non farlo perché sono pigro ma soprattutto perché voglio scrivere una recensione e non un romanzo breve a puntate come l’altra volta.

Non per questo vi risparmierò dai punti più interessanti. Quindi cominciamo con una bella carrellata di insensatezze per voi.

1) Insensatezze

“Nella Terra Nascosta, trovare un rappresentante della sua razza [i nani] era raro quanto trovare una pepita d’oro sul ciglio della strada, e la fama dei pochi nani ambulanti che, nelle loro peregrinazioni, offrivano i loro servizi come fabbri o costruttori di utensili non era delle migliori”

Comincio con la mia preferita, i fabbri ambulanti. Avete letto bene, fabbri ambulanti. E non vengono nominati solo in questa frase, appaiono qua e là in tutto il libro. Fabbri ambulanti, ovvero persone che girano per il mondo portandosi dietro fucina, incudine, mantice, mola, martello e quant’altro. Insomma, tutte cose assai semplici da trasportare, affatto pesanti, e che stanno in uno zainetto. Qua le possibilità sono due, o i fabbri ambulanti viaggiano con dei container, oppure l’autore non ha molto riflettuto su quello che scriveva.

E sapete qual è la cosa divertente? Che a un certo punto un fabbro ambulante appare pure! È un vero peccato che non si dica nulla del suo bagaglio, sarei stato proprio curioso di sapere come ha stipato l’incudine, la mola e la fucina in un carro...

All’inizio del libro si racconta che i mezz’orchi tentano da millenni di invadere la Terra Nascosta, senza successo. Da millenni, non un anno, non lustri, non decenni, non secoli, millenni. Bene. Questo significa che sono millenni che centinaia di migliaia di mezz’orchi prendono a capocciate le porte non solo senza mai vincere ma anche senza, che ne so, cambiare tattica una volta. In realtà l’autore specifica che i mezz’orchi sono stupidi, ma questa non è una giustificazione. Un conto è essere un po’ tardi, un conto è essere dei rimbecilliti totali. È surreale che per tutto quel tempo a nessuno sia mai venuto in mente di scavare una buca sotto la porta, oppure mandare qualche esploratore attraverso le montagne e farsi aprire dall’interno, o altro. E badate, quando comoda i mezz’orchi sono stupidi e non capiscono che cambiare una strategia non efficace può essere una buona idea, tuttavia sono dotati più o meno delle stesse armi dei nani, parlano in un linguaggio sensato e articolato, sanno montare un accampamento, hanno una suddivisione gerarchica e un senso dell’onore e della competitività, come viene dimostrato più volte nel romanzo. Insomma, questi mezz’orchi non sembrano così molto più stupidi dei nani, o degli uomini, anzi, paiono una civiltà più o meno al loro livello, se non fosse appunto per questo dettaglio che continuano ad attaccare le porte. Direi che a questo punto è ovvio che la stupidità è soltanto un escamotage che l’autore ha architettato per giustificare al lettore una situazione altrimenti stupida a cui non sapeva dare una spiegazione più sensata. Solo che questo escamotage non solo non rende la situazione meno stupida ma risulta pure incoerente con il resto che la storia ci mostra sui mezz’orchi.

Un mezz'orco.
Due parole merita anche il viaggio di Tungdil su incarico di Lot Ionan. Allora, Lot Ionan dice a Tungdil di andare in un luogo, pur sapendo che l’amico cui Tungdil deve portare delle cose non abita più là (non chiedete). Mentre leggevo mi ero messo a fare i conti bene, ora non ricordo, comunque mi pare che avessi calcolato che tra andata e ritorno il viaggio sarebbe stato in totale di un po’ meno di 2000 chilometri. In pratica Tungdil va a piedi, da solo, con un’ascia che non sa usare (come lui stesso ci informa), in una terra che Lot Ionan sa benissimo essere preda delle pericolose razzie dei mezz’orchi, verso un luogo dove non è mai stato e dove, anche se non lo sa, non troverà il suo obiettivo e, indovinate un po’, senza neppure essere in grado di leggere una cartina. E sapete che cosa dice Lot Ionan di tutto questo?

“«Gli farà bene. Così vedrà la Terra Nascosta anziché leggerne solo le descrizioni nei libri»”

Cioè, stai mandando Tungdil a una morte quasi certa e te ne esci con “ma sì, così si vede un po’ il mondo”? Ma quanto è irresponsabile Lot Ionan? Per lui è un viaggio di piacere, manco se n’è accorto dei pericoli che gli fa correre...

“«Il mio affetto per Tungdil è fuori discussione»”

Ebbene sì, Lot Ionan dice anche questo, e lo fa molto vicino alla citazione di prima. Ma ormai è chiaro, l’espressione è da intendere in modo ironico e in realtà Lot Ionan voleva liberarsi di Tungdil. Devo autoconvincermi che sia così, altrimenti il mio cervello esplode.

L'affetto per Tungdil.
Che poi, la cosa grave è che l’autore palesemente non si è reso conto che Lot Ionan qui fa la figura dell’idiota irresponsabile. Voglio dire, se avesse voluto rappresentare intenzionalmente il personaggio in questo modo allora poteva avere un senso, ma è chiaro che non è così. Siamo di nuovo di fronte a una situazione in cui l’autore propone cose insensate e né lui né l’editor se ne sono accorti.

Questi sono solo alcuni esempi, i più lampanti, ma leggendo il libro ho incontrato diverse altre situazioni simili.

2) Personaggi

I personaggi ricalcano lo stereotipo della razza cui appartengono. O meglio, Heitz ha preso quelli che sono i nani tipo, gli elfi tipo, eccetera e poi vi ha appiccicato quelle due o tre caratteristiche in più giusto per non rendere proprio evidente il fatto che si trattasse di cliché. I nani sono tutti rozzi, pragmatici e orgogliosi, gli elfi leggiadri, e così via. I gemelli Boindil e Boendal sono un chiaro esempio di questo. Entrambi sono rozzi, pragmatici e orgogliosi, solo che uno è schizzato mentre l’altro ha un po’ di buon senso, per il resto sono uguali identici. E lo stesso vale per tutti gli altri nani del romanzo.

Che l’autore avesse in mente degli stereotipi e non dei personaggi veri e proprio lo si nota dal fatto che tutti i nani si esprimono allo stesso modo. Mi spiego. I nani hanno le loro imprecazioni, come per Vraccas, che hanno senso solo per loro perché, per esempio, solo loro adorano Vraccas. Ebbene, dice per Vraccas pure Tungdil, che è cresciuto con gli uomini e ha visto pochissimi esponenti della sua razza nel corso della vita. Suona insensato, no? Sarebbe più logico sentire Tungdil imprecare come un umano. Ma non è così, perché Tungdil è un nano, e quindi deve rispondere ai requisiti del nanoTM by Marcus Heitz. Un po’ ridicolo, non trovate anche voi?

E adesso so che cosa state pensando. “Ma i nani sono rozzi, pragmatici e orgogliosi, altrimenti non sarebbero nani! Non sono stereotipi, è così che funziona il fantasy!” E la mia riposta è no, non è così affatto, anzi, fortunatamente non è così. Un ragionamento del genere è la morte della creatività, è un blocco a qualunque possibilità di cambiamento e originalità. Non sta scritto da nessuna parte che i nani debbano essere tutti così, come non sta scritto da nessuna parte che gli elfi debbano essere tutti leggiadri ed eterei o che gli stregoni tutti saggi e barbuti. Così erano per Tolkien e così sono rimasti per la tradizione successiva, ma nessuno vieta che domani uno scrittore scriva un libro in cui gli elfi sono bassi, grassi e puzzolenti e i nani alti, leggeri ed eterei. Anzi, questa sarebbe una vera sfida, scrivere un libro del genere e farlo suonare credibile alle orecchie dei lettori che ormai sono abituati a qualcosa di completamente diverso. Questa sarebbe vera originalità. A confronto il fare dei nani i protagonisti è ben poca cosa.

A distanza di sessanta anni mi copiano ancora!
Comunque, a dirla tutta Tungdil è uno dei pochi personaggi, forse l’unico, a non essere una macchietta con appiccicate un paio di caratteristiche distintive. Se si tralascia quello che ho detto nel paragrafo sopra, Tungdil è abbastanza accettabile. Non so se l’intenzione dell’autore fosse quella, comunque l’immagine di Tungdil che ricaviamo dal libro è quella di un personaggio ingenuo, con la tendenza a parlare a sproposito, ma coraggioso e con degli affetti molto precisi. Giusto per fare un paragone con un altro caposaldo della letteratura, Abyss, il dispiacere di Tungdil per la strage compiuta in sua assenza è molto più credibile e ben reso di quello di Michael per il rapimento della fidanzata. Lo so, non è un gran merito essere meglio di Abyss, ma anche in assoluto devo ammettere che questa parte è accettabile.

Nodin è, manco a dirlo, il classico cattivone che vuole il potere perché sì, che fa cadere il gelato ai bambini, fa lo sgambetto alle vecchiette e poi sghignazza di gusto dicendo “ma quanto sono cattivo!”. La logica conseguenza di questo è che bene e male abbiano una divisione ben netta che non lascia spazi a dei grigi. Questo manicheismo di fondo porta a volte delle situazioni che non funzionano. Faccio un esempio, sappiate che è spoiler. Il re dei nani non vuole assolutamente che Gandogar, dei quarti, diventi suo successore, e non vuole perché è, in breve, succube del suo consigliere malvagio Bislipur. Quindi, venuto a sapere dell’esistenza di Tungdil, fa credere che questi sia un orfano della quarta stirpe e si appella a un cavillo della legge che prevede che un candidato al trono possa venire messo in discussione solo da un altro appartenente alla sua stirpe. Così Tungdil diventa un pretendente al trono, e, secondo la legge, deve sfidare Gandogar in cinque prove, che stabiliranno chi dei due diventerà re. Prima della quinta prova, i protagonisti vengono a scoprire che Gandogar sta imbrogliando, e per questa ragione sono rimasti molto svantaggiati. E sapete che cosa fanno? Cominciano a gridare all’inganno, accusando Gandogar di essere sleale. Ma diamine, loro sono i primi ad avere imbrogliato mentendo sulle origini di Tungdil, e poi hanno il coraggio di lamentarsi se Gandogar li ripaga con la stessa moneta? Ma che incoerenza è? E ovviamente a nessuno dei personaggi verrà mai in mente di fare un ripensamento, no, loro sono i buoni e quindi se barano va bene, se però bara Bislipur è sbagliato e cattivo e come si permette gliela faremo pagare. Va bé, contenti Markus Heitz e l’editor contenti tutti, suppongo.

3) Scrittura

Lo stile non è il massimo, ma c’è di peggio. Più che altro, non ho ben capito se le sbavature di vario genere che si trovano in giro siano colpa della traduzione oppure siano così anche nell’originale, dovrei controllare ma non conosco il tedesco. Comunque, una cosa che sicuramente non è colpa della traduzione è che Heitz spesso riporta un discorso ma ci informa prima del suo contenuto. Vi faccio un esempio che mi invento così, senza citare.

“Tungdil era davvero felice.
«Sì! Che bello! Sono proprio contento»”

Non é qualcosa che si verifica una volta o due, ma per tutto il libro, e in modo anche più fastidioso, il mio esempio è molto semplicistico.

Più in generale, spesso le scene non sono descritte in modo preciso, e soprattutto le battaglie sono piuttosto mal raccontate. Avete mai letto una battaglia scritta per esempio da Guy Gavriel Kay? Se la vostra risposta è sì allora sapete che in questi casi Kay è sintetico all'ennesima potenza. É capace di scrivere che tizio viene trafitto e muore, e fine del discorso. A me come soluzione non fa impazzire, apprezzo Kay per altri motivi, ma non posso negare che sia efficace. La concitazione e la rapidità del momento di sposano bene con uno stile essenziale e semplice. Heitz risulta invece molto macchinoso nel mostrare i combattimenti. O non è chiaro oppure pasticcia il POV o anche entrambi nei migliori casi. Zoppica, é chiaro che non ha mai scritto combattimenti e non ha una grande esperienza di armi su cui basarsi. 

4) Toccare con mano

Ho pensato che  più che molti miei discorsi può essere utile per capire che cosa non va riportare un brano del libro un po’ più lungo. Ho scelto di mostrare due delle prove che, come dicevo prima, Tungdil e il suo rivale Gandogar devono sostenere. La prima è un duello.

Tungdil si prepara al duello. 
“Gandogar [come arma ha un’ascia, ricordatelo perché ci serve] iniziò subito con una serie di affondi, tempestando di colpi lo scudo di Tungdil; il brillio dei diamanti sulla sua lama aumentava il nervosismo dell'avversario. Tungdil sbirciava oltre il bordo di metallo per vedere quale fosse il bersaglio dei fendenti successivi. Così facendo, indietreggio fino a sbattere contro una colonna.”

Gandogar dà prova fin dall'inizio di essere un abilissimo guerriero, infatti massacra di colpi lo scudo di Tungdil. Geniale! E molto utile, direi. Proprio una mossa da spadaccino provetto. Mi sono sbagliato, non sono colpi, sono... affondi. Affondi di ascia... Uhm, un'altra mossa geniale. Secondo voi é Gandogar che ha imparato a combattere per corrispondenza o l'autore che non sa il significato dei termini che usa? C’é da dire che nella frase dopo gli affondi diventano per magia fendenti, quindi la seconda ipotesi suona come la più probabile...

“Reagi a una nuova offensiva del re scostandosi e attaccando di sorpresa. La scure scivolo con un suono orribile lungo lo scudo sollevato frettolosamente dal sovrano e rimbalzo contro l'orlo inferiore del suo elmo. Stordito, Gandogar retrocedere di alcuni passi.
[Boendal esorta Tungdil e questi continua a combattere]
...Bislipur entrò in azione. Urtò Swerd [il suo gnomo schiavo], che era in piedi accanto a lui, mandando la testa dello gnomo a cozzare contro il boccale di un nano. La birra traboccò, spandendosi sul pavimento.
La pozza fu fatale a Tungdil. Nella fretta, non vide il liquido sparso sulle lastre di marmo, che si tramutarono in una superficie viscida. Il suo piede destro slittò di lato, e lui incespicò e mancò l’avversario.
[…]Gandogar ben presto si riprese e colpì nell’attimo in cui l’avversario gli scivolava accanto. La sua pesante scure colpì con forza la schiena di Tungdil, facendogli perdere del tutto il controllo. Imprecando, il nano cadde e uscì sconfitto dalla prima prova.”

Abbiamo la fiera della ridondanza, con il “colpì con forza” (in effetti mi era venuto il dubbio che gli avesse sferrato un fendente piano...) e il liquido sul pavimento che viene ribadito due volte nel giro di due righe, come se il lettore non avesse capito. Più in generale, una buona parte del libro potrebbe essere sfoltita con grande guadagno in scorrevolezza. Comunque, poi abbiamo la prima prova che finisce perché Tungdil cade per terra (davvero i duelli funzionano così? Va bé...) e soprattutto la birra scivolosa. Questa è una delle mie parti preferite. Tungdil ci scivola sopra neanche fosse sapone! Pare una fusione tra Stanlio e Ollio, Mr. Bean e Il signore degli anelli. Questa è arte, gente, pura e semplice arte.

Ma passiamo alla seconda prova. Viene proposta da Tungdil.

“«Scriveremo un testo. Vince chi finisce per primo».
«Che cosa?» fece il suo rivale esterrefatto.”

Gundogar sa scrivere male, pare. Ma seriamente? È un re e non sa scrivere? E come li firma i decreti, ci mette una x sopra? Ci manca solo che non sappia leggere...

Ma poi qual è il senso di questa prova, che cosa viene valutato? Da come parla Tungdil sembra che vinca chi finisce per primo di scrivere. Ma ehm, che senso ha? Inoltre non viene data nessuna indicazione riguardo alla composizione. Stando quindi all’unica regola di Tungdil, basterebbe scrivere una parola e poi mettere un punto per vincere. Del resto, vince chi finisce per primo...

“Il Sapientone, come lo chiamava Boendal in tono scherzoso, cominciò quasi subito a scrivere, mentre Gandogar fissava le rune con espressione rabbiosa e scarabocchiava qualcosa sul suo foglio.”

Questo mi fa venire in mente che Tungdil viene perlopiù descritto come colto e istruito, molto più del resto dei nani, perché, citando Heitz stesso, legge “di tanto in tanto un buon libro”. Oh bé, quindi bastano un romanzetto o un saggio ogni qualche mese per diventare dei dotti che Umberto Eco levati. Come, lo sa solo Heitz.

Esiste anche un gioco ispirato al romanzo, che a differenza sua pare sia molto valido.
“«Finito» annunciò Tungdil per primo. Il testo venne verificato e giudicato privo di errori. Gandogar impiegò più tempo e la sua accuratezza non si avvicinò minimamente a quella dello sfidante. Balendilìn dichiarò Tungdil vincitore.”

Torna la scemenza del finire il testo per primo (non è stata decisa una quantità di parole da raggiungere, che senso ha?), si aggiunge il fatto che viene giudicata anche la qualità del testo, cosa che non era stata accennata prima. E infine si dice che il testo di Gandogar non era accurato quanto quello di Tungdil, e per questo, oltre che per averci impiegato più tempo, perde. Di nuovo non ha senso! Non si era dato un tema, perché il testo di Gandogar sarebbe dovuto essere accurato? Inoltre nella valutazione di quello di Tungdil viene considerata solo la correttezza, non il contenuto. Insomma, c’è una grande confusione e non si capisce quali siano i criteri di valutazione!

Siamo giunti alla fine. Lo ammetto, ho scelto uno dei punti più bassi del libro, ma il resto non è su livelli troppo più alti. Paradossalmente, il momento più basso è uno dei più alti, perché è uno dei più involontariamente divertenti. In effetti, se preso in modo ironico e con poca serietà allora il libro tira fuori tutta la sua vena trash, che lo rende in quest’ottica molto più godibile.

5) Qualcosa di buono

Uso questa sezione per riportare quello che invece vale nel romanzo. Non è molto, ma c’è. Del resto c’era in Abyss, ci deve essere per forza anche qua. Ho apprezzato il world building, che, pur non essendo originale, è accurato, approfondito e interessante. Ho apprezzato il fatto che il popolo dei nani sia descritto in molti aspetti della sua cultura, che, per esempio, ciascuna delle cinque stirpi abbia una sua specializzazione, o che ogni popolo abbia le sue leggende e i suoi dèi. La parte finale si fa leggere con la dovuta foga e suona un po’ migliore del resto, anche se il colpo di scena che dovrebbe essere inaspettato in realtà si intuiva da molto tempo prima, e per questo non riesce ad avere sul lettore un grosso impatto, se non fargli dire “avevo ragione”. Mi è infine piaciuto l’umorismo che salta fuori qua e là, e che riesce ad essere davvero efficace, come nella scena sulle donne dei nani e la barba. Ma a parte questo, c’è poco altro.

IN CONCLUSIONE


Come dicevo all’inizio, Le cinque stirpi è un’opera d’esordio e si nota. Si nota nell’utilizzo ingenuo di materiale già visto, nella scrittura non di alto livello e nelle incongruenze di cui abbonda. Si salva su certi aspetti ma risulta molto più efficace come romanzo trash che preso seriamente. In sostanza, leggetelo solo volete farvi quattro risate, se cercate un buon romanzo high fantasy vi conviene guardare altrove.

VOTO: