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lunedì 23 marzo 2020

Una corona di letture #6 - The lions of Al-Rassan


Sono rimasto deluso da Guy Gavriel Kay, recentemente, visto che il suo A brightness long ago è un romanzo ben al di sotto delle aspettative. Forse per togliermi dalla testa questo brutto ricordo, adesso vi consiglio uno dei suoi romanzi migliori.

The lions of Al-Rassan è, come molti romanzi di Kay, ambientato in un mondo fantasy che somiglia molto al nostro. È lo stesso mondo della bilogia del mosaico di Sarantium, per capirci. La trama è piuttosto complessa, e trovo difficile riassumerla nel dettaglio, quindi cercherò di essere generale. La trama si svolge ad Al-Rassan, penisola che ricorda la Spagna bassomedievale, divisa in cinque regni, alcuni che stanno riacquistano potere, altri in triste ed inevitabile decadenza. Sullo sfondo delle vicende politiche del paese, si profilano le storie di altri personaggi, alcuni umili come Jehane, figlia di un abilissimo e medico e medico a sua volta, e Alvar, giovane soldato che si innamorerà di lei, e altri che invece sono così potenti da tenere tra le mani il destino delle loro nazioni, come Rodrigo Belmonte e Ammar ibn Kahiran.


Per molti aspetti questo è un tipico romanzo di Kay. Storia, politica, intrighi, gente che si innamora perdutamente di qualcuno che ha visto venti secondi di sfuggita, non si fa mancare niente. Tuttavia, e questo ne costituisce la particolarità, questi elementi sublimano a un livello superiore. I protagonisti non sono solo figure potenti, hanno un’altissima statura, se non morale almeno personale, sono uomini carismatici, che conquistano il lettore con una frase, un movimento, un’azione. Il loro immenso potere li fa stagliare come figure portanti della Storia, e chi legge questo lo percepisce vividamente. La portata degli eventi di cui costoro sono protagonisti si imprime nel lettore e gli fa capire che davvero quello cui sta assistendo è qualcosa di rivoluzionario che cambierà la storia di Al-Rassan senza possibilità di ritorno. Gli umili, a contatto con questi grandi uomini, hanno la possibilità di avere una piccolissima influenza all’interno della Storia.

The lions of Al-Rassan è un romanzo davvero epico, con una trama coinvolgente, dei personaggi tanto vividi quanto ben caratterizzati, e una parte finale che vi terrà con il fiato sospeso. Consigliatissimo, non solo agli amanti del fantasy.

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martedì 6 marzo 2018

Recensione - Lord of emperors di Guy Gavriel Kay


Una cosa che non ho detto nella scorsa recensione è che ho cominciato a leggere Sailing to Sarantium a maggio e l’ho concluso a giugno. Ho iniziato a leggere il seguito, nonché ultimo romanzo della bilogia, Lord of emperors, a giugno, e l’ho finito a dicembre. Un mese scarso contro circa sei. Credo che questo la dica più lunga riguardo al mio giudizio sul romanzo (soprattutto confrontato con il libro che lo precede) di quanto possa fare l’intera recensione. Detto questo, se invece non siete soddisfatti e volete saperne di più continuate a leggere.

Una nuova recensione!
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Titolo: Lord of emperors
Autore: Guy Gavriel Kay
Anno: 2000                                                     
Editore: Harper Voyager
Pagine: Troppe. Nel sistema decimale, 613




TRAMA 

Il romanzo riprende le avventure di Crispin qualche tempo dopo la fine di Sailing to Sarantium. Non che sia cambiato molto al nostro artigiano di Batiara, e infatti lo troviamo sempre alle prese con il mosaico del santuario di Jad. Le persone cui invece è cambiato qualcosa nel frattempo sono i personaggi intorno a lui. La regina Gisel è giunta a Sarantium dopo la fuga dal colpo di stato ai suoi danni intentato dalla nobiltà Antae, e sulla via di Sarantium si trova pure Pardos, compagno di Crispin. Nel frattempo, a Bassania un medico, Rustem di Kerakek, salva la vita al Re dei Re di Bassania e lo aiuta a sgominare la congiura che stava venendo ordita contro di lui. Il Re dei Re lo ricompensa con la promessa di un’elevazione alla casta dei sacerdoti, a patto però che porti a termine prima un altro incarico, ovvero fare da spia nella città di Sarantium per conto di Bassania. Rustem accetta e si mette in viaggio.

A Sarantium fervono i preparativi per il matrimonio tra Kasia e Carullus, un evento che coinvolge una grande parte della nobiltà e dei nomi importanti della città, tra cui, oltre a Crispin, invitato perché amico dei due, anche Shirin, l’unica danzatrice cui sia concesso portare il profumo che indossa sempre l’imperatrice Alixana, il senatore Plautus Bonosus e la sua famiglia, e molti altri.

Più in generale, tutta Sarantium è il punto di incontro di persone diversissime con scopi diversissimi. È qui che quindi si disvela il progetto della storia, e ciascuno dei personaggi è coinvolto in esso. Che siano pedine di forze più grandi di loro o fautori di eventi che resteranno impressi è qualcosa che spetta a loro stessi scoprire.


LA MIA OPINIONE



Nella recensione di Sailing to Sarantium sottolineavo come per certi aspetti fosse un romanzo anomalo per Guy Gavriel Kay. Con Lord of emperors invece si ritorna nel seminato, e ci troviamo quindi di fronte a un libro molto più tipico. Dalla brevissima sintesi che ho scritto prima già si capisce. Se ricordate infatti una delle particolarità di Sailing to Sarantium era l’avere un solo protagonista e quindi un solo punto di vista preponderante su tutti gli altri. Qui non è così, i personaggi le cui storie si intrecciano sono moltissimi e molti sono i punti di vista. Rustem, Crispin, Alixana, Valerius, Gisel, Pardos, Cleantes (figlio di Plautus Bonosus), Scortius (famoso corridore all’ippodromo) per citare i più importanti, ma ce ne sono anche di minori, come Kasia, Carullus e Taras (altro corridore dell’ippodromo).

Per orientarsi tra i luoghi...

Questo se è da un lato un fatto positivo, visto che se c’è una cosa che Kay sa fare bene è gestire molti personaggi insieme e mandare avanti la trama attraverso i loro vari punti di vista, ha però anche dei risvolti negativi, ovvero che molti dei personaggi punti di vista di questo libro avevano un ruolo relativamente importante nel precedente, o comunque apparivano ben oltre la metà. Di Carullus, Kasia e Vargos per esempio non sappiamo quasi più niente. Ok, sappiamo che Carullus e Kasia si sposano e li vediamo apparire qua e là nel corso della storia, ma restano abbastanza sullo sfondo. Crispin stesso rimane ai margini dello svolgersi della trama per moltissimo tempo, dopo pagina 200 appare ben poco per essere il protagonista. A ben vedere la cosa ha un senso, visto che i punti di vista più usati sono quelli di quei personaggi che hanno un ruolo di primaria importanza nei tragici eventi che sconvolgono Sarantium, e che sono essenzialmente o di natura politica o riguardanti l’ippodromo (tra un libro e l’altro la passione dei Sarantini per i cavalli non è diminuita di una virgola). Hanno un ruolo di grande rilevanza quindi Alixana, Valerius II e gli altri membri della corte, e Scortius. È chiaro che essendo che le vicende principali del romanzo di tipo politico Kasia venga per forza di cose messa da parte. Ma abbiamo seguito il suo personaggio per tutto il libro precedente, l’abbiamo vista salvata da chi voleva sacrificarla, dobbiamo davvero vederla relegata a mera comparsa? A me interessa anche seguire le sue vicende, e lo stesso vale per Crispin.

Che poi ha un senso tutto questo, visto che il tema principale del romanzo è il rapporto tra le gesta dei singoli e i grandi eventi della storia. Ha senso che Kay dedichi grande importanza a descrivere quelli che sono i giochi di potere e gli intrighi che sconvolgeranno la storia di Sarantium e si ripercuoteranno sui secoli successivi, perché il suo scopo è osservare poi anche come con questi si relazionino i piccoli, i personaggi come Crispin che sono solo dei mosaicisti e le loro possibilità di lasciare le proprie orme nella storia sono limitate. Ciò non toglie che mi abbia lasciato l’amaro in bocca vedere che i personaggi cui mi ero affezionato e di cui avevo seguito le vicende per le 524 pagine del romanzo precedente sono stati accantonati senza troppi complimenti.

Poi c’è la questione cui accennavo all’inizio della recensione, ovvero che per finire il libro ho impiegato una vita e mezza. Per la precisione le cose sono andate così. Ho cominciato a leggerlo, e verso pagina 90 ho iniziato a farmi due conti e ad accorgermi che non stava succedendo niente, e mi stavo un po’ annoiando. Poi è arrivato il matrimonio di Kasia e Carullus e lì qualcosa succede, quindi più o meno ho deciso che andare avanti poteva non essere una cosa malvagia. È stata l’illusione di un istante, visto che subito dopo si è tornati al nulla assoluto, con Crispin che scopre cose di cui non mi interessa niente su personaggi di cui non mi interessa niente. Personaggi per altro assai ben caratterizzati, per carità, ben modellati sui loro corrispondenti reali (Pertennius di Eubulus è chiaramente la controparte di Procopio di Cesarea), ma dov’è la trama? Perché non succede qualcosa? A pagina 200 (198, per la precisione) non ho retto più e ho lasciato perdere. Troppo vuoto, troppo nulla a riempire troppe pagine. Davvero, per ben 198 pagine l’unico evento degno di nota che succede è il matrimonio, il resto è roba più o meno rilevante o dimenticabile, e che non si può definire trama. In mezzo a una successione di eventi sapere che cosa scrive Pertennius di Eubulus (un personaggio secondario, per nulla fondamentale) in gran segreto avrebbe potuto anche interessarmi. In mezzo al vuoto cosmico no.

Procopio di Cesarea. 

Mi è tornata voglia di riprendere il libro(cosa per nulla scontata) alcuni mesi dopo e nel giro di un paio di settimane l’ho finito. E devo dire che da pagina 200 in poi cominciano a succedere un po’ più di cose, e quando poi si entra nel vivo delle vicende il ritmo riprende in modo soddisfacente. Peccato che questo avvenga intorno a pagina 360, ovvero dopo la metà del libro. Prima appunto succedono alcune cose ma l’interesse del lettore è nella media, non è proprio al livello di non me ne frega niente ma neppure di non riesco a staccare gli occhi dal libro.

La trama così poco ricca e il ritmo lento per più di metà del libro sono le grandi pecche del romanzo, e se l’ho letto tutto è solo perché il precedente valeva davvero molto. Come dicevo quando Kay si decide a far succedere qualcosa di davvero interessante la lettura diventa davvero molto piacevole. Gli intrighi di corte si seguono con interesse e sono narrati in modo accattivante e interessante, la trama conquista il lettore e lo tiene con il fiato sospeso. Ma tutto il libro sarebbe dovuto essere così, non solo la seconda metà!

Ci sono rimasto male, perché con le premesse di Sailing to Sarantium questa bilogia poteva essere davvero un capolavoro. E invece devo per forza annoverarla tra le storie che hanno cominciato molto bene e hanno continuato peggio, e questo mi spiace. Io volevo darli altri otto Cthulhu, e se possibile anche nove o dieci. Certo, il romanzo ha anche aspetti positivi, ed è il caso di sottolineare anche quelli. I nuovi personaggi sono davvero ben caratterizzati, e la maturazione di Crispin viene finalmente portata a compimento. La vicenda del suo mosaico lo porterà a riflettere su quale sia il suo scopo nel grande libro della storia, se per lui sia possibile lasciare traccia di sé oppure no, per quale motivo gli sia stato affidato proprio quell’incarico e che cosa lui possa fare per arricchire un po’ il mondo. Questa parte è svolta molto bene, e anche la caratteristica principale di Crispin, la rabbia, la prima di cui veniamo a conoscenza in Sailing to Sarantium, viene in qualche modo assorbita nella sua crescita ed evolve in seguito a essa, pur continuando a far parte di lui.

Anche qui si nota la passione di Kay per le scene dalla struttura elaborata e articolata. Un esempio su tutti la scena della notte dopo il matrimonio, che dura qualcosa come settanta pagine e mostra che cosa fanno vari personaggi, come le loro azioni si intrecciano e a unificare tutto quanto c’è il passaggio di una misteriosa portantina. È un modo molto utile per rendere più interessante una situazione che altrimenti sarebbe piuttosto lenta, visto che di fatto in queste settanta pagine non succede quasi niente. Questa tecnica di intrecciare le scene raccontando un breve lasso di tempo da più punti di vista che stanno facendo cose diverse in luoghi diversi dilata molto la narrazione, tanto che appunto Kay impiega settanta pagine per raccontare una notte, e qualcosa come duecentocinquanta per raccontare ventiquattro ore. Personalmente trovo questo metodo molto affascinante, ma mi rendo conto che se c’è poco da dire possa risultare pesante, e, per quanto Kay eviti questo, in particolare nelle famose settanta pagine di notte lo rischia parecchio.

Io volevo un dieci... 

Il romanzo porta a conclusione le vicende di tutti i personaggi introdotti, e lo fa con il consueto stile di Kay, ovvero dando l’impressione di stare leggendo un’opera storica. Quando il ruolo di un personaggio nella vicenda principale si esaurisce racconta il prosieguo della sua vita fino alla morte e spesso anche oltre. L’impressione che si ha è quella di stare osservando il mondo dall’alto tutto di colpo. Il lettore è nei personaggi ma al tempo stesso è anche sopra, è al livello quasi di una divinità, che può contemplare lo scorrere delle storie sotto di sé e l’avvicendarsi di popoli e re. Il mondo di Kay si snoda quindi nella sua volontà di divenire storia, e i suoi romanzi fotografie di questo immenso fiume che non smette mai di scorrere.

Ho trovato molto forte la scena della corsa all’ippodromo, in cui viene condensato tutto il significato del romanzo sulla storia e sui singoli, e in questo modo anche il titolo del libro acquista un senso. Siamo portati a chiederci chi sia il vero signore degli imperatori, se ne esista uno, tanti, se possiamo esserlo anche noi. Sono i momenti come questo i punti forti delle opere di Kay, e ricorrono più volte anche in questa, la scena all’ippodromo è soltanto un esempio.

Non sto a ripetere quelli che erano i pregi di Sailing to Sarantium e che si ritrovano anche qui, su tutti la grandissima verosimiglianza che permea le vicende e che le fa sembrare davvero credibili. Ho avuto modo di apprezzarli, nonostante i lati negativi che ho già elencato.


IN CONCLUSIONE



Lord of emperors è un romanzo che mi ha creato più di un problema. Perché ha quasi tutti i lati positivi che si riscontrano nei romanzi di Kay, e che poi sono quelli che li rendono validi, ma al tempo stesso risulta fiacco e lento per più della metà, e per una buona parte del libro non succede quasi niente. Poteva essere molto meglio, invece risulta nella media. Ma è un peccato, un vero peccato, che la bilogia del Sarantine mosaic debba concludersi con un romanzo ben al di sotto delle aspettative e delle potenzialità del suo autore.

VOTO: 

martedì 27 febbraio 2018

Recensione - Sailing to Sarantium di Guy Gavriel Kay

No, neanche oggi Regazzoni. Mi spiace. È che quando ho dovuto scegliere se leggere Foresta di tenebra oppure Sharps di K. J. Parker, dopo notti trascorse sudato e insonne tormentato dal dubbio e dall’indecisione, ho scelto Parker. Quindi vi propino un’altra recensione positiva di un altro fantasy, parecchio diverso però da L’oceano in fondo al sentiero.

Guy Gavriel Kay è uno scrittore molto noto. Alcuni suoi romanzi sono stati tradotti anche in italiano. Si tratta essenzialmente delle sue prime opere, ovvero la trilogia di Fionavar e Il paese delle due lune. Io ho conosciuto Kay leggendo il suo ultimo romanzo, Children of earth and sky, che ho trovato stupendo e che non ho mai recensito perché boh, evidentemente in quel momento avevo altro per la testa. Tipo l’esame di archeologia greca, ora che ci penso. Comunque, dopo l’esperienza positiva sotto quasi tutti gli aspetti di Children of earth and sky ho scelto di leggere la bilogia del mosaico di Sarantium, intanto perché ne ho sentito parlare molto bene, e poi perché ho in ebook anche la Trilogia di Fionavar ma la trama è di una banalità tale che sembra l’abbia scritta il fratello demente di Kay. Quindi ho detto, magari è tutta apparenza, ma perché rovinare la bella immagine che ho di uno scrittore quando posso andare sul sicuro?

E quindi eccoci qui. Dicevo, la bilogia del mosaico di Sarantium, appunto. Ecco cosa ne penso del primo libro che la compone, Sailing to Sarantium.
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Titolo: Sailing to Sarantium
Autore: Guy Gavriel Kay
Anno: 1998                                                       
Editore: Harper Voyager
Pagine: 524




TRAMA 

A Sarantium, l’occhio del mondo, città delle città, grandi cambiamenti sono in atto. Dopo la morte dell’imperatore Apius la successione si consuma nel sangue, e prende il potere Valerius, capo delle guardie imperiali. Quindici anni dopo ha preso il suo posto il nipote Petrus, con il nome di Valerius II, e governa insieme alla moglie Alixana, donna sensuale e misteriosa, nonché, in passato, attrice e danzatrice.

Nella regione di Batiara, invece, si respirano ancora le polveri di un impero ormai caduto sotto le pressioni e le scorrerie dei barbari. La gloria della città di Rhodas, ormai relegata soltanto a centro religioso, è diventata solo un ricordo, e a governare sono i barbari che hanno invaso il paese, gli Antae, comandati dalla giovanissima regina Gisel, che teme le insidie dei nobili del suo popolo, i quali mal sopportano di essere sottomessi a una ragazzina. Batiara e Trakesia, il paese di cui Sarantium è capitale, erano un tempo un unico impero, ora sono divisi, sia nella politica che nel destino.

La narrazione si focalizza sulle vicende di un artigiano mosaicista, Caius Crispus, o Crispin, che vive a Batiara e lavora insieme al suo maestro Martinian. Crispin, dal carattere iracondo e poco incline alla diplomazia, ha visto morire a causa della peste sua moglie e le sue figlie, e da quel momento è diventato molto più svogliato e poco incline a mettersi in gioco. Tutto cambia però quando Martinian viene convocato a Sarantium per comporre il mosaico del nuovo santuario di Jad che Valerius II sta facendo costruire, simbolo sia della sua fede religiosa ma anche e soprattutto del suo potere. Martinian però, che si sente troppo vecchio per viaggiare, convince Crispin a partire spacciandosi per lui. Poco dopo Crispin viene convocato da Gisel, che ha saputo della sua partenza, e che gli affida una missione segreta, di vitale importanza per lei e per Batiara.

Crispin dopo essere stato fatto santo.
Comincia per Crispin un lungo viaggio fino a Sarantium, viaggio nel quale incontrerà compagni, in cui potrà osservare quanto il mondo sia straordinario, misterioso e incomprensibile, e al termine del quale si troverà nella città delle città, l’occhio del mondo, davanti a tutte le personalità più potenti della sua epoca. Valerius II, Alixana, Leontes, capo dell’esercito, sua moglie Styliane, il cui fratello è stato ucciso all’epoca dell’ascesa del primo Valerius, saranno i giganti davanti ai quali dovrà presentarsi per svolgere il suo lavoro, e lasciare tramite esso un’impronta nella storia.


LA MIA OPINIONE



Qualcuno ha un déjà vu? Qualcuno quando ha letto Valerius II ha detto Giustiniano?

Il forte di Kay è proprio questo, scrivere fantasy di ispirazione storica, in cui cioè il word building si modella sulla storia del nostro mondo. Qui le analogie sono facili da cogliere per chiunque: Rhodas è  il corrispondente di Roma, Sarantium di Costantinopoli, Valerius II di Giustiniano, Leontes  di Belisario, e così via. Siamo comunque sempre di fronte a un fantasy, quindi le vicende prenderanno la piega che preferisce l’autore, a prescindere che nella nostra storia le cose siano andate così o meno. Sono l’ambientazione e le premesse che attingono a piene mani dalla storia, lo svolgimento e la narrazione sono tutta farina del sacco di Kay.

Si vede che l’autore si è molto documentato sulla Costantinopoli dell’epoca di Giustiniano, lo si nota di continuo durante la lettura. Dai dettagli sui profumi, ai modi di vestire, alle fazioni dell’Ippodromo, ogni dettaglio è curato alla perfezione secondo l’uso dell’epoca cui Kay fa riferimento. Questo è molto affascinante, in quanto caratterizza il mondo in modo efficace. Il vincolo di riferirsi a un periodo storico potrebbe, se imposto a una penna meno esperta, risultare limitante, e potrebbe in qualche modo imbrigliare la fantasia dell’autore. Con Kay è il contrario, esso diventa uno strumento per la sua fantasia per svilupparsi e creare.

La storia di Sailing to Sarantium è molto molto verosimile. E non è dovuto al fatto che si ispira alla realtà, anzi, quello c’entra ben poco, visto che gli elementi tratti dal vero, pur essendo moltissimi, riguardano essenzialmente personaggi e ambientazione. La verosimiglianza è data dal fatto che Kay conosce molto bene le cose di cui parla. Sa come funziona un esercito, come è organizzata una corte, come ci si rapporta tra sovrani e sudditi, tutte quelle cose che consentono al suo mondo di assumere una forma realistica. Kay non crea e basta, Kay riveste la sua fantasia di tutti quei dettagli realistici che invece che imbrigliarla la rendono più credibile. Questo aspetto è uno dei principali punti di forza del romanzo, e non solo di questo, anche di Children of earth and sky e quindi, almeno suppongo, più in generale di tutta la sua produzione di fantasy modellati sulla realtà.

Sailing to Sarantium per certi aspetti è un romanzo atipico per Kay (perlomeno per il Kay di ispirazione storica, il Kay di Fionavar non so come sia), mentre per altri rientra perfettamente nei suoi canoni. La cosa più inusuale è che si concentri su un solo protagonista e sulle sue vicende. Di solito invece troviamo un numero di protagonisti molto elevato, ciascuno magari in un luogo diverso del mondo, invischiato nelle sue vicende. La focalizzazione solo su Crispin non è un male, anzi, Kay dimostra di sapersela cavare bene anche con un modulo narrativo che di solito non sfrutta.  D’altra parte, quello che si perde è che l’ampia visione di insieme che invece caratterizzava Children of earth and sky, in cui il lettore nel giro di poco tempo visita quasi tutti i luoghi più importanti del mondo in quell’epoca, grazie al fatto che in ciascuno di essi c’è almeno un personaggio che fa da punto di vista. Si tratta di una libera scelta dell’autore e direi anche piuttosto sensata, visto che, almeno per la maggior parte del libro, il numero dei personaggi in scena non è molto elevato.

Kay invecchiando è diventato Francesco Guccini.

Il libro riprende uno dei temi di Children of earth and sky (ma visto che questo è stato scritto dopo sarebbe più corretto il contrario), ovvero l’impossibilità di conoscere tutto nel mondo e quindi la necessità di arrendersi ai misteri che esso presenta. La trama porta questo tema ad intrecciarsi con la riflessione sulle religioni e sul loro significato. Il mondo in cui si svolge la storia, a parte qualche luogo ben preciso, è devoto a Jad, che poi è il corrispondente del Dio cristiano. Anche Crispin sposa questa religione, ma presto è costretto a rendersi conto che le cose non sono così semplici. Che non poter capire come funziona il mondo comprende anche dover riconoscere che esistono forze inspiegabili e che gli dèi del paganesimo prima di Jad rientrano tra queste. Che se non si può spiegare tutto al mondo allora bisogna rassegnarsi ad ammettere che l’esistenza di più divinità non è una contraddizione. 

Questa realizzazione è una tappa fondamentale del viaggio di Crispin, che segnerà lui e il mosaico che realizzerà al santuario di Jad. Il contatto con forze soprannaturali e con l’half-world (ovvero, in buona sostanza, il mondo dei defunti) accompagna tutto il suo viaggio, ed è normale che sia così, appunto per quello che si diceva prima, ovvero che il mondo non è per nulla conoscibile. Dobbiamo accontentarci di comprendere quello che possiamo e quello che ci capita, ma non sperare di andare troppo oltre.

La caratterizzazione dei personaggi è ben realizzata. I coprotagonisti hanno tutti una personalità, da Zoticus a Kasia a Carullus a Plautus Bonosus. A dominare sulla scena è chiaramente Crispin, il quale compie in tutto il suo viaggio una crescita. A fine del romanzo questa crescita è ancora in corso, ma solo perché verrà sviluppata, e conclusa in modo inaspettato, nel libro successivo. In pratica, nelle sue prime apparizioni Crispin ci viene mostrato come una persona suscettibile, facile all’ira e agli insulti, che ha perso la voglia di vivere dopo aver subito ben tre lutti nel corso di un’epidemia di peste. Alla fine del libro Crispin è cambiato moltissimo. Conserva ancora il suo carattere iracondo, ma sta piano piano trovando un suo ruolo, un compito da svolgere che giustifichi la sua presenza al mondo, ed è, naturalmente, la costruzione del mosaico. Il soggetto della rappresentazione di Crispin non è casuale, ma è la manifestazione visiva della sua crescita interiore e del modo che di concepire il mondo che ha sviluppato nelle sue peregrinazioni.

Una parte importante dell’ambientazione e di conseguenza della narrazione è l’Ippodromo. A Sarantium le corse dei cavalli sono una vera e propria fissazione, i cittadini possono scegliere con quale delle quattro fazioni schierarsi e assistere alle gare, esistono locande frequentate solo da una determinata fazione, corridori compresi, danzatrici che lavorano solo per una fazione, e quant’altro. A parte il minuziosissimo lavoro di studio delle fonti (a Costantinopoli nel VI secolo le cose non andavano molto diversamente), volevo segnalare questo per due ragioni. La prima, perché è la caratteristica fondamentale di Sarantium, e quindi evidenzia ancora una volta il grande lavoro che ha fatto Kay nel creare l’ambientazione, visto che la passione degli abitanti per questo sport viene rappresentata in modo molto realistico e vivo, senza però risultare eccessiva, e quindi dare l’impressione che i sarantini pensino solo a quello. L’altra motivazione è che l’Ippodromo è teatro di una delle scene che sono scritte meglio in tutto il libro, una scena che tiene il lettore con il fiato sospeso e gli dà l’impressione di essere anche lui tra gli spalti in mezzo al pubblico. In generale comunque, credo che il modo in cui Kay gestisce l'ippodromo dovrebbe essere preso a esempio da chi vuole realizzare un mondo verosimile.

La mappa del mondo.

Se c’è una cosa che piace a Guy Gavriel Kay è creare scene intrecciate, nelle quali vengono presi in considerazione i punti di vista e si passa da uno all’altro molto rapidamente in pochi paragrafi. La situazione viene raccontata frammentata attraverso gli occhi di più personaggi. Questo sistema è molto affascinante, e devo dire che Kay lo sa mettere in atto molto bene, andando a conquistare il lettore e suscitando in lui tensione e interesse. Sia la scena di Kasia e della sera alla locanda e quella della notte a Sarantium sono delle piccole perle.

Il romanzo ha anche dei difetti, ma incidono poco sulla generale buona impressione che mi ha fatto. La narrazione è incostante, a volte si concentra su dettagli che potrebbe trascurare. Roba di poco conto, comunque.


IN CONCLUSIONE



Sailing to Sarantium mi è piaciuto, direi che si è capito. È un ottimo romanzo, davvero valido e davvero ben scritto. È inutile che dica che consiglio caldamente di leggerlo. Il successivo, Lord of emperors, sarà all’altezza? Riuscirà a concludere in modo degno la vicenda di Crispin e della costruzione del mosaico di Sarantium?

Io lo so già perché l’ho letto. Se lo avete letto lo sapete anche voi. Se no vi tocca aspettare la prossima recensione.


VOTO: 

giovedì 28 dicembre 2017

Ritorno al futuro

Chi sentiva la mia mancanza alzi la mano. Non in troppi tutti insieme, mi raccomando.

*silenzio cosmico. Un grillo frinisce un paio di volte*
Bene, grazie per la calorosissima accoglienza. Anche voi mi siete mancati.

Sono stato assente per circa tre mesi per vari motivi poco interessanti. Vorrei poter dire che ho viaggiato nelle foreste del Borneo alla ricerca di specie animali rare e preziose e che il graffio che chi mi conosce vede sopra le labbra è l’unica ferita che ho ricevuto sostenendo numerose lotte contro orsi e leopardi. La verità è che la quotidianità mi ha schiacciato e non avevo tempo nemmeno per respirare. Per quanto riguarda il graffio, se proprio siete interessati, è colpa di una cosa che ancora non ho chiara per niente, ed è che i rasoi, per funzionare, devono per forza avere una lama.

Comunque, ho approfittato delle vacanze per trovare un po’ di tempo libero, e ovviamente Aproposidoketon e voi, miei fedeli e numerosissimi lettori, siete stati i primi cui ho pensato. Quindi sto scrivendo a manetta una serie di recensioni e di post in modo tale da poter riprendere una pubblicazione più o meno regolare anche quando gli impegni cominceranno a tornare in modo più stringente. Questo quindi vuole essere inizio di un nuovo periodo per Aproposidoketon, un periodo conto di tornare attivo come lo ero fino ad alcuni mesi fa. Ho pronte per voi molte chicche, senza fare troppi spoiler avremo prossimamente su questi schermi, tra le altre cose, Neil Gaiman, Guy Gavriel Kay, Eichiro Oda, Mitsutoshi Shimabukuro, e, udite udite, Simone Regazzoni, alle prese con il seguito di Abyss, che degli inclementi compagni di università mi hanno regalato per Natale con il chiaro intento di uccidermi.

Quindi restate sintonizzati su questo canale, perché presto ne vedrete delle belle. Non so voi, ma personalmente non vedo l’ora di pubblicare di nuovo.