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domenica 11 dicembre 2016

Recensione - Abyss di Simone Regazzoni (Terza Parte)

Questa è la storia di un povero blogger, che, trovatosi a leggere un libro che non gli era piaciuto, Abyss di Simone Regazzoni, decise di recensirlo, pensando ingenuamente che le solite duemila parole scarse sarebbero state sufficienti per liquidare la brutta lettura. Si illudeva, perché i difetti del libro si moltiplicarono di fronte ai suoi occhi, costringendolo a scrivere più di cinquemila parole per elencarli tutti. Sconfitto, dovette perciò dividere la recensione in più parti per evitare che i suoi lettori si trovassero di fronte alla versione degli anni 2000 della Divina Commedia. Questa che avete sotto gli occhi è la terza e ultima parte.

[PRIMA PARTE]
[SECONDA PARTE]

La lunghezza che avrebbe raggiunto la recensione se avessi riportato
tutte le cose che non mi sono piaciute. 

DOVE ERAVAMO RIMASTI


Abyss è la storia del professore di filosofia Michael Price e della sua compagna Trix, che hanno come obiettivo la scoperta dei contenuti delle dottrine non scritte di Platone. In questo modo potranno conoscere i piani del Quarto Reich, un’associazione di neonazisti che ha fatto di queste dottrine la propria base ideologica. Il libro per ora ci ha mostrato sequenze illogiche, un uso casuale della punteggiatura, incoerenze, dialoghi brutti e personaggi veggenti, ma ha ancora molto con cui sorprenderci.

LA MIA OPINIONE


6) Ritmo narrativo pessimo

Quando si scrive è importante mantenere un buon ritmo. Senza un ritmo ben sostenuto il lettore rischia di annoiarsi, o viceversa di non avere il tempo di soffermarsi sulle situazioni, o ancora di trovarsi a momenti in cui la tensione accumulata fino a quel momento (e dico tensione ma mi riferisco a qualunque altra emozione suscitata dalla lettura) scema come polvere al vento e lascia soltanto un senso di delusione. A Regazzoni questo riesce particolarmente bene. Vediamo perché.

Io ho seguito questo percorso, ma credo che molte persone che ora sono scrittori di professione (a differenza mia, che non lo sono e non penso lo sarò mai) lo condividano con me. All’inizio scrivi quello che ti viene, perché credi di essere migliore della media degli autori pubblicati e la gente intorno a te ti incoraggia dicendo che sei bravissimo e hai una fantasia innata. Sulle prime è così, poi smetti di volare a un metro da terra e torni a contatto con la realtà, e ti rendi conto che da imparare hai moltissimo. Allora vai a cercare su internet qualche bel sito con consigli di scrittura, o ti dedichi ai manuali, che sono uno strumento altrettanto utile. E ti si apre un mondo. Scopri, per esempio, che non è una grande idea rovesciare addosso al lettore tutte le informazioni su un personaggio o su un luogo o su qualunque cosa che appare nella storia, e la cosa migliore è invece diluire l’indispensabile nella narrazione. Specialmente quando si parla di personaggi non importanti.

Manzoni mi guarda male. A lui piacciono così tanto le digressioni.
Abyss, invece, fa l’esatto opposto di quello che ho appena detto. Appena si presenta un personaggio nuovo spezza il ritmo della narrazione per raccontarci vita morte e miracoli di quest’ultimo. Inutile dire che di tutte quelle informazioni al lettore non interessa niente, l’unica cosa che gli importa è saltare a pié pari tutto ciò che è inutile e proseguire con la storia. Che poi quando questo avviene per personaggi importanti non è accettabile ma perlomeno è in qualche modo giustificato (quelle informazioni devono arrivare al lettore), ma ci sono momenti in cui la storia viene interrotta per interi paragrafi per parlare di personaggi che non appariranno mai più per il resto del libro. Ma basta ciance, facciamo subito un esempio!

|  “C’era un solo vero problema che i Guardiani dovevano fronteggiare: l’ammiraglio 
      Byrd, uno degli autori di quell’incredibile scoperta.
      Richard E. Byrd non era solo un militare pluridecorato per le sue imprese, ma anche 
      un esploratore noto al vasto pubblico, una specie di eroe internazionale. Nel 1929 
      aveva ricevuto la medaglia d’onore per aver sorvolato per la prima volta il polo Nord. 
      Il suo libro autobiografico Alone, in cui narrava la spedizione in Antartide del 1934, 
      era diventato un best seller. La sua fama di esploratore era tale che nel 1938, mentre 
      si trovava ad Amburgo, il governo nazista l’aveva invitato a partecipare alla 
      spedizione antartica Neuschwanbenland organizzata dal capitano della marina 
      tedesca Alfred Ritscher. Byrd, che aveva declinato l’invito, aveva poi preso parte alla 
      spedizione in Antartide del 1940 organizzata dagli Stati Uniti, per la quale aveva 
      ottenuto la prima United States Antartic Expedition Medal.  (pag.99)

Bla bla bla. Zzzzzzz...Eh? Come?
*si sveglia di soprassalto*

Come dicevo prima, Byrd non sarà mai più nominato nel corso del romanzo alla fine di questo capitolo, e cioè pagina 101. C’era bisogno di un bel paragrafo di infodump in stile Wikipedia per presentarlo? Il lettore doveva davvero sapere che aveva scritto un libro autobiografico che era diventato un best seller e quant’altro? Mah.

Il logo presente sotto il brano che avete appena letto.
Un personaggio che contribuisce a spezzare il ritmo della narrazione è il professor Jenkins. Viene in effetti descritto come logorroico, ma di solito i suoi discorsi sono collocati nei momenti peggiori. Eccone un esempio.

I protagonisti si trovano di fronte a quello che sembra un calamaro gigante. È una scena che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe essere concitata e ricca di tensione, e a questo mirano le scelte stilistiche dell’autore. Ma poi succede questo.

|  “[Jenkins disse]«Quello non è un semplice calamaro gigante. È un Mesonychoteuthis 
      hamiltoni, più noto come “calamaro colossale” o “calamaro antartico”».
      «Lei non era un astrofisico, Jenkins?»
      «Lei non coltiva nessun hobby, Blade? Vede, fin da quando ero bambino, la biologia 
      marina ha esercitato un certo fascino su di me, anche se non quanto l’astrofisica, 
      naturalmente, che resta l’amore della mia vita. Per questo mentre prendevo il 
      dottorato pensai di prendere una seconda laurea proprio in biologia marina, per 
      assecondare in modo più scientifico la mia piccola passione che in 
      quegli anni...»  (pag. 344)


Fatelo stare zitto! Come direbbero a Paperino in una vecchia storia, dai, scorcia! Eravamo in una situazione di tensione, il calamaro pareva una minaccia, c’era un po’ di curiosità per quello che sarebbe successo... e poi arriva Jenkins ad affossare tutto quanto raccontandoci di quando era bambino e gli piaceva la biologia. Proprio l’ideale per mantenere vivo l’interesse sulla situazione. Meno male che Trix lo tronca di malo modo, chissà per quanto avrebbe tirato avanti altrimenti!

Insomma, questi sono solo un paio di esempi, ma nel romanzo di situazioni analoghe se ne trovano un po’ ovunque. Giusto per citarne un altro assai notevole, il flashback sul passato di Russel costituisce un’interruzione non indifferente della narrazione. Dura infatti circa cinquanta pagine, e in una storia che ne conta meno di quattrocento la sua presenza si sente parecchio e rende poco snello il fluire della trama. Insomma, capita davvero raramente che il racconto proceda spedito senza interruzioni, ma spesso è interrotto da interventi evitabilissimi, che ne pregiudicano la godibilità e la scorrevolezza.

7) Miscellanea (per modo di dire)

Ci sono infine delle brutture che non sono riuscito a far rientrare in nessuno dei sei punti precedenti, ma che danno fastidio, alcune più alcune meno, durante la lettura. Potrei citarne molte, potrei citare le relative incastrate con la principale in modo che non si capisce più chi sia il soggetto, potrei citare Trix che “emana pericolo” e altre amenità da uso casuale del lessico, potrei citare il colpo di scena finale che è completamente a caso, ma non lo farò, aggiungerebbero ben poco a quello che ho già detto e non voglio scrivere una quarta puntata. Un fatto però lo voglio segnalare.

Siamo a Parigi, durante l’agguato ordito dagli uomini idioti del QR di cui ho parlato nella seconda parte della recensione. Trix sta usando una balestra per combatterli, ed ecco quello che succede a un certo punto.

|  “Il dardo entrò nell’occhio dell’uomo che aveva parlato poco prima, fuoriuscendo di 
      una decina di centimetri dalla nuca.
      Cadde come corpo morto cade.  (pag.175)

Non fare così, Dante... Anche a me dispiace che tu sia citato in questo libro...
Ebbene sì, lo ha fatto sul serio, ha inserito davvero una citazione da Dante. Ora, oltre che essere di una spocchia infinita, è anche una cosa inutile, per due ragioni. La prima, perché è un innalzamento di stile non richiesto e che anzi rovina la narrazione perché suona insensato: sarebbe come usare un lessico trecentesco per scrivere la lista della spesa. È inoltre poco adatto ai toni del romanzo, che si mantengono sempre colloquiali e non cercano mai di alzarsi. Insomma, è del tutto a caso e stona con tutto il resto. La seconda ragione è che è tautologico. Quando Dante lo usa si riferisce a sé stesso mentre sviene, e serve perciò a rappresentare in modo più drammatico e poetico la sua caduta, che naturalmente non è di un uomo morto. Qui invece si riferisce a una persona che è stata trafitta alla testa da un dardo, che cioè è senza ombra di dubbio morta. A che serve quindi sottolineare che cade un morto? In pratica, sarebbe come se Regazzoni avesse scritto “il cadavere cadde come un cadavere”. Viene da dire che quando ha scritto questo passo volesse tirarsela a caso, ma forse sono io che sono un mal pensante...

8) Salvare il salvabile

Sono migliaia di parole che evidenzio quello che di Abyss non mi è piaciuto. C’è tuttavia qualcosa che invece ho apprezzato. È niente in confronto a tutte le altre brutture, ma, come ho segnalato quello che non andava bene, ritengo giusto rilevare quello che invece funziona, per quanto poco sia.

Non si può negare che Regazzoni conosca la materia che insegna. L’intero romanzo è disseminato di discorsi su filosofi e scrittori di tutte le epoche e Regazzoni si destreggia in modo ineccepibile tra tutte queste conoscenze, dimostrando di possederle molto bene. I momenti in cui parla di Platone o della tradizione di papiri o dei testi esoterici rinascimentali sono tra i pochi buoni del libro, sono scorrevoli e interessanti, riescono davvero a solleticare la curiosità del lettore e a conquistarne l’attenzione. Questo perché in quei momenti Regazzoni sa di cosa parla, lo sa molto bene, e quindi riesce a esprimerlo nel miglior modo possibile per essere efficace e piacevole.

Alla fine il punto è proprio questo: Regazzoni può essere un ottimo filosofo, ma scrivere un romanzo è ben diverso da scrivere un saggio di filosofia. Lui invece ha intrapreso quest’ardua impresa senza basi e senza esperienza a sufficienza per riuscire a creare qualcosa che valesse la pena. Di conseguenza i momenti che posso definire senza dubbio molto interessanti sono soltanto quelli in cui si mette a parlare di quello che ama e conosce. Questi momenti saranno tre o quattro in tutto il romanzo, occuperanno una decina di pagine, massimo quindici, nonostante questo sono riuscite a intrattenermi e a interessarmi più delle restanti trecentosettanta. Del resto, scrivi ciò che ti piace (e quindi conosci) è un principio implicito che penso tutti dovrebbero tenere a mente.

Date queste premesse, è probabile (anche se naturalmente dovrei leggere qualcosa per saperlo con certezza) che la fama di Regazzoni come saggista non sia immeritata, e che in effetti la sua scrittura in quel caso risulti efficace. Se sono scritti come i momenti che citavo prima di certo sono, per quanto riguarda lo stile, degli ottimi libri.

Altro che critica della ragion pura.
Voglio poi spendere qualche parola per lodare un pezzo del libro che a una prima lettura vi sembrerà stupido. Ve lo sembrerà anche a una seconda e una terza, e ve lo sembrerebbe anche a quarta, se una quarta esistesse e voi non foste già stati costretti a prenotare una seduta dallo psichiatra. Prima riporto la citazione, e poi spiego perché mi è piaciuta.

Siamo alla fine del romanzo, Michael e Trix stanno affrontando i capi del QR, e uno di loro si rivela la fidanzata di Michael, Alex (ma il suo vero nome è Chloe), che sembrava essere stata rapita a inizio del libro, e di cui Michael aveva sentito tantissimo la mancanza ma proprio in modo terribile, tanto che se ne ricorda un due o tre volte nel corso della storia e poi la fa cadere nel dimenticatoio, non è mai preoccupato per lei, non la pensa, niente. Dicevamo, Chloe/Alex spiega a Michael il piano del QR e lo invita a seguirli. Ecco come si conclude il suo discorso.

|  “«Lì riposano i gerarchi del Terzo Reich fuggiti da Berlino nel 1945, tra cui Hitler. Lì tra 
      un attimo andremo anche noi, in attesa dell’altro inizio. C’è un posto anche per te 
      Michael, vieni con noi» disse Chloe.
      Trix le si avvicinò.
      «Scordatelo, biondina nazista, lui adesso sta con me».
      Michael guardò Trix, sorpreso.
      «Non fare quella faccia tu, ne parliamo dopo. Pensa a non farti infinocchiare da Miss
      Norimberga e dai suoi discorsi da nazista new age» aggiunse Trix.  (pag.379)

Lo so, se guardato con occhio critico siamo all’apice dell’assurdo, ma contestualizziamo il tutto. In un romanzo con inseguimenti sulle macchine, Grandi Antichi, buchi neri, generali dell’esercito, Lara Croft e Platone quanto avrebbe stonato una bella brodaglia romantica e melensa da romanzo rosa? Invece questo è del tutto nello stile e nello spirito del libro, che lascia poco spazio ai sentimenti e cerca invece qualcosa di movimentato e dinamico per coinvolgere il lettore. Inoltre è uno dei pochi dialoghi vivaci della storia, e merita anche solo per questo una menzione.

IN CONCLUSIONE 


In sintesi si può dire che Abyss è di un autore che non aveva capacità affinate a sufficienza per cimentarsi nella scrittura di un romanzo, e quindi non solo non riesce a piacere ma spesso ottiene l’effetto contrario. Una lettura che non consiglio, se proprio ci tenete a conoscere qualcosa sulla pop-sofia dedicatevi ai saggi, che sono abbastanza sicuro riservino, almeno a livello stilistico, sorprese più piacevoli.

domenica 27 novembre 2016

Recensione - Abyss di Simone Regazzoni (Seconda Parte)

Bentornati su questi schermi, sono assolutamente certo che non vedevate l’ora di tornare a trastullarvi con un po’ di fantascienza pop-filosofica. E chi sono io per negarvi questo piacere? Se non avete ancora letto la prima parte fatelo subito, mentre io mi zittisco e lascio la parola a Simone Regazzoni, che da dire ha molto (quasi quattrocento pagine!), e al suo Abyss.

DOVE ERAVAMO RIMASTI


Michael e Trix devono salvare il mondo dai nazisti, che lo vogliono distruggere adoperando come arma le dottrine segrete di Platone. Tuttavia hanno molti ostacoli davanti a sé contro cui combattere, come i plot hole che minacciano di inghiottirli se non stanno attenti a dove mettono i piedi o la punteggiatura a muzzo che li sorprende mandandoli in confusione quando meno se lo aspettano. Riusciranno a sconfiggere queste piaghe e a proteggere tutti noi dal pericolo della cattiva scrittura (riguardo ai nazisti dopo l’elezione di Trump la partita è persa in partenza)?

LA MIA OPINIONE


Dopo la recensione dell’altra volta ritengo importante dire una cosa. Ho accorpato insieme, nei vari punti, gli errori veri e propri e quelle che sono soltanto delle brutture stilistiche, senza fare una reale distinzione. Questo perché, anche se mi rendo conto che sia opinabile visto che c’è chi non la pensa come me, per quanto mi riguarda la differenza è minima, e sono entrambi da evitare come la peste. Ma visto che c’è chi mi ha fatto notare che quelli che segnalo non sono errori, ho deciso di fare questa precisazione, in modo da evitare incomprensioni da oggi nei secoli a venire.

Lovecraft sorride ogni volta che legge le mie recensioni perché sente parlare di Chtulhu.
Inoltre, come temevo sarebbe successo, l’eccessiva quantità di materiale (e dire che ho tagliato parecchio!) mi ha costretto ad aggiungere una terza parte alla recensione. Quindi sì, il voto con gli Chtulhu arriverà la prossima volta.

3) Illogicità (parte 2)

I personaggi in assoluto più stupidi sono però i cattivi. Si comportano in modo insensato e spesso questa è la ragione per la quale i protagonisti riescono a sopravvivere. Un esempio è la scena dell’agguato dopo il colloquio con padre de Abreu. Non posso riportare una vera e propria citazione perché dovrei mettermi a scrivere l’intero passo, vi basti sapere che padre de Abreu è un collaboratore del QR, e quindi questi decidono di tendere a Trix e Michael una trappola facendo appostare alcuni uomini fuori dalla chiesa dove abita de Abreu. Che è il luogo più stupido dove collocare l’agguato. È aperto, consente ai protagonisti di scappare, cosa che infatti prontamente accade. Perché non mettere un uomo dietro la porta della sacrestia che tiri una mazzata in testa ai due quando entrano? Oppure, visto che poi si scopre che de Abreu ha l’accesso a un hangar sotterraneo nel bel mezzo di una foresta, perché non organizzare là l’imboscata? Hai voglia fuggire da lì!

Gli antagonisti danno il meglio di sé anche nel primo agguato che tendono ai protagonisti. Intanto, ammazzano la persona con cui Trix e Michael stavano parlando in modo da segnalare la propria presenza, perché non sia mai che un’imboscata si tenga di sorpresa. Poi Trix cerca di intuire le loro mosse e capisce che il loro piano è questo.

|  “«Vogliono ucciderci?» aveva chiesto Michael.
      «No, vogliono catturarci, altrimenti avrebbero semplicemente lanciato una granata 
      mentre eravamo ancora in casa. Ma se gli sfuggiamo, tenteranno in ogni modo di 
      ucciderci.»  (pag.137)

In sostanza, il capo del QR ha dato quest’ordine ai suoi uomini “prendeteli vivi. Se scappano, uccideteli” che non è una mossa intelligente. Equivale a dire “provate a ucciderli soltanto quando si sono accorti di voi”, è la mossa più vantaggiosa per Trix e Michael e meno vantaggiosa per i nemici.

A un certo punto del libro entrano in scena anche i Guardiani, che sono un’organizzazione particolare, molto particolare. È in poche parole un gruppo governativo che esiste e lavora all’insaputa del presidente. E quindi che senso ha, se di fatto non c’è nessuna autorità del governo che li controlli, essere un’associazione governativa? Non si sa, e in effetti i Guardiani sembrano più un’associazione militare segreta, visto che a comandarli è un capitano delle Navy Seals. Va bé, comunque, sta di fatto che i Guardiani non sono molto più intelligenti di quelli del QR, visto che compiono tutta una serie di scelte stupide che a confronto il Tiranno (avete presente, quello della Troisi, quello che in quarant’anni non è riuscito a conquistare un centimetro di terra dopo aver sottomesso mezzo mondo nel giro di uno starnuto?) pare uno stratega. Passano metà libro a inseguire Michael e Trix senza una particolare ragione (spesso confondendosi con quelli del QR, tanto che a volte non si capisce bene quale delle due organizzazioni stia agendo in quel momento) e quando finalmente li catturano che fanno? Dicono che vogliono il loro aiuto per sconfiggere i nazisti, e che in sostanza possiedono già tutte le informazioni che i protagonisti hanno raccolto nelle trecento pagine precedenti. Ma scusate, Guardiani, ma se invece che inseguirli aveste, che ne so, provato a discutere con loro? Del resto siete dalla loro stessa parte e sapete tutto quello che loro stanno cercando, non è che vi avrebbero proprio chiuso la porta in faccia. Naturalmente se fosse successo una buona metà del libro non avrebbe avuto ragione di esistere, ma far comportare i personaggi in modo stupido per dare materiale alla trama non è esattamente una gran soluzione...

Una cosa però ve la devo mostrare con le parole del libro. Praticamente, a metà del libro viene presentato un personaggio di cui si sente parlare da un po’, ovvero Russel, amico di Eddie, che si rivela invece John, il padre di Michael, che tutti credevano morto molti anni prima. John si unisce al figlio e a Trix e li accompagna per una centinaio di pagine. A un certo punto, durante, un inseguimento, succede questo.

|  “«Ottimo lavoro, Beatrix!» gridò John, pronto a un’altra raffica per coprirla. Fu un 
      attimo. 
      Il fucile si inceppò.
      Trix si voltò verso John:«Stai giù!» gridò.
      Ma proprio in quell’istante un proiettile colpì John al petto, scagliandolo fuori dal 
      motoscafo.[…]
      «Resisti, papà, ti prego!»
      Il polmone perforato di John stava collassando.
      Si voltò verso Michael.
      I suoi occhi socchiusi parvero illuminarsi per un attimo
      «Sono felice di averti rivisto».  (pag.300-301)

Letta così non sembra niente di particolare, ma tornate a quello che ho detto prima. Lo scopo dei Guardiani e farsi alleati i protagonisti, non inimicarseli. E qual è la cosa più logica da fare a questo punto? Sparare loro da un elicottero (e se li uccidi ciao ciao alleati, ma chissenefrega, il lettore vuole azione non logica) e poi uccidere un loro compagno. Naturale. Scommetto che Michael e Trix accetteranno proprio di buon grado di collaborare, non vedranno l’ora...

Russell non apprezza aver fatto una comparsa in questo libro.
La prossima citazione è uno spoiler bello grosso ma vale la pena. Michael sta conversando con Cox, il capo dei Guardiani, che gli sta rivelando finalmente il contenuto delle dottrine segrete di Platone (che, ricordo, avrebbe potuto rivelargli a pagina 8 se non avesse preferito passare il tempo a inseguirlo e minacciarlo). Ecco che ci dice.

|  “«Al centro della terra cava, sospesi nel vuoto, ci sono quelli che Platone chiama sole 
      rosso e sole nero. È lì, nel cuore della terra, che i nazisti preparano la deflagrazione 
      e la palingenesi del mondo, attraverso quello che Platone chiama “il sole nero”».
      «È solo una metafora per descrivere la materia primordiale, Cox» ribatté Michael.
      «Si sbaglia, Price. Il sole nero non è altro che il nome di un buco nero simile a quelli 
      che si trovano al centro delle galassie. La sola differenza è che ha una dimensione 
      più piccola e si trova al centro della terra insieme a un sole di dimensioni 
      ridotte»  (pag.330)

Platone quando andava di moda il taglio alla Leonida.
Ho idea che quel “di dimensioni ridotte” sia un modo per far sembrare realistica l’idea che quel buco nero possa davvero trovarsi al centro della terra insieme a un sole più piccolo. Siamo sempre lì, è vero che non sto leggendo un trattato di fisica e quindi posso accettare una certa quantità di sospensione dell’incredulità, ma appunto una certa quantità, che non significa dovermi bere certe cose. Senza contare che non sono per nulla un esperto ma direi che nulla può esistere intorno a un buco nero, che sia di piccole o grandi dimensioni. E come se non bastasse poco dopo Cox prosegue dicendo addirittura che la Terra è nata intorno a questo buco nero!

Il fatto è che uno scrittore non è un semplice imbrattacarte, uno che deve buttare quante più cose possibili in una pseudo storia e via. Deve farmi immergere nel suo mondo, deve farmi credere che quello che mi sta raccontando sia vero. E per farlo deve inserire dettagli, spiegazioni, deve fare sì che ciò che mi mette di fronte sia coerente e sensato. È evidente che se non lo fa le cose che racconta suoneranno ancora più assurde e andranno a rendere ancora peggiore l’impressione del lettore, che poi è quello che succede in questo caso.

4) Dialoghi

Dei buoni dialoghi spesso sono la chiave per rendere un libro interessante. Magari la trama non è granché, ma se i dialoghi sono scoppiettanti e interessanti spesso viene voglia di arrivare comunque fino alla fine. A questo proposito Abyss, almeno per quanto mi riguarda, non è messo molto bene. I discorsi dei personaggi sono molto spesso poco interessanti, sfociano frequentemente nel banale, nel ripetitivo o nell’assurdo. Qui un esempio di conversazione con risposte casuali tra Eddie e Michael.

|  “[A parlare è Michael]«Da dove diavolo sbuca il nostro angioletto custode che ne sa 
      più dell’NSA?»
      «È un hacker, non un diavoletto custode».
      «Ho detto “angioletto”».  (pag.35)

Io non so bene che pensare, non capisco come Eddie abbia potuto capire diavoletto invece che angioletto, o se abbia capito giusto perché abbia detto un’altra cosa. La sua è una frase a caso, giusto per occupare lo spazio tra due virgolette, non vuol dire nulla. E se anche Eddie avesse detto angioletto e avesse così mantenuto un minimo legame logico con quanto precede la frase avrebbe comunque non sarebbe stata meno ridicola. Potrebbe anche essere una battuta, ma ehm, non farebbe ridere nemmeno chi trova Sio un fine umorista.

Ancora risposte casuali, stavolta in un dialogo tra Michael e Olivia Kaplan dell’NSA.

|  “[A parlare è anche qui Michael]«Ma non avrei mai e poi mai immaginato che, a sua 
      volta, il testo egizio rimandasse a un sapere ancora più antico».
      «Non sia troppo severo con sé stesso»  (pag.72)

E Michael non è che dica quella frase gettandosi a terra, piangendo  come una fontana, battendosi il petto con una mano e frustandosi la schiena con l’altra. Regazzoni si limita a dire che guarda Olivia, quindi il tono che viene da attribuire alle sue frasi è quello di una considerazione abbastanza neutra. Invece Olivia gli risponde come se si stesse flagellando. Va bé.

Leonida quando andava di moda il taglio alla Platone.
Il dialogo in assoluto peggiore è quello che sto per riportare qui. Gli interlocutori questa volta sono Trix ed Eddie al telefono.

|  “[Trix dice]«Tutto bene, non ti preoccupare. Adesso siamo a bordo di un peschereccio 
      insieme a Kyle e Tyler Morris».
      «E chi diavolo sono?»
      «Non preoccuparti, sono degli amici».
      «Cosa? Stai scherzando? Mi avete mollato da solo sul Bongos II e ve ne andate in 
      giro sul peschereccio degli amici Tyler e Kyle senza dirmi niente?»
      «Eddie».
      «Eddie un cazzo! Dovevate chiamarmi, sarei venuto a prendervi io! Io sono il vostro 
      unico amico!»
      «Saresti venuto a prenderci fino a Dillingham, Eddie?»
      «E dove cazzo è Dillingham?»
      [dove vuoi che sia, Eddie? Sai benissimo che Trix e Miachel sono andati in Alaska, 
      sarà difficile che si trovi in Congo...]
      «Nel buco del culo dell’Alaska, ci saresti arrivato tra due mesi, sempre che il Bongos 
      II non fosse affondato prima».
      «Ok, bastava dirlo, mica sono offeso».
      «Te l’ho appena detto»
      «Ok».  (pag.157-158)

Abbiamo un po’ di tutto. Si parte con delle frasi molto innaturali, con Trix che parla con naturalezza a Eddie di persone che questi non conosce senza spiegare chi siano. Poi Eddie sbotta a caso ed entra in modalità tredicenne che ha ricevuto il suo primo due di picche. Siamo seri, se la prende perché non hanno chiesto aiuto a lui! E si arrabbia parecchio, manco gli avessero ucciso il cane. Abbastanza assurdo di suo, e anche se Regazzoni avesse voluto delineare qui la personalità di Eddie come un infantile piagnucolone (cosa da escludersi, visto che questa caratteristica salta fuori solo in questo punto) sarebbe stato comunque ridicolo, per quanto mi riguarda. Per concludere in bellezza, un botta e risposta che, secondo me, è un po’ un sunto di come non si scrive un dialogo. Un dialogo, come dicevo all’inizio, può cambiare l’opinione del lettore su ciò che sta leggendo, deve perciò attirarlo, essere interessante. È quindi utile evitare di ripetere cose che il lettore già conosce ed evitare frasi che suonino proprio insulse e vuote, come lo scambio che conclude la citazione.

|  “«Ok, bastava dirlo, mica sono offeso».
      «Te l’ho appena detto»
      «Ok».  

Non serve essere Umberto Eco per rendersi conto che queste tre battute vanno eliminate.

A seguire un errore da inesperti, un altro che sarebbe dovuto sparire dopo la prima lettura. As you know, Bob.

|  “«Come sapete, nell’area compresa fra il Sud America e il Sud Africa è stato 
      scoperto, verso la fine degli anni Cinquanta, un forte indebolimento del polo 
      magnetico chiamato anomali del Sud Atlantico»  (pag.116)

Non ho voglia di riportarlo, ma tira avanti altre cinque righe di infodump. Poteva andare peggio, nel libro ci sono infodump peggiori.

5) Personaggi veggenti

Lo inserisco tra i punti della recensione perché è qualcosa che si riscontra praticamente in ogni parte del libro, dall’inizio alla fine. In una trama ben congegnata i personaggi compiono scelte legate alle proprie idee o ai propri obiettivi, in una congegnata non troppo bene invece compiono scelte perché sì. In Abyss succede spesso che, siccome l’autore non sapeva come indirizzare i personaggi verso una determinata decisione, gliela faccia prendere a caso. Non serve fare troppi esempi di questo, ne basta uno.

|  “[Michael]Aveva lasciato l’auto nel parcheggio e si era avviato verso le partenze 
      nazionali.
      Sorpresa: gli agenti dell’NSA lo stavano aspettando al banco del check-in. Erano in 
      due: capelli corti, fisico atletico, giacche di tela leggere. Non avevano fatto nulla per 
      non farsi riconoscere. Non avevano finto di leggere giornali né di essere una coppia 
      gay in procinto di partire per una vacanza. Si erano limitati ad aspettarlo guardandosi 
      attorno con aria circospetta. Non potevano immaginare che Michael avesse qualche 
      sospetto.
      Si erano sbagliati.  (pag.47)

Il fatto è che questo estratto è preceduto da una conversazione in cui Eddie dice a Michael di aver ricevuto una soffiata secondo la quale l’NSA sarebbe contro di lui e Michael replica che non si fida dell’informatore e vuole andare a controllare. Altro che controllare! Michael vede i due agenti dell’NSA, che per quanto ne sa lui sono solo due tizi che si stanno facendo gli affari loro, e senza una precisa ragione scappa, come se la loro presenza lì fosse una prova definitiva delle informazioni di Eddie. E ovviamente poco dopo si scoprirà che l’NSA è davvero contro di lui. Dicevamo appunto, Michael è chiaramente un veggente. Non si spiega in altro modo questa scena.

Una collega di Michael.
Che se poi vogliamo andare un attimo fuori dal tema del punto 5, perché l’NSA, se vuole davvero tradire Michael, mette i suoi uomini all’aeroporto da cui sta per partire e non da quello a cui arriverà? Sarebbe molto più intelligente la seconda idea, Michael avrebbe molte meno vie di fuga, non potrebbe, per esempio, fuggire via con la propria macchina, come invece puntualmente fa. Forse l’autore li ha pagati per permettere a Michael di scappare, del resto è il protagonista, mica può venire catturato a pagina 50. Oppure quelli dell’NSA non sono molto più furbi dei Guardiani. Boh.

LENTAMENTE VERSO LA FINE...


Ormai non manca molto, giusto due o tre punti (ma più brevi di quelli di cui ho parlato in questa seconda parte) e siamo alla fine. La prossima volta ci attendono i ritmi narrativi mal gestiti, una piccola miscellanea di elementi che non rientravano nelle altre categorie e poi una sezione dedicata invece a quello che di buono ho trovato in Abyss (ebbene sì, sono più di cinquemila parole che dico che non mi è piaciuto ma comunque qualcosa di accettabile c’è).

Alla prossima (e finalmente ultima) puntata!

[PRIMA PARTE]

lunedì 14 novembre 2016

Recensione - Abyss di Simone Regazzoni (Prima Parte)

Quando ho letto Abyss il nome di Simone Regazzoni non mi era nuovo, anzi, lo conoscevo già abbastanza bene. La ragione è principalmente che insegna estetica nella mia stessa università, e ho sentito spesso suoi studenti lodare le sue capacità di docente, sottolineando però il fatto che il suo pensiero si ricollega a una corrente filosofica molto particolare, ovvero la pop filosofia, che, come dice il nome, ha lo scopo di rendere filosofia anche la cultura popolare. Non voglio mettermi ora a spiegare perché penso che questa corrente non abbia tutta la legittimità e la dignità che vorrebbe, sta di fatto che l’idea di un corso universitario su Hollywood riletto attraverso la poetica di Aristotele ha sempre destato la mia attenzione. Del resto, il fascino del trash è innegabile da chiunque.

Così, fino a poco tempo fa per me Simone Regazzoni era semplicemente qualcuno di cui si parlava ogni tanto. Poi si è candidato alle primarie del PD come sindaco di Genova. E a questo punto non potevo che leggere qualcosa di suo. Non essendo interessato alla sua produzione saggistica (che vanta titoli quali “Pornosofia”), ho deciso di ripiegare sull’unico romanzo che ha scritto, Abyss appunto. E, anche se nessuno lo sa, può vantare ben due primati, perché è il peggior libro recensito finora su questo blog nonché il primo di un autore italiano.
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Titolo: Abyss
Autore: Simone Regazzoni
Anno: 2014                                                          
Editore: Tea
Pagine: 391




TRAMA 

Michael Price è un giovane insegnante di filosofia americano che ha scritto un libro che ha suscitato grandi critiche da parte degli studiosi, nel quale sostiene che le dottrine segrete di Platone non siano sue originali ma in realtà siano tratte da un più antico testo egiziano. Questo suo saggio ha attirato l’attenzione della National Security Agency, che lo ha interpellato per aiutarli nella comprensione di alcuni papiri che parrebbero riportare proprio le dottrine non scritte (se trovate qualcosa di strano nel fatto che le dottrine non scritte siano ritrovate scritte sappiate che non siete gli unici ma nessuno nel libro pare porsi questo problema, nonostante sia un discreto buco logico). Capire il contenuto di queste dottrine dovrebbe aiutare a svelare i piani di un organizzazione nazista chiamata Quarto Reich, che ne ha fatto la propria base ideologica.

Un anno dopo la situazione precipita: Alex, la fidanzata di Michael, scompare nel nulla, e Michael stesso viene cacciato dalla NSA perché sospettato di essere il capo del QR. Sarà a questo punto coinvolto in qualcosa di molto più grande di lui, e dovrà, cercando di scoprire il significato di quanto scritto sui papiri, sventare i piani dei nazisti, che hanno in mente qualcosa di davvero pericoloso per l’umanità. Non sarà solo: avrà il supporto tecnico del suo amico Eddie e quello fisico di Beatrix detta Trix, esperta di informatica e fusione tra Lara Croft, Jackie Chan e MacGyver. Insieme, scopriranno gli oscuri misteri che si annidano nella nostra terra.

Michael, il protagonista.

LA MIA OPINIONE


L’autore ha dichiarato che Abyss è la forma più compiuta di pop filosofia. E visto che io non ho una stima molto alta di questa corrente, perché tutto il discorso rimanga coerente Abyss dev’essere, almeno per me, un brutto libro. E in effetti lo è, anzi, è uno dei più brutti che abbia letto negli ultimi tempi. Per la grande quantità di cose che voglio segnalare ho deciso di suddivide la mia opinione in punti, in modo da evidenziare uno per uno i vari errori.

A causa delle dimensioni abnormi che ha assunto la recensione ho deciso di dividerla in due parti. Questa è la prima, nei prossimi giorni arriverà la seconda.

1) Incoerenze e ripetizioni

La prima impressione che ho avuto è che non abbia ricevuto un’adeguata rilettura dopo essere stato scritto. Ci sono frasi incoerenti o che voglio dire ben poco, situazioni illogiche o contraddittorie. Facciamo qualche esempio, che non fa male.

           
|  “[…] a un tratto un branco di pesci affusolati simili ad anguille, ma più tozzi e
    completamente trasparenti, circondarono come una nube i due batiscafi […]„ (pag.21)

Ehm, come devo immaginarmeli questi pesci? Come possono essere contemporaneamente affusolati e tozzi? In sostanza, è come se la frase dicesse “era rosso come un pomodoro ma un po’ meno rosso”. Che non è che abbia granché senso, né un grande significato, è abbastanza uno spreco di parole.

|  La discesa non fu delle più entusiasmanti, ma tutto sommato fu tranquilla. (pag.21)

Continuiamo con una citazione dalla stessa pagina. “Non fu delle più entusiasmanti” e “fu tranquilla” vogliono dire la stessa cosa, il periodo risulta perciò ridondante. È uno di quegli errori che possono capitare mentre si scrive, ma che vengono di solito eliminati in fase di editing. Sempre che l’editing ci sia. Inoltre il ma non ha senso. Sarebbe corretto se la discesa fosse stata entusiasmante e quindi ci fosse stata una contrapposizione tra le due frasi, ma così è illogico.

|  […] c’era una serie di tavoli uno dietro l’altro, con i classici divanetti rossi ai due lati 
      su cui potevano sedere più persone. (pag.236)

Qui facciamo felice monsieur Lapalisse. Davvero c’è bisogno di specificare che sui divani possono sedere più persone? È come dire “c’erano molte sedie, e su ciascuna poteva sedere una persona sola”. Grazie tante. Anche questa è una frase che mentre uno scrive può scappare, ma che poi viene corretta quando il libro viene riletto. Diventa sempre più vivo il dubbio sulla mancata rilettura...

|  Quello che li stava puntando era proprio un Hummer H1. Nonostante la sua passione       per quel veicolo e per Schwarzy, Trix non era particolarmente felice di doverlo                   fronteggiare. (pag.291)

Non è il contrario? È “a causa della sua passione”, non “nonostante”. Detta così è come dire “nonostante ti voglia bene, non sono particolarmente felice di ucciderti”. Non ha senso.

Il pericolosissimo QR.

|  Cox rimase a guardarlo in silenzio, stringendo leggermente le palpebre.
      «Tra gli effetti dei raggi gamma ci sono aumento della fragilità e indebolimento agli             sforzi dei materiali investiti dalle radiazioni. Prima di finire distrutto, il computer di               bordo del Nautilus I aveva registrato una quantità anomala di raggi gamma, ma 
      pensavo a un errore. Invece quei dati erano corretti».
      «Vada al dunque, Jenkins».
      «Una serie di raggi gamma presenti nella fossa ha prodotto la variazione dello sforzo         critico del rivestimento del Nautilus I, o, in altri termini, ha indebolito il rivestimento del 
      materiale plastico provocando il crollo della struttura».
      «Perché non è accaduto anche al Nautilus II
      «Perché il rivestimento del Nautilus II è insensibile a questo tipo di radiazioni».
      Sul volto di Cox si disegnò un ghigno.
      «E questa è un’ottima notizia».
      «Sì, però, ecco...»
      Cox tornò a fissare il volto terreo di Jenkins. (pag.27)

Perché tornò a fissare? Quando aveva smesso?

Adesso invece scelgo una citazione a caso per mostrare una cosa che si ripete più volte, in particolare nella seconda metà del libro, ovvero prima riportare le parole di un personaggio e poi spiegare che cosa ha detto. Come in questo passo.

|  «Un altro film con Robert Redford?» disse Trix, che non aveva la più pallida idea di 
      cosa stesse dicendo John. (pag.297)

Non serve specificare che Trix non ha la più pallida idea, lo capiamo dalla domanda che fa. Un’altra frase ridondante, dunque, un’altra frase che sarebbe dovuta sparire prima della pubblicazione.

Passiamo a un’altra ridondanza abbinata a un altro errore.

|  Trix e Miachel […] erano strisciati fino a trovare riparo dietro a un grosso blocco di 
      pietra sul lato destro della sala. Cox continuava a sparare raffiche in direzione del 
      punto da cui erano arrivati i colpi. Gli era rimasto un solo caricatore. Non avrebbe 
      resistito per molto.
      Dalla posizione in cui si trovava vedeva, sulla sua destra, Trix e Michael al riparo di 
      un blocco di pietra. (pag.371)

Come vedete abbiamo una ripetizione praticamente parola per parola a distanza di poche righe (nell’impaginazione del romanzo sono quattro), e questa ripetizione è dovuta al punto di vista ballerino che viene adottato. Se fosse mantenuto fisso il pov su Cox o su Michael non sarebbe stato necessario dire due volte la stessa cosa. Ho fatto notare questo perché il punto di vista resta oscillante dalla prima all’ultima pagina, quindi lo sottolineo una volta e basta perché se dovessi segnalare tutti i cambi bruschi di pov scriverei ventimila parole solo per quello.

2) Punteggiatura a caso

Un altro elemento di disturbo della lettura è l’uso molto spesso casuale della punteggiatura. Non si può mettere un punto e poi far cominciare una relativa subito dopo, oppure mettere un punto (o addirittura un capoverso!) tra due frasi avversative, è semplicemente sbagliato. Sono cose che insegnano alle elementari, può succedere che si dimentichino ma a quel punto, se si ha qualche dubbio, basta prendere in mano un libro di grammatica o cercare su internet. Questo vale, come per le critiche che ho mosso prima, sia per l’autore che per l’editor: possibile che nessuno si sia accorto di niente?

|  Aveva sacrificato il tenente Reeves, uno dei suoi uomini migliori, reclutato un anno 
      prima.
      Ma il Nautilus II aveva superato il test e il soldato Blade aveva dato prova di grande 
      abilità e coraggio: era questa la sola cosa che importava. (pag.25)

È evidente che quel punto non c’entra niente lì, ci voleva una virgola e la frase poteva continuare. I segni di punteggiatura non sono cose simpatiche da mettere un po’ qua un po’ là come il formaggio sugli spaghetti, hanno lo scopo preciso di scandire il ritmo della lettura, di dire al lettore dove deve fermarsi o dove può prendersi solo una breve pausa. Nell’esempio in questione la seconda frase è in netta contrapposizione con la prima, non possono essere separate così tanto.

Beatrix in un momento di relax.

Di esempi così se ne trovano a bizzeffe in tutto il romanzo. Ne cito giusto un paio d’altri.

|  Rimase immobile, lo sguardo fisso davanti a sé: un gigante di un metro e 
      novantacinque per centodieci chili di muscoli. Che non amava i soprannomi legati al 
      suo nome e al colore della pelle. (pag.24)

|  Michael era pronto a tutto, ormai, anche a morire: ci era andato vicino, non faceva poi 
      così paura.
      Ma non al ritorno di suo padre che, da un giorno all’altro, era scomparso nelle acque 
      del fiume Potomac. (pag.234)

Nella prima citazione abbiamo una relativa divisa dalla sua principale da un punto (a meno che Regazzoni non si stesse esibendo in un coltissimo nesso relativo e sono io che non colgo la raffinatezza di questo artificio stilistico), nella seconda un'altra avversativa che viene separata a colpi di mannaia dalla frase cui si contrappone. Sarebbe stato corretto dire “Michael era pronto a tutto. Ma non era pronto al ritorno di suo padre”. Così il punto avrebbe avuto un senso, come l’ha scritta Regazzoni no.

3) Illogicità

Molte situazioni raccontate sono assurde o, più semplicemente, stupide. Cominciamo dalla mia preferita, che ho letto in treno e mi ha strappato risate di gusto. Lei da sola vale la lettura di tutto il libro, posso assicurarvelo!

|  Premette il grilletto: partì un colpo che sfiorò la guancia di Don e colpì la portiera del 
      carro attrezzi.
      Improvvisamente, a causa del proiettile che si era conficcato nel cruscotto, 
      l’autoradio si accese, e partì a tutto volume Your Song di Elton John. (pag.259-260)

Da come lo racconta Regazzoni sembra che il proiettile conficcato nel cruscotto sia un altro rispetto a quello nella portiera, in realtà a leggere le righe prima si capisce che sono lo stesso, visto che non era ancora mai stato fatto fuoco. In sostanza, il tizio spara, il proiettile passa la portiera e raggiunge il cruscotto con sufficiente forza per conficcarsi ma non abbastanza per distruggere l’autoradio e quindi si limita ad accenderla. Geniale, sto ridendo ancora adesso a scriverlo!

Il Capo del QR.

Che poi volendo uno potrebbe chiedermi perché lo considero un errore, visto che sto leggendo un’opera di fiction e non un trattato di balistica un po’ di sospensione dell’incredulità è d’obbligo. Questo è vero in linea generale, ma qui la situazione è un po’ diversa. Infatti, nelle righe che non ho riportato Regazzoni si premura di specificare che la pistola che spara è una Glock 17C e che non usa proiettili a caso ma proprio i calibro 9 parabellum, e non mi ricordo in quale punto nel libro parte una dissertazione su come in effetti questi proiettili siano meglio di questi altri. Insomma, Regazzoni si dimostra piuttosto preciso in fatto di armi, quindi un errore al riguardo non è accettabile. Se tu autore decidi di approfondire un aspetto nel tuo romanzo poi non puoi pretendere che il lettore abbia un alto tasso di sospensione dell’incredulità al riguardo, perché da parte tua, che ti dimostri esperto di ciò di cui parli, si aspetta una precisione maggiore del normale. Quindi ti lascia meno spazio per sgarrare, è naturale.

Magistrale è anche il primo incontro tra Michael e la sua futura ragazza, Alex. In pratica, lei è un’agente e lo ha appena fermato perché stava fondendo l’acceleratore a furia di superare il limite di velocità. Guardate che succede.

|  [a parlare è Alex]«Si è appena guadagnato una multa per eccesso di velocità e una 
      convocazione per il 4 aprile presso il tribunale di Los Angeles».
      [i due parlano per qualche riga di quanto sia brutto lo smoking di lui, e poi...]
      «Mi tolga una curiosità, agente: lei uscirebbe a cena con un uomo vestito così?»
      La risposta era stata brusca.
      «Lei dev’essere proprio impazzito».
      Michael si era dato dell’idiota per quell’approccio maldestro.
      «Mi scusi, agente...»
      «Non la scuso. Si faccia trovare domani alle 19.30 davanti allo State Highway Patrol 
      al numero 777 di West Washington boulevard».
      «E perché mai?»
      La donna era tornata a sorridere.
      «Perché a quell’ora finisco il turno, e lei mi porterà a cena[…]»„ (pag.39)

Ma certo, succede sempre anche a me, sapeste con quante ragazze sono uscito con questo metodo. Non è che mi sarei beccato una risposta stizzita e uno schiaffo, assolutamente no.

Il protagonista Michael mostra quanto è grande il mazzo che si sta facendo
per svelare il segreto delle dottrine non scritte.

|  A quella parole Beatrix scattò in piedi, si avvicinò a Michael e gli disse:«Il tuo 
      portatile, svelto»
      «Ehi, stavo solo scherzando!»
      «Io no. Credo di aver trovato un modo per entrare».
      «Ok, è nella mia borsa. La password è...»
      «Non importa».
      Senza aggiungere altro Beatrix estrasse il portatile di Michael, lo accese, avviò la 
      connessione alla rete e cominciò a digitare freneticamente sulla tastiera. (pag.88)

Eh? E la password? Che significa non importa?

Volevo dedicare anche qualche citazione ai personaggi che agiscono in modo stupido. Prendiamo per esempio padre de Abreu. Michael e Trix si recano a Parigi da lui sotto copertura per estorcergli delle informazioni. I falsi nomi con cui si presentano sono Logan Crowford lui e Melanie Keller lei, e in particolare Trix finge di essere una dottoranda della University of Alaska. Con queste premesse, padre de Abreu se ne esce con questa frase.

|  «Mi avete mentito. Non siete certo francesi. Che cosa volete da me?» (pag.164)

Padre de Abreu, hanno due nomi inglesi e una è iscritta all’università dell’Alaska e ti accorgi adesso che non sono francesi?

MA NON È FINITA...


Mi fermo qui perché la carrellata di roba cui vi ho sottoposto è già abbastanza. Nella prossima parte della recensione ci attendono dialoghi artefatti, personaggi con poteri di preveggenza e una gestione pessima dei tempi narrativi.

Alla prossima, condoglianze a tutti.

[SECONDA PARTE]