Sapete che
cosa manca a questo blog? Una cosa fondamentale, una di quelle cose che non se
non ce l’hai non sei nessuno e sarai disprezzato e odiato dal tuo pubblico. No,
non sto parlando della regolarità nella pubblicazione, anche se non sarebbe
male. Mi riferisco alla recensione di un high fantasy di chiara ispirazione
tolkeniana.
Sono
sicuro che noi tutti scrittori nel tempo libero di narrativa fantastica abbiamo
scritto almeno una volta nella vita un high fantasy ispirato a Il signore degli anelli. Questo perché
tutti lo abbiamo letto, lo abbiamo apprezzato e ne siamo stati influenzati, in
un modo o nell’altro. Se poi ti chiami Stephen King il tuo high fantasy che
scopiazza Tolkien diventerà la saga della Torre Nera e sarà un’opera stupenda.
Nella maggior parte dei casi è roba banale e di poca sostanza. Fidatevi, ve lo
dico perché nel corso degli anni credo di aver provato a farlo almeno sei
volte, e raramente è uscito qualcosa di anche solo accettabile.
High fantasy ispirato a me! Che bello! |
Comunque,
potevo forse io esimermi dal porre rimedio a sì grave mancanza? Naturalmente
no, e quindi beccatevi la recensione de Le
cinque stirpi di Markus Heitz.
_____________________________________
Autore:
Markus Heitz
Anno:
2003
Editore:
Editrice Nord
Pagine:
635
TRAMA
La Terra
Nascosta è circondata da una fittissima catena montuosa, che la protegge dagli
assalti dai mezz’orchi che provengono dall’esterno. L’unico modo per entrare
sono cinque porte disposte in punti diversi della catena montuosa, e queste
cinque porte sono protette dal popolo dei nani, suddiviso in cinque stirpi, una
per ogni porta. I nani difendono le porte da millenni, ma quando la difesa
della quinta stirpe viene meno i mezz’orchi e le altre creature del buio
irrompono nella Terra Nascosta.
Passano
alcuni anni. Mezz’orchi e compagnia hanno invaso una piccola parte della Terra
Nascosta. Tungdil è un nano che vive tra gli uomini, presso il mago Lot Ionan.
La cosa è di per sé strana, perché nella Terra Nascosta ciascun popolo se ne
sta nel fazzoletto di terra che gli è stato assegnato e di rado se ne
allontana. Quindi gli elfi stanno nella terra degli elfi, i nani in quella dei
nani, e non è frequente che si viaggi. Comunque, Tungdil riceve un compito da
Lot Ionan, consegnare a un suo amico lontano degli oggetti. Questa missione, di
suo piuttosto innocua, porterà Tungdil a diventare concorrente al trono di re
dei nani, e lo metterà contro il malvagio stregone Nudin, che ha come obiettivo
conquistare il mondo.
LA MIA OPINIONE
Le cinque stirpi è il
romanzo d’esordio dell’autore. E si vede, si vede tantissimo. Non ha soltanto
difetti, è vero, ma è pieno di cose che sbavano, punti che non funzionano,
imperfezioni di trama, situazioni involontariamente divertenti per la loro
intrinseca stupidità. Prima che me lo chiediate la risposta è no, non sarò
prodigo di citazioni come lo sono stato con Abyss,
per il semplice motivo che mentre leggevo Abyss
mi appuntavo tutti i problemi del libro e la pagina in cui li trovavo. Con Le cinque stirpi ho deciso di non farlo
perché sono pigro ma soprattutto perché voglio scrivere una recensione e non un
romanzo breve a puntate come l’altra volta.
Non per
questo vi risparmierò dai punti più interessanti. Quindi cominciamo con una
bella carrellata di insensatezze per voi.
1) Insensatezze
“Nella
Terra Nascosta, trovare un rappresentante della sua razza [i nani] era raro
quanto trovare una pepita d’oro sul ciglio della strada, e la fama dei pochi
nani ambulanti che, nelle loro peregrinazioni, offrivano i loro servizi come
fabbri o costruttori di utensili non era delle migliori”
Comincio
con la mia preferita, i fabbri ambulanti. Avete letto bene, fabbri ambulanti. E
non vengono nominati solo in questa frase, appaiono qua e là in tutto il libro.
Fabbri ambulanti, ovvero persone che girano per il mondo portandosi dietro
fucina, incudine, mantice, mola, martello e quant’altro. Insomma, tutte cose
assai semplici da trasportare, affatto pesanti, e che stanno in uno zainetto.
Qua le possibilità sono due, o i fabbri ambulanti viaggiano con dei container,
oppure l’autore non ha molto riflettuto su quello che scriveva.
E sapete
qual è la cosa divertente? Che a un certo punto un fabbro ambulante appare
pure! È un vero peccato che non si dica nulla del suo bagaglio, sarei stato
proprio curioso di sapere come ha stipato l’incudine, la mola e la fucina in un
carro...
All’inizio
del libro si racconta che i mezz’orchi tentano da millenni di invadere la Terra
Nascosta, senza successo. Da millenni, non un anno, non lustri, non decenni,
non secoli, millenni. Bene. Questo significa che sono millenni che centinaia di
migliaia di mezz’orchi prendono a capocciate le porte non solo senza mai
vincere ma anche senza, che ne so, cambiare tattica una volta. In realtà
l’autore specifica che i mezz’orchi sono stupidi, ma questa non è una
giustificazione. Un conto è essere un po’ tardi, un conto è essere dei
rimbecilliti totali. È surreale che per tutto quel tempo a nessuno sia mai
venuto in mente di scavare una buca sotto la porta, oppure mandare qualche
esploratore attraverso le montagne e farsi aprire dall’interno, o altro. E
badate, quando comoda i mezz’orchi sono stupidi e non capiscono che cambiare
una strategia non efficace può essere una buona idea, tuttavia sono dotati più
o meno delle stesse armi dei nani, parlano in un linguaggio sensato e
articolato, sanno montare un accampamento, hanno una suddivisione gerarchica e
un senso dell’onore e della competitività, come viene dimostrato più volte nel
romanzo. Insomma, questi mezz’orchi non sembrano così molto più stupidi dei
nani, o degli uomini, anzi, paiono una civiltà più o meno al loro livello, se
non fosse appunto per questo dettaglio che continuano ad attaccare le porte.
Direi che a questo punto è ovvio che la stupidità è soltanto un escamotage che
l’autore ha architettato per giustificare al lettore una situazione altrimenti
stupida a cui non sapeva dare una spiegazione più sensata. Solo che questo
escamotage non solo non rende la situazione meno stupida ma risulta pure
incoerente con il resto che la storia ci mostra sui mezz’orchi.
Un mezz'orco. |
Due parole
merita anche il viaggio di Tungdil su incarico di Lot Ionan. Allora, Lot Ionan
dice a Tungdil di andare in un luogo, pur sapendo che l’amico cui Tungdil deve
portare delle cose non abita più là (non chiedete). Mentre leggevo mi ero messo
a fare i conti bene, ora non ricordo, comunque mi pare che avessi calcolato che
tra andata e ritorno il viaggio sarebbe stato in totale di un po’ meno di 2000
chilometri. In pratica Tungdil va a piedi, da solo, con un’ascia che non sa
usare (come lui stesso ci informa), in una terra che Lot Ionan sa benissimo
essere preda delle pericolose razzie dei mezz’orchi, verso un luogo dove non è
mai stato e dove, anche se non lo sa, non troverà il suo obiettivo e,
indovinate un po’, senza neppure essere in grado di leggere una cartina. E
sapete che cosa dice Lot Ionan di tutto questo?
“«Gli farà
bene. Così vedrà la Terra Nascosta anziché leggerne solo le descrizioni nei
libri»”
Cioè, stai
mandando Tungdil a una morte quasi certa e te ne esci con “ma sì, così si vede
un po’ il mondo”? Ma quanto è irresponsabile Lot Ionan? Per lui è un viaggio di
piacere, manco se n’è accorto dei pericoli che gli fa correre...
“«Il mio
affetto per Tungdil è fuori discussione»”
Ebbene sì,
Lot Ionan dice anche questo, e lo fa molto vicino alla citazione di prima. Ma
ormai è chiaro, l’espressione è da intendere in modo ironico e in realtà Lot Ionan
voleva liberarsi di Tungdil. Devo autoconvincermi che sia così, altrimenti il
mio cervello esplode.
L'affetto per Tungdil. |
Che poi,
la cosa grave è che l’autore palesemente non si è reso conto che Lot Ionan qui
fa la figura dell’idiota irresponsabile. Voglio dire, se avesse voluto
rappresentare intenzionalmente il personaggio in questo modo allora poteva
avere un senso, ma è chiaro che non è così. Siamo di nuovo di fronte a una
situazione in cui l’autore propone cose insensate e né lui né l’editor se ne
sono accorti.
Questi
sono solo alcuni esempi, i più lampanti, ma leggendo il libro ho incontrato
diverse altre situazioni simili.
2) Personaggi
I
personaggi ricalcano lo stereotipo della razza cui appartengono. O meglio,
Heitz ha preso quelli che sono i nani tipo, gli elfi tipo, eccetera e poi vi ha
appiccicato quelle due o tre caratteristiche in più giusto per non rendere
proprio evidente il fatto che si trattasse di cliché. I nani sono tutti rozzi,
pragmatici e orgogliosi, gli elfi leggiadri, e così via. I gemelli Boindil e
Boendal sono un chiaro esempio di questo. Entrambi sono rozzi, pragmatici e
orgogliosi, solo che uno è schizzato mentre l’altro ha un po’ di buon senso,
per il resto sono uguali identici. E lo stesso vale per tutti gli altri nani
del romanzo.
Che
l’autore avesse in mente degli stereotipi e non dei personaggi veri e proprio
lo si nota dal fatto che tutti i nani si esprimono allo stesso modo. Mi spiego.
I nani hanno le loro imprecazioni, come per Vraccas, che hanno senso solo per
loro perché, per esempio, solo loro adorano Vraccas. Ebbene, dice per Vraccas
pure Tungdil, che è cresciuto con gli uomini e ha visto pochissimi esponenti
della sua razza nel corso della vita. Suona insensato, no? Sarebbe più logico sentire
Tungdil imprecare come un umano. Ma non è così, perché Tungdil è un nano, e
quindi deve rispondere ai requisiti del nanoTM by Marcus Heitz. Un
po’ ridicolo, non trovate anche voi?
E adesso
so che cosa state pensando. “Ma i nani sono rozzi, pragmatici e orgogliosi,
altrimenti non sarebbero nani! Non sono stereotipi, è così che funziona il
fantasy!” E la mia riposta è no, non è così affatto, anzi, fortunatamente non è
così. Un ragionamento del genere è la morte della creatività, è un blocco a
qualunque possibilità di cambiamento e originalità. Non sta scritto da nessuna
parte che i nani debbano essere tutti così, come non sta scritto da nessuna
parte che gli elfi debbano essere tutti leggiadri ed eterei o che gli stregoni
tutti saggi e barbuti. Così erano per Tolkien e così sono rimasti per la
tradizione successiva, ma nessuno vieta che domani uno scrittore scriva un
libro in cui gli elfi sono bassi, grassi e puzzolenti e i nani alti, leggeri ed
eterei. Anzi, questa sarebbe una vera sfida, scrivere un libro del genere e
farlo suonare credibile alle orecchie dei lettori che ormai sono abituati a
qualcosa di completamente diverso. Questa sarebbe vera originalità. A confronto
il fare dei nani i protagonisti è ben poca cosa.
A distanza di sessanta anni mi copiano ancora! |
Comunque,
a dirla tutta Tungdil è uno dei pochi personaggi, forse l’unico, a non essere
una macchietta con appiccicate un paio di caratteristiche distintive. Se si
tralascia quello che ho detto nel paragrafo sopra, Tungdil è abbastanza
accettabile. Non so se l’intenzione dell’autore fosse quella, comunque
l’immagine di Tungdil che ricaviamo dal libro è quella di un personaggio
ingenuo, con la tendenza a parlare a sproposito, ma coraggioso e con degli
affetti molto precisi. Giusto per fare un paragone con un altro caposaldo della
letteratura, Abyss, il dispiacere di
Tungdil per la strage compiuta in sua assenza è molto più credibile e ben reso
di quello di Michael per il rapimento della fidanzata. Lo so, non è un gran
merito essere meglio di Abyss, ma
anche in assoluto devo ammettere che questa parte è accettabile.
Nodin è,
manco a dirlo, il classico cattivone che vuole il potere perché sì, che fa
cadere il gelato ai bambini, fa lo sgambetto alle vecchiette e poi sghignazza
di gusto dicendo “ma quanto sono cattivo!”. La logica conseguenza di questo è
che bene e male abbiano una divisione ben netta che non lascia spazi a dei
grigi. Questo manicheismo di fondo porta a volte delle situazioni che non
funzionano. Faccio un esempio, sappiate che è spoiler. Il re dei nani non vuole
assolutamente che Gandogar, dei quarti, diventi suo successore, e non vuole
perché è, in breve, succube del suo consigliere malvagio Bislipur. Quindi, venuto
a sapere dell’esistenza di Tungdil, fa credere che questi sia un orfano della
quarta stirpe e si appella a un cavillo della legge che prevede che un
candidato al trono possa venire messo in discussione solo da un altro
appartenente alla sua stirpe. Così Tungdil diventa un pretendente al trono, e,
secondo la legge, deve sfidare Gandogar in cinque prove, che stabiliranno chi
dei due diventerà re. Prima della quinta prova, i protagonisti vengono a
scoprire che Gandogar sta imbrogliando, e per questa ragione sono rimasti molto
svantaggiati. E sapete che cosa fanno? Cominciano a gridare all’inganno,
accusando Gandogar di essere sleale. Ma diamine, loro sono i primi ad avere
imbrogliato mentendo sulle origini di Tungdil, e poi hanno il coraggio di
lamentarsi se Gandogar li ripaga con la stessa moneta? Ma che incoerenza è? E
ovviamente a nessuno dei personaggi verrà mai in mente di fare un ripensamento,
no, loro sono i buoni e quindi se barano va bene, se però bara Bislipur è
sbagliato e cattivo e come si permette gliela faremo pagare. Va bé, contenti
Markus Heitz e l’editor contenti tutti, suppongo.
3) Scrittura
Lo stile
non è il massimo, ma c’è di peggio. Più che altro, non ho ben capito se le
sbavature di vario genere che si trovano in giro siano colpa della traduzione
oppure siano così anche nell’originale, dovrei controllare ma non conosco il
tedesco. Comunque, una cosa che sicuramente non è colpa della traduzione è che
Heitz spesso riporta un discorso ma ci informa prima del suo contenuto. Vi
faccio un esempio che mi invento così, senza citare.
“Tungdil
era davvero felice.
«Sì! Che
bello! Sono proprio contento»”
Non é
qualcosa che si verifica una volta o due, ma per tutto il libro, e in modo
anche più fastidioso, il mio esempio è molto semplicistico.
Più in
generale, spesso le scene non sono descritte in modo preciso, e soprattutto le
battaglie sono piuttosto mal raccontate. Avete mai letto una battaglia scritta
per esempio da Guy Gavriel Kay? Se la vostra risposta è sì allora sapete che in
questi casi Kay è sintetico all'ennesima potenza. É capace di scrivere che
tizio viene trafitto e muore, e fine del discorso. A me come soluzione non fa
impazzire, apprezzo Kay per altri motivi, ma non posso negare che sia efficace.
La concitazione e la rapidità del momento di sposano bene con uno stile
essenziale e semplice. Heitz risulta invece molto macchinoso nel mostrare i
combattimenti. O non è chiaro oppure pasticcia il POV o anche entrambi nei
migliori casi. Zoppica, é chiaro che non ha mai scritto combattimenti e non ha
una grande esperienza di armi su cui basarsi.
4) Toccare con mano
Ho pensato
che più che molti miei discorsi può
essere utile per capire che cosa non va riportare un brano del libro un po’ più
lungo. Ho scelto di mostrare due delle prove che, come dicevo prima, Tungdil e
il suo rivale Gandogar devono sostenere. La prima è un duello.
Tungdil si prepara al duello. |
“Gandogar
[come arma ha un’ascia, ricordatelo perché ci serve] iniziò subito con una
serie di affondi, tempestando di colpi lo scudo di Tungdil; il brillio dei
diamanti sulla sua lama aumentava il nervosismo dell'avversario. Tungdil
sbirciava oltre il bordo di metallo per vedere quale fosse il bersaglio dei
fendenti successivi. Così facendo, indietreggio fino a sbattere contro una
colonna.”
Gandogar
dà prova fin dall'inizio di essere un abilissimo guerriero, infatti massacra di
colpi lo scudo di Tungdil. Geniale! E molto utile, direi. Proprio una mossa da
spadaccino provetto. Mi sono sbagliato, non sono colpi, sono... affondi.
Affondi di ascia... Uhm, un'altra mossa geniale. Secondo voi é Gandogar che ha
imparato a combattere per corrispondenza o l'autore che non sa il significato
dei termini che usa? C’é da dire che nella frase dopo gli affondi diventano per
magia fendenti, quindi la seconda ipotesi suona come la più probabile...
“Reagi a
una nuova offensiva del re scostandosi e attaccando di sorpresa. La scure scivolo
con un suono orribile lungo lo scudo sollevato frettolosamente dal sovrano e
rimbalzo contro l'orlo inferiore del suo elmo. Stordito, Gandogar retrocedere
di alcuni passi.
[Boendal
esorta Tungdil e questi continua a combattere]
...Bislipur
entrò in azione. Urtò Swerd [il suo gnomo schiavo], che era in piedi accanto a
lui, mandando la testa dello gnomo a cozzare contro il boccale di un nano. La
birra traboccò, spandendosi sul pavimento.
La pozza
fu fatale a Tungdil. Nella fretta, non vide il liquido sparso sulle lastre di
marmo, che si tramutarono in una superficie viscida. Il suo piede destro slittò
di lato, e lui incespicò e mancò l’avversario.
[…]Gandogar
ben presto si riprese e colpì nell’attimo in cui l’avversario gli scivolava
accanto. La sua pesante scure colpì con forza la schiena di Tungdil, facendogli
perdere del tutto il controllo. Imprecando, il nano cadde e uscì sconfitto
dalla prima prova.”
Abbiamo la
fiera della ridondanza, con il “colpì con forza” (in effetti mi era venuto il
dubbio che gli avesse sferrato un fendente piano...) e il liquido sul pavimento
che viene ribadito due volte nel giro di due righe, come se il lettore non
avesse capito. Più in generale, una buona parte del libro potrebbe essere
sfoltita con grande guadagno in scorrevolezza. Comunque, poi abbiamo la prima
prova che finisce perché Tungdil cade per terra (davvero i duelli funzionano
così? Va bé...) e soprattutto la birra scivolosa. Questa è una delle mie parti
preferite. Tungdil ci scivola sopra neanche fosse sapone! Pare una fusione tra
Stanlio e Ollio, Mr. Bean e Il signore degli anelli. Questa è arte, gente, pura
e semplice arte.
Ma
passiamo alla seconda prova. Viene proposta da Tungdil.
“«Scriveremo
un testo. Vince chi finisce per primo».
«Che
cosa?» fece il suo rivale esterrefatto.”
Gundogar
sa scrivere male, pare. Ma seriamente? È un re e non sa scrivere? E come li
firma i decreti, ci mette una x sopra? Ci manca solo che non sappia leggere...
Ma poi
qual è il senso di questa prova, che cosa viene valutato? Da come parla Tungdil
sembra che vinca chi finisce per primo di scrivere. Ma ehm, che senso ha?
Inoltre non viene data nessuna indicazione riguardo alla composizione. Stando
quindi all’unica regola di Tungdil, basterebbe scrivere una parola e poi
mettere un punto per vincere. Del resto, vince chi finisce per primo...
“Il
Sapientone, come lo chiamava Boendal in tono scherzoso, cominciò quasi subito a
scrivere, mentre Gandogar fissava le rune con espressione rabbiosa e
scarabocchiava qualcosa sul suo foglio.”
Questo mi
fa venire in mente che Tungdil viene perlopiù descritto come colto e istruito,
molto più del resto dei nani, perché, citando Heitz stesso, legge “di tanto in
tanto un buon libro”. Oh bé, quindi bastano un romanzetto o un saggio ogni
qualche mese per diventare dei dotti che Umberto Eco levati. Come, lo sa solo
Heitz.
Esiste anche un gioco ispirato al romanzo, che a differenza sua pare sia molto valido. |
“«Finito»
annunciò Tungdil per primo. Il testo venne verificato e giudicato privo di
errori. Gandogar impiegò più tempo e la sua accuratezza non si avvicinò
minimamente a quella dello sfidante. Balendilìn dichiarò Tungdil vincitore.”
Torna la
scemenza del finire il testo per primo (non è stata decisa una quantità di
parole da raggiungere, che senso ha?), si aggiunge il fatto che viene giudicata
anche la qualità del testo, cosa che non era stata accennata prima. E infine si
dice che il testo di Gandogar non era accurato quanto quello di Tungdil, e per
questo, oltre che per averci impiegato più tempo, perde. Di nuovo non ha senso!
Non si era dato un tema, perché il testo di Gandogar sarebbe dovuto essere
accurato? Inoltre nella valutazione di quello di Tungdil viene considerata solo
la correttezza, non il contenuto. Insomma, c’è una grande confusione e non si
capisce quali siano i criteri di valutazione!
Siamo
giunti alla fine. Lo ammetto, ho scelto uno dei punti più bassi del libro, ma
il resto non è su livelli troppo più alti. Paradossalmente, il momento più
basso è uno dei più alti, perché è uno dei più involontariamente divertenti. In
effetti, se preso in modo ironico e con poca serietà allora il libro tira fuori
tutta la sua vena trash, che lo rende in quest’ottica molto più godibile.
5) Qualcosa di buono
Uso questa
sezione per riportare quello che invece vale nel romanzo. Non è molto, ma c’è.
Del resto c’era in Abyss, ci deve
essere per forza anche qua. Ho apprezzato il world building, che, pur non
essendo originale, è accurato, approfondito e interessante. Ho apprezzato il
fatto che il popolo dei nani sia descritto in molti aspetti della sua cultura, che,
per esempio, ciascuna delle cinque stirpi abbia una sua specializzazione, o che
ogni popolo abbia le sue leggende e i suoi dèi. La parte finale si fa leggere
con la dovuta foga e suona un po’ migliore del resto, anche se il colpo di
scena che dovrebbe essere inaspettato in realtà si intuiva da molto tempo
prima, e per questo non riesce ad avere sul lettore un grosso impatto, se non
fargli dire “avevo ragione”. Mi è infine piaciuto l’umorismo che salta fuori
qua e là, e che riesce ad essere davvero efficace, come nella scena sulle donne
dei nani e la barba. Ma a parte questo, c’è poco altro.
IN CONCLUSIONE
Come
dicevo all’inizio, Le cinque stirpi è
un’opera d’esordio e si nota. Si nota nell’utilizzo ingenuo di materiale già
visto, nella scrittura non di alto livello e nelle incongruenze di cui abbonda.
Si salva su certi aspetti ma risulta molto più efficace come romanzo trash che
preso seriamente. In sostanza, leggetelo solo volete farvi quattro risate, se
cercate un buon romanzo high fantasy vi conviene guardare altrove.
VOTO:
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