domenica 15 maggio 2016

Recensione - Monster di Naoki Urasawa

All’inizio la mia idea era quella che il primo manga recensito sarebbe stato Chrno crusade (e sarebbe stata una bella strigliata a Daisuke Moriyama e al suo fumetto), poi mi sono detto che visto che già la sezione dedicata ai libri si era beccata come inizio una recensione negativa, almeno con i manga potevo cominciare con qualcosa di positivo. Anche perché recensire qualcosa che mi è piaciuto mi fa molto più piacere che parlare invece di qualcosa che non mi è piaciuto (e che come Chrno Crusade è riuscito a distruggere tutte le belle immagini dei miei ricordi). Perciò Chrno Crusade viene rimandato a data da destinarsi e parliamo invece di Monster, di Naoki Urasawa.
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Titolo: Monster
Autore: Naoki Urasawa
Anno: 1995
Volumi: 18
Editore: Planet Manga




TRAMA

La trama di Monster non è complicata. Di più. S’intreccia su di se, poi si attorciglia, poi si intreccia di nuovo, come il tronco di un olivo. Avete presente un quadro di Escher? Ecco. Mille volte peggio. Perciò, quella che spiegherò adesso è una versione molto semplificata e a grandi linee di quella che è la trama. Per la maggior parte attingerò dal primo volume, perché lì ancora il tutto si riesce a seguire bene e quindi può essere sintetizzato facilmente. 

Kenzo Tenma è un giovane e promettente chirurgo giapponese. Una persona seria, abile nel lavoro, soddisfatto della sua vita e innamorato della sua ragazza (che non solo è un’oca da far paura ma è anche la figlia del direttore della clinica dove Tenma lavora). Tenma tira avanti senza farsi troppe domande esistenziali, contentandosi di quello che riceve dalla vita, poco o tanto che sia, e mettendo una grandissima dose di costanza e dedizione nel suo lavoro di medico. 

È proprio il suo stesso mestiere, però, a rompere la serenità della sua vita, mettendolo di fronte a problemi nei quali non esiste una risposta giusta e una sbagliata. Nel momento della scelta, dunque, Tenma decide di restare ligio a quei principi che lo caratterizzano come medico e che lo hanno spinto a intraprendere quella professione (“tutte le vite hanno lo stesso valore”), e quando si trova a scegliere se operare un bambino in punto di morte oppure operare il sindaco, anch’egli in punto di morte, ma giunto alla clinica più tardi rispetto al bambino, sceglie, contro le speranze e la volontà di tutti i suoi superiori, di salvare il bambino.

Questo bambino, di nome Johan, è reduce da una brutta esperienza: la sera precedente i suoi genitori sono stati uccisi a colpi di pistola. La polizia brancola nel buio, e come se non bastasse la situazione si complica in seguito ad altri omicidi: vengono trovati avvelenati il primario di neurochirurgia, il vice dirigente e il dirigente della clinica dove lavora Tenma, che è stato severamente punito a causa della sua scelta di lasciar morire il sindaco e la cui carriera è perciò destinata a non decollare mai. Contemporaneamente, il bambino e la sorellina, ricoverata con lui, spariscono misteriosamente.

In seguito alla morte dei tre, Tenma ottiene una promozione. L’ispettore Lunge, incaricato di indagare sui tre omicidi, ha forti sospetti su Tenma, ma non riesce a trovare sufficienti prove per accusarlo.

Passano nove anni, nei quali Tenma continua il proprio mestiere e in tutta la Germania si verificano omicidi di coppie di anziani. Sarà nel tentare di risolvere questo caso che Tenma incontrerà di nuovo Johan, autore di questi delitti e di molti altri, e, sentendosi responsabile per averlo tenuto in vita, deciderà di partire in una lunga ricerca per porre rimedio al proprio “errore”. Una ricerca attraverso il passato di Johan e i suoi piani futuri, nel tentativo di scoprire chi realmente sia questo “mostro” che Tenma involontariamente ha tenuto in vita.
 
"Ti andrebbe un po' di Schweppes, solo io e te?"

LA MIA OPINIONE


Monster è un manga pieno di potenzialità. Un manga coinvolgente, che va letto tutto d’un fiato (come per la cronaca non ho fatto io, naturalmente), ma che vuole fare anche riflettere, che sa coniugare momenti più riflessivi e tranquilli con momenti incalzanti che non lasciano al lettore un attimo di respiro. 
Urasawa ha talento. Può piacere o non piacere perché un mangaka molto particolare, ma trovo che il suo talento sia innegabile.

Urasawa è un innanzitutto un ottimo disegnatore. Le sue tavole sono ricche e precise, e i suoi personaggi sono davvero ben caratterizzati fisicamente. Avete presente quei mangaka che utilizzano due o tre modelli per disegnare i protagonisti? Quelli i cui fumetti hanno poi personaggi tutti uguali salvo che per la pettinatura diversa? Ecco, dimenticateli completamente. Urasawa disegna ogni personaggio in modo diverso dagli altri, ciascuno con il proprio fisico e il proprio modo di vestire. Inoltre non ha il vizio di dimenticare un po’ troppo spesso gli sfondi (qualcuno ha detto Tite Kubo?). C’è poco da dire per quanto mi riguarda, i disegni sono promossi a pieni voti.
Tite Kubo al Lucca Comics 2015
L’effetto visivo in Monster è molto importante poiché, credo, è uno dei maggiori fattori che a volte proprio impedisce di staccarsi dalla lettura. Io come accennavo all’inizio ho impiegato diversi mesi a leggerlo, ma soltanto perché io sono pigro come non so che cosa ed era un periodo che con la lettura di manga non andavo molto d’accordo. Ma nel momento della lettura mi era impossibile fare come faccio spesso, ovvero leggere qualche pagina, fare dell’altro, leggere, fare dell’altro, eccetera. Dovevo leggere, perché ogni pagina tirava dietro l’altra. Quando finalmente mi è passata l’inerzia e mi è tornata la voglia di manga ho letto qualcosa come dodici volumi in quattro giorni. Che non sono molti, ma considerando che era il periodo che passavo le mie giornate a lezione (mica come ora, che ho più tempo libero che ho un pensionato), bé, credo che questo numero significhi molto. E, come dicevo, credo che il fattore visivo, ovvero sceneggiatura e disegni, sia ciò che rende la lettura così coinvolgente.

 E già che ci siamo, voglio dire qualcosa anche sulla sceneggiatura. Perché oltre al disegno, la sceneggiatura è ciò che in Monster salta più all’occhio. Perché è realizzata davvero molto bene.

Urasawa dimostra davvero una gestione sapiente delle immagini. Riesce a creare giochi di sguardi tra personaggi che non dicono nulla ma lasciano intendere, sa cosa mostrare e che cosa invece è meglio lasciare nell’ombra, per non rivelare troppo subito al lettore, sa quando interrompere una scena e quando poi riprenderla, per creare così la giusta dose di tensione, sa come impostare una vignetta in modo che sia bella da guardare e che contemporaneamente crei emozioni nel lettore. Inoltre, cosa che secondo me molti mangaka dovrebbero imparare, sa gestire i tempi della narrazione (a parte, come dirò poi, nel finale), cosicché non si ha mai la sensazione che le cose siano state fatte troppo di fretta. Mi è capitato spesso di rendermi conto che una storia non mi prendeva per il semplice fatto che tutto avveniva così velocemente che non riuscivo a starle al passo. Ecco, con Monster questo non mi è successo.

Ok, a volte Urasawa esagera nel senso opposto e la tira un po’ tanto per le lunghe. Ma tutto sommato succede relativamente poco, perciò possiamo tranquillamente perdonarlo.

A sinistra Kenzo Tenma. 
A destra di nuovo Kenzo Ten Naoki Urasawa.
E fin qui tutto rose e fiori. E in effetti, se si osserva Monster dal punto di vista puramente tecnico, dal punto di vista della padronanza di Urasawa degli strumenti narrativi e del disegno, direi che c’è ben poco che gli si può contestare. Dove secondo me arrivano i problemi è quando passiamo a parlare della trama. E non mi riferisco ai contenuti, anche se pure qua due parole bisognerebbe dirle, in particolare sul fatto che a volte (non spesso, a onor del vero) Urasawa decide che ha voglia di creare scene di tensione facili e allora fa fare ai personaggi cose stupide solo perché finiscano nei guai. È uno stratagemma un po’ pigro e anche inutile, visto che in tutto il resto del manga dimostra di non averne bisogno. 

Ma, dicevo, non mi riferisco in particolare ai contenuti. Il problema della trama e nel modo in cui viene presentata.

È chiaro che Urasawa voleva fare qualcosa di originale e innovativo, voleva raccontare una storia in un modo diverso, una storia che si focalizzasse sulle vicende personali di quei personaggi che poi sono più o meno protagonisti della trama principale. L’idea è sicuramente buona. Però, almeno per me, i risultati non lo sono altrettanto.

Infatti, per raccontare ogni evento Urasawa introduce un personaggio nuovo, e tramite il suo punto di vista introduce anche la nuova situazione in cui si evolve la trama. Fin qui nessun problema, è una strategia narrativa che può offrire diversi spunti, direte voi. E lo direi anche io. Se non fosse che la narrazione non comincia da quando le vicende del nuovo personaggio si intrecciano con la trama principale. Comincia molto ma molto ma molto prima. Non dico che ci venga raccontata anche l’infanzia dei personaggi, ma spesso ci voglio anche centinaia di pagine perché le vicende del singolo personaggio si ricolleghino con il plot, per avere poi magari minime conseguenze nel suo svolgersi! Mi è capitato diverse volte di domandarmi che cosa stesse succedendo, quale senso avesse quello che stavo leggendo nelle vicende di Johan e Tenma. Che poi il senso ce l’ha, è raro che Urasawa allunghi il brodo in maniera del tutto inutile, ma appunto, si impiegano magari dieci capitoli per introdurre un personaggio che alla fine della fiera ha un ruolo decisamente poco importante e suo il contributo per l’evolversi della trama non è fondamentale al punto da meritare così tanto spazio.

"I'm killing in the rain..."
Per questa ragione trovo difficile riassumere la trama dei volumi oltre il primo. Perché quello che c’è sul serio di rilevante e importante è mischiato in mezzo a moltissime altre informazioni che riguardano le sottotrame dei vari personaggi ma non quella di Tenma e Johan.

Che poi le diverse sottotrame si seguono davvero bene. A volte sono belle, altre volte meno, altre volte sono irritanti, ma il talento di Urasawa, come ripeterò fino alla nausea, le rende tutte molto coinvolgenti. Il problema vero è che il plot principale viene perso di vista un po’ troppo spesso, e questo disorienta il lettore. O almeno, ha senza dubbio disorientato me.

Diciamo che la principale impressione che ho avuto è che l’autore nel pensare la storia non sia stato in grado di definire bene ciò che sia utile e ciò che non lo sia. Che abbia semplicemente avuto molte idee, per la maggior parte buone e interessanti tra l’altro, e le abbia buttate giù, senza però pensare a un modo elegante e organico per presentarle. E quindi ha reso il tutto un po’ troppo dispersivo, almeno per i miei gusti. E questa è una delle principali ragioni per cui non posso considerare Monster il capolavoro che tutti dicono. È un fumetto con potenzialità e con un autore di talento a tirarne le fila. Ma non riesce a diventare un capolavoro.

La ragione principale per la quale la trama riesce comunque a piacere nonostante tutto quello che ho scritto sopra è che tutti (o quasi) i personaggi che vengono introdotti hanno una psicologia molto approfondita e una caratterizzazione davvero ben fatta. Tutti hanno un passato che li ha influenzati e li ha resi così come ora li vediamo, tutti agiscono in modo
Grimmer è felice, e si vede!
sensato e coerente con la loro personalità. Molti, anche se magari protagonisti di sottotrame che non sono proprio emozionanti, riescono comunque a fare breccia nel cuore del lettore. In molti casi mi sono trovato quasi più interessato alle vicende dei singoli personaggi piuttosto che alla trama generale (che comunque mano a mano che si va avanti diventa più sfumata). Di alcuni personaggi ho desiderato che sopravvivessero alle vicende in cui si trovavano coinvolti. Di qualcuno sono stato felice che morisse. Di qualcun altro mi è molto dispiaciuto. Nessuno però mi ha lasciato indifferente.


Se devo scegliere i personaggi che mi hanno colpito di più, direi Grimmer e Martin. Il primo è protagonista di alcune tra le scene migliori e più coinvolgenti dell’intero manga, il secondo appare per relativamente poco tempo ma è riuscito a imprimersi nella mia immaginazione più degli altri, sarà anche forse per il fatto che gli riconosco affinità di carattere con me. 

Martin, olio su tela
Una piccola menzione meritano anche i due personaggi principali, Johan e Tenma. Entrambi sono ben caratterizzati, Tenma serio, composto, ligio, individualista e molto autoreferenziale, e Johan, angelico, affascinante, misterioso e spietato. Nei primi volumi la figura di Tenma domina la scena, mentre via via che si prosegue l'attenzione si sposta maggiormente sugli altri personaggi, relegando spesso Tenma a comprimario che svolge un ruolo minore nella vicenda. E questo non può che giovare: Tenma è sì approfondito ma comunque non è in grado di catturare l'attenzione del lettore per ben 18 volumi; del resto, non ha alcuna maturazione psicologica: il Tenma dell'ultimo volume è uguale a quello del primo (questo discorso vale anche per Johan, comunque). Perciò focalizzare l'attenzione sui personaggi secondari, decisamente più in evoluzione, tiene viva l'attenzione. Leggere di personaggi che maturano è più interessante alla lunga di leggere di personaggi che rimangono uguali, per quanto caratterizzati bene siano.

Se i personaggi fossero stati più piatti o meno variegati credo che giungere alla fine sarebbe stato tutt’altro che semplice. Invece, così si riesce ad arrivare all’ultimo volume, sperando nel gran finale. Che non arriva.

L’ultimo volume è molto sottotono. Ha diverse parti che mi hanno emozionato, ma nel complesso risulta meno convincente degli altri, considerando pure che il capitolo finale, quello in cui vengono al pettine i nodi della trama principale, risolve tutto nel giro di pochissime pagine, che è francamente un po’ riduttivo per qualcosa che si trascina dietro da 17 e 200 pagine. Non dico che sia talmente breve da lasciare spiazzati (chi ha detto 20th Century Boys?), ma si poteva decisamente fare di meglio. 

"Mettete un Pulcherrimum! Ho una famiglia da mantenere!"

IN CONCLUSIONE


Alla fine di tutto, Monster è un thriller psicologico con diverse qualità, che tenta di usare una struttura narrativa originale, fallisce nel farlo e trasforma quello che poteva essere un pregio in un difetto che ne rende più complessa la lettura. Non è sicuramente da buttare via, anzi, a livello tecnico è valido, ha un messaggio (che ovviamente non dico, lo lascio da scoprire a chi ha voglia di leggersi il manga) e una gamma di personaggi davvero ben fatti. Si distingue sicuramente dalla media, ma non riesce ad andare molto oltre.

IL GIUDIZIO DI HISOKA:

3 commenti:

  1. 7/2 a monster ? E allora per te manga popolari come one piece e Bleach quanto dovrebbero avere come voto... un' opera cosi immensa un 7/2 non se lo merita proprio... Il solo pensare a creare una trama cosi intricata e le emozioni che suscita avere meno di 8 è ingrato proprio. Ovvio ognuno ha le sue opinioni, ma urasawa e oggettivamente " un mostro " nel mondo dei manga

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  2. Secondo me Urasawa ha talento, molto talento, ma la lettura anche di altre sue opere mi ha confermato la mia idea, ovvero che controbilanci questo talento con altri aspetti invece molto carenti. Questo non significa che quello che disegna non mi piace (altrimenti non gli avrei dato un voto ben oltre la sufficienza!), ma non mi sento di gridare al capolavoro.
    Per quanto riguarda i manga "popolari", non mi va in generale di fare confronti, visto che il voto non esprime la qualità intrinseca e oggettiva di ciò che leggo ma l'impatto che ha avuto su di me. Se leggi altre recensioni ti accorgerai che ho dato voti ben più alti a manga che qualitativamente sono sicuramente inferiori a Monster ma che soggettivamente sono riusciti a colpirmi di più!

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  3. Recensione imbarazzante...non aggiungo altro. Signori che leggete, se cercate un'analisi o una recensione ben fatta di questo capolavoro cambiate sito! Mi scuso io per loro...Monster non merita tanta superficialità...

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