Da che mondo è
mondo, il genere letterario dell’antichità che piace agli studenti è la
commedia. Non necessariamente perché faccia ridere (spesso le battute fanno
riferimenti alla situazione politica della città nel periodo in cui sono state
scritte, e noi altrettanto spesso fatichiamo a cogliere questi riferimenti) ma
perché come minimo permette di trovare le parolacce sul dizionario. E a me che
scrivo e a voi che leggete sembra una cosa stupida, ma posso assicurare che per
uno studente di quindici anni che passa i pomeriggi a perdere la vista sul suo
Montanari e a spaccarsi la testa sulle versioni di compito la cosa presenta
un’attrattiva tutta sua.
Questa fulgida
premessa (che ha abbattuto la credibilità di tutto quello che scriverò dopo,
amen) per dire che oggi ci occupiamo di Commedia, e in particolare di Plauto,
un autore che io per lungo tempo ho faticato a capire. Principalmente mi
sembrava un po’ sciapo: ok, la singola scena è divertente, ma poi tutte le
commedie uguali, vogliono solo far ridere e non esprimere un significato, che
noia passiamo a Catullo che invece scrive di getto e di sentimenti e quindi lo
preferisco. Questo per far toccare con mano quanto in realtà non capissi né chi
mi piaceva né chi non mi piaceva.
Vedete il Montanari? Ecco, io avevo il Rocci quindi non facevo quello che ho scritto sopra. |
Ho avuto modo
di apprezzare Plauto quest’ultimo anno, quando l’ho conosciuto un po’ meglio,
quando avevo in generale maggiori conoscenze di base e quando il mio senso
critico era leggermente più acuto che in
passato. E sì, ho compreso di avere di fronte un pilastro della scrittura come
quasi nessuno è mai stato nella storia del teatro. Ho pensato quindi che valesse
la pena spendere qualche parola sulla sua figura, e in particolare sulla sua
unicità letteraria, almeno per quanto possiamo evincere da quello che del
teatro latino ci è giunto.
Plauto, l'inventore del plauto traverso. |
Un discorso analogo non può farsi per la commedia che si sviluppa in ambito romano. O meglio, non può sicuramente essere fatto da noi moderni, che possediamo soltanto pochissimi autori di commedie latine, e, se è stato fatto dagli antichi, a noi non è giunta notizia. Questo non significa che le commedie che ci sono giunte presentino tutte le medesime caratteristiche, anzi: le commedie di Plauto e Terenzio, che pure sono state scritte a più o meno un cinquantennio le une dalle altre, sono profondamente diverse. Questo può farci pensare soltanto una cosa: che al di là delle differenze esiste nella commedia latina un’unità di fondo che persiste nell’evolvere del genere. Questo elemento non è caratteristico soltanto del teatro, ma anzi di tutta la letteratura latina, ed è senza
dubbio la contaminazione con le opere della letteratura greca.
Aristofane sprizza simpatia da tutti i pori. |
Come dicevo prima, le tre fasi della commedia hanno delle differenze. Escludendo dal conteggio quella di Mezzo (che, data l’artificialità della divisione, racchiude in sé principalmente tendenze delle altre due fasi), possiamo evidenziare i tratti caratterizzanti della Nuova e dell’Antica. L’Antica si sviluppa, oltre che in Sicilia, ad Atene nel suo periodo d’oro, nel momento più florido della democrazia, dove, per dirla in modo rapido e semplicistico ma sufficiente a rendere l’idea, chiunque, dal ciabattino allo stratego, poteva avere parte attiva alla vita della città. Questo fa sì che il teatro, che era il mezzo di intrattenimento principale del cittadino, non poteva che trovare i propri spunti in quella che era appunto l’attività per eccellenza del cittadino stesso, ovvero la politica. Perciò, la Commedia Antica è ricca di elementi della vita della città dell’epoca, con riferimenti a personaggi famosi, situazioni celebri, figure di spicco di cui talvolta ci sono giunte ben poche notizie. La Commedia Antica non può essere letta senza essere calata nel proprio contesto. In altro modo le battute e le anche le situazioni parodiche messe in scena risulterebbero incomprensibili.Le situazioni sono inoltre paradossali e grottesche, e sono frequenti i casi di turpiloquio .La comicità è dunque scoppiettante ed energica, e sfrutta tutti i mezzi che possiede per far ridere lo spettatore e nel contempo farlo riflettere.
I nonni di Aldo, Giovanni e Giacomo. Notare che il nonno di Aldo ha i basettoni di Asimov. |
Quando nasce,
come dicevo prima, la commedia latina prende a piene mani dalla commedia greca,
come del resto praticamente tutta la letteratura latina, ne rielabora temi,
argomenti e situazioni. È interessante osservare come Plauto faccia questo
lavoro, attuando anche un confronto con il modus operandi di Terenzio, cosa che
può servire a evidenziare ancora di più i tratti originali e particolari del
teatro plautino.
Le commedie di Terenzio si rifanno essenzialmente alla Commedia Nuova. Le situazioni proposte sono quotidiane, i personaggi sono tutti diversi e caratterizzati in modo approfondito, lo stile è piano e pacato. Siamo dunque decisamente all’opposto rispetto alle caratteristiche della Commedia Antica.
E Plauto invece? Finalmente ci troviamo a parlare di lui. Finalmente possiamo osservare In cosa consista la sua originalità e la sua grandezza a livello letterario.
Le trame di Plauto seguono tutte quante una serie di schemi fissi, dove un giovane si innamora di un’altra giovane e, grazie all’aiuto di uno schiavo, riusciranno insieme a tramare un inganno per far sì che chi si oppone al loro matrimonio (di solito il padre oppure un lenone che non vuole che la ragazza si allontani dal suo mestiere) non costituisca più un problema. Come si vede, inoltre gli argomenti sono tratti dalla vita quotidiana, e non contengono particolari elementi eccessivi o fantasiosi. È chiara qui l’influenza della Commedia Nuova. Menandro, che ne fu il principale esponente, raccontava di essere in grado quasi di improvvisare le commedie, avendo già pronto uno schema che riproponeva ogni volta, variando i nomi dei personaggi e il contesto. Con Plauto funziona esattamente allo stesso modo.
Menandro prima di andare dall'oculista. |
La commedia moderna sta perdendo colpi. |
Anche questo ricorda la comicità di Aristofane piuttosto che quella di Menandro, il quale scrive per raccontare una storia, e limita alle battute a singole frasi o comunque a situazioni ben definite e circoscritte, spesso avulse dalla trama. Se in Menandro la comicità si accosta alla trama, in Plauto la trama ha la comicità come scopo.
Altro elemento che vale la pena considerare, e sul quale la critica è stata divisa per diverso tempo, per giungere poi a una conclusione quasi unanime, è quanto della situazione della Roma per la quale erano rappresentate sia presente nelle commedie di Plauto. Nonostante quindi una fetta di studiosi abbia a lungo pensato che l’ambiente in cui Plauto scriveva fosse troppo rigido e chiuso per permettergli di inserire elementi di attualità nelle sue opere, ormai la critica si è quasi del tutto convinta del contrario. È vero, non bisognerà aspettarsi di trovare questi elementi come li si trova nelle commedie di Aristofane, ovvero espliciti e anzi, loro stessi oggetti delle battute, ma piuttosto velati, presupposti nel contesto o nella trama della commedia e mai palesi. E così nella commedia Trinnumus il personaggio di Luxuria (il lusso, la dissolutezza) presenta la propria figlia Inopia (povertà), che viene identificata come frutto dei costumi corrotti della società. Questi riferimenti, di per sé anonimi e moraleggianti, vengono giustificati se si pensa che la commedia è stata scritta poco la vittoria della seconda guerra punica, in un momento in cui Roma era ricchissima e si allontanava dalle ristrettezze economiche dei tempi di guerra. Ed ecco dunque che il commediografo denuncia i pericoli di questa situazione: il cattivo uso della ricchezza può portare al suo contrario.
Tipica reazione degli spettatori di Plauto. |
Conclusi questi discorsi, che cosa si può dire infine? Dopo tutto questo, che cosa possiamo dire sul metodo con cui Plauto riutilizza la tradizione greca?
Il modus operandi di Plauto non rientra in toto né nella Commedia Antica né in quella Nuova. Gli elementi che riguardano la comicità e i personaggi sono creati secondo i canoni dell’Antica, ma sono innestati in una struttura che si rifà alla Nuova. Gli aspetti di satira sociale sono sì presenti ma presentati attraverso modalità che ricordano più la Nuova e sono distanti anni luce dall’Antica. In sostanza, possiamo dire che Plauto è un autore estremamente originale anche nell’usare le fonti della letteratura greca, in quanto mischia a suo piacimento e in base alle sue necessità caratteristiche dell’Antica e della Nuova. Proprio in questo sta a mio parere la grandezza di Plauto, che si presenta ormai come un vero grande della letteratura: un personaggio in grado di sfruttare in modo unico e non pedissequo la tradizione, in grado di far ridere e contemporaneamente di parlare dei problemi della società del proprio tempo, in grado di mischiare satira sociale e una comicità irresistibile. Qualcosa di straordinario, rimasto imbattuto nel corso di millenni.
Spero quindi di aver dimostrato la grandezza letteraria di Plauto chiarendo anche quegli aspetti della sua scrittura che possono risultare meno immediati. Se ora vi capita di leggere qualcosa di suo, potrete farlo con la consapevolezza di essere al cospetto di un’opera di letteratura con la L maiuscola!