lunedì 5 febbraio 2018

Harry Potter è per deficienti

Bene, siete tutti pronti per pregiudizi a non finire? Oggi ce ne sono a profusione soltanto per voi!

Ci sono schiere di persone che pensano che discutere con me sia una perdita di tempo, e che io sia una persona pesante e che vuole avere ragione a tutti i costi. Ci manca solo che esista un circolo di chi pensa questo di me e poi siamo a posto. Questo circolo avrebbe comunque recentemente acquistato un nuovo membro, visto che non è passato molto da quando a una festa ho avuto modo di intavolare una discussione con gente che non conoscevo. Non serve sapere il contenuto della discussione, si parlava di coerenza interna e infodump in una storia, e la persona con cui parlavo a un certo punto se n’è uscito con una frase che mi ha fatto pensare. E con la quale non sono affatto d’accordo. 

«Ma Harry Potter è per bambini!» E il sottinteso è che essendo per bambini possa essere meno curato. Nel caso specifico, possa avere una gestione più a caso del mondo, dei personaggi e della trama. Che è come dire che Harry Potter è una serie per idioti, e io in questo mi sento chiamato in causa. Mi sento chiamato in causa perché a me Harry Potter piace, nonostante la Rowling non scriva proprio in modo eccelso. E soprattutto perché questa affermazione implica una serie di cose che trovo profondamente sbagliate.

Che un libro (o un film, o qualunque altra cosa) pensato per un pubblico di bambini possa essere di qualità inferiore rispetto a un libro per adulti è un pensiero molto diffuso. Mi è capitato giusto la settimana scorsa di parlare con dei genitori riguardo ai film nel cinema sotto casa, e di sentirli dire di essere stufi di guardare cartoni con i loro figli, ma di desiderare di guardare qualcosa con gli attori, qualcosa di più adulto. Ma in concreto che cosa significa? Che cosa differenzia un film/libro/whatever per adulti da uno per bambini? Certo, è chiaro che un prodotto per un pubblico infantile presenterà scene meno crude, e magari sarà meno volgare. Ma queste sono caratteristiche che riguardano soltanto la selezione dei contenuti, non il modo in cui questi siano assemblati nella trama, né, cosa più importante, lo stile con cui il romanzo è scritto. 

Un tipico esempio di tenero bambino.

Un bambino è perfettamente in grado di rendersi conto se la storia che sta leggendo sia sensata oppure no. Non è stupido, sa riconoscere un’incoerenza. Sa capire se i personaggi agiscono come degli idioti, e lo sa perché anche lui possiede della logica nella sua testa, e anche perché viene naturale, quando si segue una storia, chiedersi che cosa si farebbe al posto dei personaggi. Ed è quindi semplice capire se si farebbe qualcosa di più furbo di quello che fanno loro oppure no. Infine, è anche in grado di capire se un personaggio è ben caratterizzato. Magari non userà la parola caratterizzato, magari dirà soltanto che un certo personaggio gli sta più simpatico di un altro, ma il concetto è lo stesso. Certo, è possibile che possa non rendersi conto se sta leggendo qualcosa di banale, e questo per ragioni di esperienza: non ha alle spalle letture a sufficienza per classificare con cognizione di causa che cosa sia già visto e che cosa no. Ma questo è l’unico punto dove forse il suo giudizio può non essere all’altezza, per così dire. In generale, dove lo stile cala, dove la qualità è inferiore, il bambino se ne accorge, forse non saprà esprimerlo come un adulto ma lo capisce. 

Quindi giustificare presunte incoerenze o imperfezioni con “ma è per bambini” la stragrande maggioranza delle volte è insensato. Perché non sono i bambini a non notare le incoerenze, sono gli stupidi o i distratti. Quindi dire che Harry Potter è per bambini con lo spirito con cui è stato detto a me equivale a dire che Harry Potter è per deficienti. E io non mi sento un deficiente, così come non penso si sentano tali tutte le altre persone che come me lo apprezzano.

Se esuliamo dall’argomento libri e osserviamo i film la scarsissima considerazione che ricevono i prodotti per bambini diventa evidente. Una grande parte dei film di animazione più recente è vuoto, idiota e banale. Perché questo si pensa che piaccia. Sia chiaro, non sto difendendo il diritto dei bambini a non essere ritenuti dei decerebrati, non è questo il punto che mi interessa. Voglio sottolineare che siamo di fronte a un pregiudizio bello e buono, che porta con sé delle conseguenze di un certo spessore nel giudizio che le persone danno di un libro o di un film. Infatti, sulla base di questo pregiudizio l’etichetta per bambini porta immediatamente a una svalutazione dell’opera in esame. Capite cosa intendo? C’è un ingiustificato trasferimento di significato. Si formula un’equazione target = (scarsa) qualità che non ha alcuna giustificazione teorica valida né alcun riscontro pratico. 

Come si può prendere sul serio un giudizio viziato in questo modo? Tra l’altro da “questo libro è per bambini quindi fa schifo” a “questo autore è per bambini quindi fa schifo” a “questo genere è per bambini quindi fa schifo” il passo è breve. Accennavo all’argomento parecchio tempo fa, nella recensione a Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip Dick. Dick è stato a lungo considerato un autore di serie b, perché scriveva fantascienza, la fantascienza è una branca del fantastico e si sa, come ci insegnano i critici intellettualoidi, il fantastico è un genere per bambini quindi non è degno di essere considerato. Poco importa che Philip Dick sia in realtà un autore parecchio impegnato, poco importa che sappia scrivere molto bene, spesso meglio di quelli che i nostri intellettualoidi portano come esempi di buona scrittura, scrive fantastico, quindi ha perso in partenza. La capacità di scrivere, ovvero di svolgere bene il proprio mestiere, diventa meno importante dei temi trattati, quindi se uno parla di magia o di alieni è infantile, se uno parla dei problemi della società contemporanea allora è un bravo scrittore, a prescindere da come scrive. È come dire che lo scarabocchio di un bambino italiano degli anni ’30 che rappresenta Mussolini che parla alla folla è meglio di un Monet. Il primo rappresenta un momento importante e anche grave della nostra storia, il secondo sempre la stessa maledetta cattedrale di Rouen, e venuta male, perfino!


Nemmeno un riferimento al problema dell'immigrazione! Che schifo!

Sfruttare questo pregiudizio assurdo per giudicare un’opera comporta di fatto evitare di giudicarla per come effettivamente è. Se penso che un libro sia per bambini e quindi di scarsa qualità non ho bisogno di leggerlo per trarre le mie conclusioni. Il pregiudizio è comodo, risparmia la necessità di pensare, di dover far funzionare la testa e di mettersi a ragionare su quello che si legge/guarda/fa. Molto meglio spegnere il cervello e riempirsi la bocca di aria fritta, si fa prima e tanto chi vuoi che si metta a contestare? 

È per questo motivo che i romanzi di Regazzoni (dico lui perché ne ho parlato su questi schermi, ma potrei elencare nomi fino a domani mattina) vengono pubblicati, perché le opinioni delle persone vengono talmente infarcite di pregiudizi che alla fine giudicano qualunque cosa tranne come il libro è scritto. Se vogliamo veramente metterci in testa di capire qualcosa di quello che abbiamo di fronte dobbiamo toglierci qualunque condizionamento e riflettere solo sul libro in sé, senza nient’altro. Coerenza interna, stile, caratterizzazione dei personaggi, scorrevolezza, e quant’altro. Badate bene, non sto presupponendo un’idea assoluta di qualità, non voglio dire che esistano opere che sono belle in assoluto e non possono che essere giudicate tali e l’opinione di chi pensa il contrario è viziata da un pregiudizio. Sto dicendo che eliminare i pregiudizi porta a giudicare l’opera secondo i criteri che le sono più appropriati. Un’opinione basata su questi criteri, positiva o negativa che sia, è valida.   

C’è sicuramente chi non è d’accordo con me. Ho conosciuto persone cui non frega niente dei buchi logici nella trama. Persone che al cinema ti dicono “guarda il film, non pensare!”. Potrebbero dirmi che non esiste un modo univoco per determinare come giudicare qualcosa. E questo è vero, ma fino a un certo punto. Io posso dire che Il signore degli anelli è un brutto romanzo perché ne ho assaggiato una pagina e ha un pessimo sapore. Ma siamo tutti d’accordo che sia legittimo che qualcosa che non è pensato per essere mangiato non debba per forza avere un buon gusto. Seguendo questa linea di ragionamento riusciamo a stabilire perlomeno un range di criteri (alcuni li nominavo prima) che in linea generale possono essere ritenuti appropriati a essere applicati a un libro. Nessuno vieta di usarne altri, ma appunto, è come valutare un libro per il suo sapore. Ci si sta perdendo qualcosa, no?


Questo tabacco è proprio cattivo... Magari Il ritorno del re ha un sapore migliore...

Quindi se non consideriamo l’etichetta “per bambini” applicata (ingiustamente, a mio avviso) a Harry Potter, possiamo renderci conto che ha moltissime di quelle qualità che elencavo prima. Eliminando il tasto dolente dello stile, che comunque migliora nel corso della serie, non è per nulla semplice trovare un’autrice esordiente in grado di caratterizzare i personaggi come li caratterizza la Rowling. Avete provato a contare quante volte in tutti e sette i libri i personaggi fanno la scelta più furba e quando invece fanno qualcosa di stupido ma accettabile senza problemi dal lettore perché perfettamente coerente con il loro carattere? Accompagnare Harry all’espresso per Hogwarts da parte di Sirius non è proprio quello che definirei intelligente. Ma sappiamo tutti che Sirius è uno spirito libero che odia essere controllato e limitato, ed erano mesi che non poteva uscire di casa. Né sicuramente è una grande idea rifiutarsi di studiare occlumanzia solo perché chi te la insegna ti sta antipatico. Ma in entrambi i casi a nessun lettore è venuto da pensare che Sirius o Harry si comportassero come degli stupidi. Si comportavano secondo il loro carattere, e tanto basta.

Nella trama torna tutto e anzi, molti elementi buttati in modo casuale nei primi libri tornano a ricoprire un ruolo importanti nei libri successivi. Molti eventi che parevano senza importanza in realtà ne hanno e molti misteri vengono chiariti senza che la soluzione sembri tirata per i capelli. Il mondo in cui si svolgono le storie è il nostro ma migliorato, ha sempre qualche sorpresa, qualche cosa di strano, bizzarro o divertente da mostrare. È un mondo ampio e articolato, con una salda coerenza che lo lega e che risulta interessante e coinvolgente proprio perché l’autrice riesce a trovare sempre qualche idea in grado di stupire. La narrazione fila liscia e con pochissimi momenti di noia. Molti invece sono i momenti divertenti, dove emerge una grande ironia, che controbilancia bene i toni cupi che diventano sempre più dominanti negli ultimi libri.

Tutto quello che ho detto finora non significa che HP non abbia difetti. Solo, sarebbe off topic sottolinearli adesso. 

Quante cose si notano se si lasciano perdere le etichette. L’invito è quindi quello che ho già fatto, a lasciar perdere i preconcetti e a giudicare il libro per come è a prescindere da tutto. E a non tirare in ballo Harry Potter.

1 commento:

  1. Come dicevi proprio perché è di successo ha generato molte critiche. Se cerchi un po' su google trovi parecchi siti, specialmente inglesi, che dedicano post ai buchi logici presenti nella trama. C'è anche un articolo su gamberi fantasy in cui vengono elencati una serie di punti che non funzionano dei primi tre libri della saga, e, tra parentesi, è uno dei pochi articoli di Gamberetta con cui non mi trovo completamente d'accordo.

    Personalmente trovo che una certa parte di queste critiche possa avere un senso, ma molte no, in particolare perché sono mosse da un'involontaria superficialità: quando si ha a che fare con mondi così vasti e complessi è spesso difficile esaminare in modo preciso tutte le varianti di una situazione e tutto quello che qualcosa può comportare, e spesso perciò si muovo obiezioni semplicistiche che non tengono conto di tutti i fattori in gioco.

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