lunedì 27 giugno 2016

Recensione - Terre desolate di Stephen King (Torre Nera #3)

Abbiamo conosciuto Roland ne L’ultimo cavaliere. Abbiamo conosciuto i personaggi comprimari suoi ne La chiamata dei tre. Ora è finalmente il momento di metterci davvero alla ricerca della Torre Nera. Cominciamo insieme a Roland, Eddie e Susannah il viaggio verso il luogo che sostiene tutti i mondi. Del resto, l’esperienza del libro precedente era stata molto positiva. Sicuramente Stephen King, il paroliere (come ama definirsi lui stesso), non deluderà la fiducia di noi Fedeli Lettori (anche qui per usare le sue parole).

Bando alle ciance, cominciamo!
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Titolo: Terre desolate
Autore Stephen King
Anno: 1991
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 438




TRAMA

Il libro riprende alcuni mesi dopo la fine de La chiamata dei tre. In questo lasso di tempo Roland ha insegnato a Susannah e a Eddie a sparare, con l’obiettivo di trasformarli in pistoleri, ruolo che non consiste semplicemente nel maneggiare delle pistole ma nell’assimilare una serie di valori che nello sparare trovano la loro completa realizzazione (ricordo a proposito ciò che devono ripetere prima di sparare, quella litania dove sbagliare comporta il “dimenticare il volto del proprio padre”, che significa aver perso quei valori guida attraverso cui orientare la vita). Sarà a questo punto che i tre decideranno di partire lungo il sentiero che congiunge due Vettori (ovvero due colonne portanti dei mondi). La Torre Nera si trova proprio nel punto di incrocio di tutti i sentieri che collegano i vettori.

Ma le cose non sono così semplici. Roland comincia ad essere in crisi, e la causa dei suoi problemi è da cercare in Jake, la sagoma di cartone il ragazzino morto alla fine del primo libro. Infatti, dopo la morte di Jack Mort (provocata da Roland nel libro precedente) l’omicidio di Jake perpetrato da quest’ultimo, omicidio che aveva permesso a Jake di finire nel mondo di Roland, è annullato (Roland ha ucciso Mort prima che ammazzasse Jake) e quindi il ragazzino è ancora vivo e soffre di crisi di identità: una parte di lui è più che convinta di aver trascorso del tempo nel deserto e ha ricordi vividi di quel periodo, l’altra parte ritiene queste idee un cumulo di idiozie. Jake seguirà segnali misteriosi mandatigli da chissà chi, troverà la rosa, e infine dovrà confrontarsi con la realtà, e capire se i ricordi del deserto sono realtà oppure finzione.
"Se non leggete i miei libri vi farò un'offerta che non potrete rifiutare"

LA MIA OPINIONE


Quando ci si mette Stephen King riesce a tirare fuori dei capolavori. Quando non ci si mette gli escono delle ciofeche. Terre desolate non è né l’uno né l’altro.

In realtà definire questo romanzo è difficile. La prima impressione che resta è di totale indifferenza. Che cosa ho appena letto? Un libro che aveva passi molto incisivi e altri da mettersi le mani nei capelli. E che quindi nel complesso vanno a bilanciarsi e ad annullarsi. E alla fine al lettore rimane ben poco.

Non posso definirlo un brutto romanzo, perché non posso dire che non mi è piaciuto, non come non mi è piaciuto L’ultimo cavaliere, non come non mi è piaciuto Le notti di Salem (sul quale scriverò qualche riga prima o poi). Ma alla fin fine i libri che mi sono piaciuti sono altri.

Che cosa posso dire di positivo? La scrittura sale decisamente di livello. Ricordate quello che dicevo a proposito de La chiamata dei tre, che la scrittura tutto sommato nella media era in realtà l’anello un po’ più debole di tutta la per gli altri aspetti eccellente architettura del romanzo? Ecco, sicuramente questo non si può dire riguardo a Terre desolate. Qui troviamo uno Stephen King davvero in forma sotto questo punto di vista, in grado di regalare momenti di vera tensione (come nell’avventura di Jake nella casa stregata) e altri di pace e serenità (come la scena a Crocefiume). La penna di King si destreggia con maestria tra le situazioni che vuole creare e le emozioni che vuole suscitare. Mi è capitato spesso di fermarmi a riflettere su quanto fosse scritta bene la scena che stavo leggendo, con i dettagli giusti segnalati al punto giusto in modo da caratterizzare la situazione e renderla di impatto sul lettore. Dal punto di vista puramente tecnico, quindi, trovo ben poco da contestare. Anzi, se La chiamata dei tre fosse stato scritto con questo stile sarebbe stato un romanzo ancora migliore!
La casa stregata menzionata sopra
Ma lo stile è forse l’unica caratteristica che promuovo in toto. Lo stile e la caratterizzazione di Jake. Se vi ricordate (e se non lo ricordavate dovrebbe magari ve lo ha fatto tornare in mente il mio commento di poche righe fa), nella recensione de L’ultimo cavaliere lamentavo l’inconsistenza del personaggio di Jake. Ecco, in Terre desolate King sopperisce con abilità a questa mancanza, dando a Jake quella caratterizzazione che durante la sua precedente apparizione mancava. Il Jake che va a scuola, che vede il deserto dietro ogni porta che apre, che ha amnesie, che ha paura di essere pazzo, che legge con sgomento un tema che era certo di non aver scritto e che contiene frasi incomprensibili (e qui tra l’altro c’è una gustosa frecciatina abbastanza scoperta al modo intellettualoide di ragionare di certe persone), che gira disorientato per la città, senza capire neppure lui che cosa sta facendo, è una persona reale. È un ragazzino con emozioni, sentimenti, con un modo di pensare. Non quella figurina spessa come un foglio di carta del primo libro. Tra l’altro Jake è pure simpatico. Non quanto Eddie, ma le sue avventure si seguono volentieri anche grazie alla sua personalità.

E fin qui ho elencato cose buone. Ma, come accennavo prima, sono le uniche. Il resto aleggia in un’atmosfera di mediocrità che a volte riesce a elevarsi sopra il livello medio altre volte ne va molto sotto.
Susannah resta ancora il personaggio un po’ anonimo de La chiamata dei tre. Come avevo detto in quella recensione, bisognerà aspettare il sesto libro per avere una buona e precisa caratterizzazione di Susannah. Giova invece al team dei protagonisti l’aggiunta del bimbolo Oy, che con la sua simpatia rende davvero piacevole la lettura in certi punti. Poi io sono sensibilissimo a cuccioli e quant’altro (lo so, è una cosa estremamente maschia, ma che ci volete fare, su certi punti proprio casco come una pera cotta) e quindi la sua presenza già di per sé era un bel tocco che corona ben bene la squadra dei viaggiatori della Torre Nera. È un po’ la ciliegina sulla torta.

Siamo invece messi peggio dal punto di vista degli antagonisti. In questo romanzo ne troviamo principalmente due, ovvero Gasher e il suo capo Tick-Tock (la banda conta anche altri membri, ma non vengono particolarmente approfonditi). Gasher non è un personaggio brillantissimo, ma alla fine della fiera risulta accettabile è un pazzo assassino, ma è un pazzo assassino tutto sommato con un po’ di personalità, ed è cattivo senza risultare ridicolo. Ripeto, non è il massimo, ma va bene, specialmente per un personaggio che nella trama ha un ruolo relativamente importante.

Tick-Tock invece  è il principale antagonista del libro, e ha un ruolo più ampio, tant’è vero che farà anche una piccola apparizione nel romanzo successivo. Ecco, Tick-Tock è in poche parole imbarazzante. È pure lui un pazzo, ma va bene, in città sono più o meno tutti i pazzi. Il fatto è che Tick-Tock è cattivo e ridicolo. Basti sapere che…ma che ve lo dico a fare? Leggete qui e fatevi la vostra idea.

La donna bruna mandò un altro grido stridulo. Tick-Tock si girò per metà verso di lei con un sorriso pigro negli angoli della bocca e prima che Jake potesse rendersi conto di che cosa stava succedendo, di che cosa in realtà era già successo, la donna indietreggiava barcollando, con gli occhi strabuzzati per la sorpresa e il dolore, mentre con le mani annaspava su uno strano tumore che le era apparso al centro del petto. [Jake capisce che Tick-Tock le ha tirato un pugnale, la donna muore dopo mezz’ora di movimenti inconsulti] <<Gliel’avevo detto che mi dava fastidio quella risata>> commentò Tick-Tock.
La mia reazione quando leggo certe cose
Ma Stephen King, seriamente? Ci mancava solo che Tick-Tock si esibisse in un latrato gutturale con le braccia allargate e gli occhi rossi, dicendo:<<Ma quanto sono cattivo!>>

Capite bene che è un po’ tanto chiedere al lettore di prendere sul serio un antagonista del genere. In una parodia o comunque in un romanzo che non voglia essere preso sul serio andrebbe bene, ma qui proprio no.

Inoltre, e secondo me è questo il problema principale, la trama spesso non conquista. Le prime duecento pagine più o meno raccontano di Jake e del suo tentativo di entrare nel mondo di Roland e di Roland, Dean e Susannah che tentano di aiutare Jake dalla loro parte. Ecco, la parte nel mondo di Jake, ovvero nel nostro mondo, si legge bene ed è interessante, mentre la parte nel mondo di Roland è più noiosa, perché succedono meno cose e offre meno spunti. Anche quando il gruppo si unisce, la narrazione procede in maniera piana e poco coinvolgente. Per esempio, la parte del viaggio a Crocefiume trasferisce sì perfettamente il senso di serenità e pace che provano i personaggi, ma poi risulta anche decisamente poco coinvolgente. Quando invece il gruppo arriva alla città di Lud ed è costretto a dividersi, la parte di Jake e Roland è interessante, quella di Susannah ed Eddie molto meno. La trama si riprende poi nel finale.

Come si può notare, ci sono sì i punti interessanti ma sono intervallati da altri molto più piatti, che rallentano la narrazione e spengono la voglia di proseguire. E questo è male, sia perché il libro precedente era una sorpresa a ogni pagina sfogliata sia perché questo ha dei passi che davvero ti impediscono di staccarti dalla lettura (nomino di nuovo l’avventura di Jake nella casa stregata perché sul serio mi è rimasto impresso). Se fosse scritto tutto a quei livelli sarebbe davvero un gran libro, anche superiore a La chiamata dei tre.

Ci sono poi alcuni pezzi che non risultano senza arte né parte e neppure risultano coinvolgenti, e altri che sono semplicemente trash, tipo la lotta tra Susannah (per l’occasione tramutata di nuovo in Detta Stinti-cazzuti-vi-mangerò-le-palle Walker) e il demone. Che di per sé è ben scritto, se non fosse che più che un romanzo di Stephen King sembra la sceneggiatura di un film porno di bassa lega. Ora, nessuno vieta a Stephen King di far sì che il sesso sia l’unico modo per combattere i demoni, ma sinceramente io i dialoghi di Odetta li ho trovati ridicoli. Non fosse per i dialoghi trash, come dicevo prima, non avrei nulla da dire, perché la scrittura per il resto è davvero efficace. Ma proprio per questo mi lamento: perché questa differenza crea uno stridore che dà fastidio.

E se non vi vanno gli indovinelli,
una partita a carte!
Un’ultima nota sul il finale, con l’apparizione di Blaine il Mono, che sarebbe un po’ un tentativo di rinnovare (senza perdere tensione, del resto parliamo di Stephen King) il cliché del fantasy da Gollum in poi della gara di indovinelli. Che dire, ho apprezzato, come ho apprezzato il fatto che Blaine abbia una caratterizzazione. E forse questo è l’unico punto che davvero suona inaspettato in una trama che fino ad ora è proseguita senza particolari colpi di scena.

E ora permettetemi un’altra breve considerazione sul finale, questa volta sotto spoiler.

[SPOILER]Ho sentito spesso persone lamentarsi del finale del libro troncato a metà di netto. Non è un’interruzione da poco: si decide di cominciare una gara di indovinelli contro Blaine e toh, il libro finisce, ci vediamo alla prossima. In realtà questo aspetto a me non ha dato fastidio per niente, anzi, ho apprezzato una scelta così coraggiosa. Forse è stato perché avevo già il seguito, La sfera del buio, pronto sulla scrivania. Ma ho apprezzato. Mi distacco quindi decisamente da quanti critichino il brusco taglio alla narrazione provocato da questo finale improvviso. [SPOILER]

Ah, quasi dimenticavo: in questo libro viene per la prima volta introdotto il concetto di Ka-tet come unione di ka, di destini. Roland, Jake, Eddie, Susannah e Oy sono Ka-tet, sono uno di tanti. Sono persone che condividono il proprio futuro a un livello più profondo di una semplice comunanza di obiettivi. Sono cinque che proseguono con un cuore solo, una mente sola, una volontà sola. Potrebbe sembrare una fonte di scelte narrative facili. In realtà non è così, e lo si vedrà bene anche e specialmente nei libri successivi.

IN CONCLUSIONE


Terre desolate è un libro che non fa né caldo né freddo. Che offre esempi di ottima narrativa ma anche cadute di stile considerevoli. Che presenta personaggi ben caratterizzati ma anche Tick-Tock. Che alla fine lascia un senso di insoddisfazione, nonostante abbia pure degli aspetti positivi. In breve, non pessimo, ma neppure buono. Passabile, se vogliamo, ma nel senso di passarlo velocemente per leggere il successivo. Se letto in poco tempo forse rende meglio, io ho impiegato due settimane. Forse se letto in cinque o sei giorni si sente meno lo scarso coinvolgimento della trama. Probabilmente non lo saprò mai.

VOTO:




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