Ho concluso
la recensione di Prima Fondazione
dicendo in buona sostanza che il libro era molto meh ma valeva la pena leggerlo
per capire i successivi. In realtà a pensarci bene non è neppure vero questo,
perché, essendo che la Trilogia della
Fondazione ricopre un arco di centinaia di anni le storie che raccontano i
primi due libri sono abbastanza indipendenti. Sì, certo, c’è la figura di Hari
Seldon che le attraversa tutte ed è fondamentale, ma a parte quello non c’è
molto altro che le leghi, tranne ovviamente l’ambientazione. Quindi la conclusione è che
secondo me Prima Fondazione va letto
più che altro per completezza, perché se si chiama trilogia un motivo c’è e ha
poco senso saltare un libro. Se invece della completezza e della coerenza (e
anche della volontà dell’autore, visto che se lui ha deciso che quello fosse il
primo libro lo ha fatto con una ragione precisa) ve ne fregate e vi interessa
soltanto la bella letteratura potete cominciare dal secondo. Scelta che
personalmente non consiglio. Ma insomma, a decidere siete voi, io sono qua
soltanto per dirvi se secondo me il libro valga o non valga la pena essere
letto.
Sul primo
libro della trilogia ho espresso dei dubbi. Ora siamo qui a parlare del
secondo. Immergiamoci quindi di nuovo nel nostro universo tra migliaia di anni
a seguire ancora le vicende della Prima Fondazione creata da Hari Seldon.
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Autore Isaac
Asimov
Anno: 1952
Editore: Mondadori
Pagine: 204
TRAMA
Lo scorso
volume era suddiviso in cinque parti, nelle quali seguivamo cinque trame
diverse. Questa volta le parti sono solo due, e come l’altra volta hanno due
protagonisti diversi. Come dice il titolo, le vicende si concentrano sugli
incontri e gli scontri tra la Fondazione e l’Impero Galattico ormai in
decadenza.
La prima
parte segue le mire del generale dell’Impero Bel Riose, il quale vuole
estendere il potere dell’Impero. È un giovane potente che ancora coltiva il
sogno di rendere l’impero forte e imponente. Dopo aver sentito parlare
dell’esistenza di alcuni maghi, si reca sul pianeta Siwenna dove prende
contatti con un nobile decaduto, dal quale viene a conoscenza dell’esistenza
della Fondazione. Cercherà dunque di conquistarla, per allargare il potere
dell’Impero, e impedire che la Fondazione acquisisca potere a sua volta.
La seconda
parte si svolge ottant’anni dopo, e ha come protagonista due giovani sposi,
Bayta e Toran, i quali si trovano nel mezzo di un grande sconvolgimento: una
figura misteriosa dal passato sconosciuto, soprannominato il Mule, ha preso il
potere per mano dell’Impero su Kalgan. Toran e Bayta cercheranno, per conto dei
Mercanti, che ormai hanno assunto un ruolo indipendente dalla Fondazione, di
scoprire l’identità del Mule. Questo obiettivo li porterà a viaggiare fino a
Kalgan e anche oltre, fino a tentare di indagare sulla misteriosa Seconda
Fondazione, nominata da Hari Seldon durante una delle sue apparizioni nella
Volta del Tempo.
La Bayta del nonno di Heidi. |
LA MIA OPINIONE
Non avevo
nascosto quello che penso su questo libro già nella recensione del precedente
romanzo. Qui però serve sicuramente un approfondimento maggiore. Soffermiamoci
dunque a stabilire perché Fondazione e
Impero sia un romanzo migliore di Prima
Fondazione e anche di per sé un ottimo libro.
Ricordate
che la prima obiezione che muovevo a Prima
Fondazione era che la trama era troppo episodica? Ecco, non posso certo
lamentarmi in questo caso. Come dicevo prima, le sottotrame sviluppate qui sono
due, ovvero meno della metà di quelle dell’altro romanzo, e questo non può che
giovare alla fruizione del plot da parte del lettore. Finalmente diventa
possibile simpatizzare con le vicende e con i protagonisti, e finalmente Asimov
ha tempo di caratterizzarli a dovere, e quindi anche di differenziarli un po’.
Nella prima
parte a dominare la scena è il generale Bel Riose. Anche se poi per una buona
fetta della narrazione sparisce, è sicuramente la personalità dominante. E
anche l’unica riuscita veramente bene, in realtà, visto che gli altri due
protagonisti, Onum Barr e Lathan Devers, non hanno né lo stesso carisma né lo
stesso approfondimento psicologico, mentre Bel Riose appare caratterizzato in modo accurato
fin dall’inizio. Non solo, i punti a lui dedicati si leggono molto meglio di
quelli dedicati Barr e Devers. Perché appunto, Riose è davvero in grado di
attirare l’attenzione su di sé, di reggere il peso di una storia. Non è uno dei
miei personaggi preferiti a dir la verità, ma non posso negare che sia meglio
costruito degli altri due. E appunto per questo le parti che lo vedono
protagonista sono piacevoli da leggere.
Ma la vera
botta di vita in fatto di personaggi arriva nella seconda parte. Per Bayta e
Toran si può fare un discorso simile a quello che riguarda Bel Riose: bei
personaggi, ben strutturati, non banali né asettici, sono in grado di portare
il lettore a simpatizzare con loro e di sostenere il peso di una storia. Il
personaggio che però riesce a dare una svolta alla storia è il Mule.
L'ultimo ruolo del Mule al cinema. |
Il Mule
appare relativamente tardi (in realtà non è proprio così, ma preferisco non
dire altro per non fare spoiler), eppure riesce a rimanere impresso come se lo
si conoscesse dalla prima pagina. È un personaggio che non ci si aspetta, non
perché sia particolarmente originale, ma perché riesce a portare la trama su
binari che non avrei mai detto che avrebbe preso. È ben caratterizzato, davvero
bene, ben costruito e ben approfondito. Il suo passato non è nulla di nuovo
sotto il sole, ma contribuisce in modo coerente a renderlo quello che è quando
appare nel romanzo. È un personaggio astuto e calcolatore, ma in grado di
svelare un lato umano di sé particolarmente sensibile e toccante, e soffermarsi
su questo è inusuale per Asimov, di solito impegnato a badare alle strategie e
agli aspetti per così dire tattici della trama, e per questo non
posso negare di averlo apprezzato davvero molto. Alla fine del romanzo provavo
un moto di simpatia e tenerezza verso il Mule, desideravo sinceramente per lui
una vita diversa, una vita che potesse offrirgli dolcezza e serenità, amore e
comprensione. Anche ora che ho concluso la lettura diverso tempo fa il Mule
resta ancora vivo nella mia mente e nel mio immaginario. E non ne uscirà tanto
facilmente! Quindi sì, il Mule è stato eletto all’unanimità miglior personaggio
della Trilogia.
Se il Mule è
questo gran personaggio, anche i personaggi secondari si difendono davvero
bene. Ebling Miss è caratterizzato a sufficienza, e ancora di più lo è Han
Pritcher, e il nuovo sindaco della Fondazione Indbur. Insomma, non
ci si può lamentare, anzi, Asimov merita i complimenti per il lavoro che ha
fatto in questo libro nella cura dei personaggi! È sicuramente migliore di
quello del libro precedente ed è ottimo anche considerato in sé stesso.
A un
miglioramento della costruzione dei personaggi si accompagna una migliore
costruzione della trama. Come dicevo all’inizio, è finalmente possibile
simpatizzare con i personaggi perché le sottotrame che compongono il romanzo
non sono brevi ed episodiche ma ampie e ben svolte. L’abilità di Asimov che ho
lodato nella precedente recensione qui rimane invariata e si esprime finalmente
al meglio, come non avveniva in Prima
Fondazione. Seguire gli snodi del plot è un piacere, suscita davvero
interesse in chi legge. Tra le altre cose, Asimov è particolarmente diretto e
va dritto al punto, non si perde mai in dettagli inutili e non spende quasi mai
più parole di quante ne servano, quindi la trama scorre serrata e incalzante.
"Compari, drago Shenron!" |
Con il fatto
che le due parti del libro sono sviluppate e non trascurate o scritte
affrettatamente Asimov trova anche il tempo di inserire diverse sottotrame, che
vanno poi a intrecciarsi con la trama principale. L’ho trovata una scelta
azzeccata: oltre ad arricchire la storia raccontata con ulteriori dettagli,
permette di approfondire dei personaggi che altrimenti sarebbero rimasti in
secondo piano, come il generale Han Pritcher. Inoltre non annoiano per nulla,
né sono utilizzate come modo becero per sospendere la narrazione della trama
principale e quindi generare tensione facile.
La seconda
parte inserisce, come dicevo all’inizio, il mistero della Seconda Fondazione,
che risulta davvero interessante per chi legge. Le ultime pagine, che sono
basate principalmente sulle indagini su questa fantomatica Fondazione, sono una
sequela di eventi inaspettati che cambiano le carte in tavola. Si seguono con
foga e trepidazione, in attesa che venga svelato il segreto principale del
romanzo e della saga, il segreto che ha stupito i personaggi che ne sono venuti
a conoscenza. Quindi il fatto che non si sappia dove si trovi la Seconda
Fondazione e quale sia la sua natura è un’ottima idea e molto ben gestita, che
fornisce al lettore quella dose di mistero che non viene del tutto rivelata e
che quindi mantiene vivo l’interesse per il romanzo successivo e
contemporaneamente mette carne al fuoco per il climax finale.
Isaac Asimov e Paolo Villaggio in un noto locale per scrittori di fantascienza. |
Nella
precedente recensione dicevo che la fantascienza di Asimov si distacca
dall’idea comune di fantascienza in quanto si tiene distante dagli stereotipi
del genere (tipo gli alieni), che per altro all’epoca in cui è stata scritta
ancora tali non erano, e quindi Asimov non avrebbe avuto motivo di
allontanarsene se non per una scelta di gusti suoi personali. Fermo restando
questo, in questa secondo romanzo qualche elemento fuori dalla norma comincia a
comparire. Non faccio spoiler, ma comunque lo spirito generale della trilogia
non viene rotto: partiva per essere qualcosa che si basasse su elementi
fondamentalmente realistici stando lontano dagli aspetti più fantasiosi della
fantascienza e continua così, e anche quando si mette a parlare di creature che
non sono umani, o almeno non del tutto, li tratta con cautela, distacco, e
comunque li inserisce solo quando è strettamente necessario. Perciò questo
tocco di fantasia risulta ancora più apprezzabile, proprio perché centellinato
con attenzione.
La scrittura
è sempre buona, e in diversi punti diventa eccellente. Un esempio su tutti, la
scena in cui il buffone del Mule, Magnifico, suona il visisonor, uno strumento
particolare che in pratica genera immagini in base ai suoni che produce. In
questo passo Asimov descrive in maniera precisa, efficace e anche lirica il
susseguirsi delle immagini, il loro trasformarsi ciascuna in un’altra. Il
lettore si trova di fronte a una parata di colori, linee e forme che brillano
ai suoi occhi come fuochi d’artificio. Questo è già notevole di per sé, visto
che una sequenza di questa intensità è qualcosa per cui molti scrittori
venderebbero la mamma, ma diventa ancora più interessante se si pensa che lo
stile di Asimov è di solito essenziale, asciutto e abbastanza asettico, riesce
a conquistare con il fatto che alterna un ritmo pacato con uno più incalzante
ma sicuramente si tiene lontano dal cercare di essere poetico o emotivo.
Sicuramente queste caratteristiche non sono nelle corde di Asimov, e perciò
stupisce che quando le inserisce non stonano ma anzi, appunto risultano molto
efficaci. Tanto di cappello ad Asimov!
IN CONCLUSIONE
Le due parti
di cui è composto Fondazione e Impero
si compensano abbastanza tra di loro: la prima è così così, non al livello
della quarta parte di Prima Fondazione
ma comunque sospesa nel limbo della mediocrità, la seconda parte è
straordinaria, complice una scrittura efficace e in certi punti anche molto
ispirata e un cast di personaggi davvero ben costruiti, realistici e
psicologicamente approfonditi. Il romanzo coinvolge chi legge grazie alla trama
e ai misteri che mette in campo senza rivelare, con una sapiente gestione delle
informazioni da fornire al lettore e dei ritmi narrativi. Consiglio vivamente
la lettura, vi troverete catapultati in un mondo affascinante di intrighi e
personaggi che diventeranno vostri compagni, un mondo che vi si dipanerà
davanti agli occhi con la spettacolarità di un immenso cielo stellato.
VOTO:
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