Parlare di
classici di un genere è come entrare in un campo minato presieduto da cecchini
mentre si è inseguiti da kamikaze inferociti e sotto un bombardamento
aereo. Il mondo è pieno di fan boy dal
cervello ammaccato pronti a tutto per difendere la Loro Sacra Opera Preferita
dalle grinfie degli ignoranti infedeli. E ci sono poche opere che possono
vantare la popolarità e l’autorevolezza in quanto pilastro di un genere che ha
Dragon Ball nel panorama dei manga in generale e degli shonen in particolare.
Io, naturalmente, ho intenzione di parlare proprio di Dragon Ball, il che
significa praticamente che mi voglio scavare la fossa da solo.
"NON TOCCATEMI DRAGONBALL!" |
Mi è
capitato recentemente di rileggere alcuni shonen, e questo mi ha fatto pensare.Tutti in un modo nell’altro si rifacevano a Dragon Ball, che
lo avevano come modello, per seguirlo o per prenderne le distanze. E così ho
cominciato a riflettere su come Dragon Ball abbia trasformato e canonizzato lo
shonen moderno, e quanto valore ancora adesso possa avere questo canone. Del
resto, quanti blogger sentite su internet berciare contro il fantasy di stampo
tolkieniano perché ormai ha detto tutto quello che ha da dire e gli elfi hanno
stufato? Ecco, qui mi voglio porre in un’ottica simile. Quanto di buono c’è
ancora nel modello di Dragon Ball e quanto invece è diventato stantio?
Tra l’altro, piccola nota a margine, gli
shonen di cui parlavo prima sono stati tutti scritti in periodi diversi, che
vanno dai primi anni ’90 al 2010, quindi mi hanno permesso di osservare bene
come in momenti diversi Dragon Ball fosse utilizzato in modo
diverso. Ah, naturalmente prima di mettermi a scrivere mi sono riletto anche
Dragon Ball, quindi posso parlare con la mente fresca e il ricordo ancora ben
chiaro.
Partiamo con
il dire che Dragon Ball non è l’unico manga ad aver avuto una grande influenza
su una fetta non indifferente delle storie che lo hanno seguito. Può fregiarsi
di questo merito anche, ad esempio, Le bizzarre avventure di Jojo (che a sua
volta, almeno nelle prime serie, si rifà ad altri pilastri come Ken il
guerriero). L’influenza di Dragon Ball è a parer mio decisamente maggiore e
decisamente più evidente, perché Jojo è stato un’ispirazione per molti aspetti
“tecnici”, per usare il termine più adatto che mi viene in mente. Per esempio,
molti dei poteri speciali che appaiono negli shonen di oggi prendono spunto in
maniera più o meno evidente e più o meno massiccia proprio da Jojo, e lo stesso
discorso si può fare per il modo in cui sono strutturate le battaglie. Jojo
conserva però molti elementi unici che non sono stati imitati o comunque non in
maniera massiccia, come lo stile di disegno dei personaggi, le situazioni assurde
o surreali, il trash che permea la trama, e quant’altro. Dragon Ball invece non
può vantare un’individualità di questo tipo, perché è stato modello per molti
più elementi, che vanno dalle situazioni alle scelte narrative, dalla lunghezza
dei manga alla struttura stessa delle trame.
Le bizzarre avventure di Jojo: la sobrietà fatta manga. |
Ad esempio,
è ormai un dato di fatto che un gran numero di shonen, in particolari quelli
dedicati in vario modo ai combattimenti, hanno una durata molto ampia. Quante
volte gli autori vengono accusati di allungare il brodo, oppure di continuare a
parlare quando non hanno nulla da dire? A me è successo spesso di pensare che
l’autore poteva risolvere velocemente una determinata situazione e invece la
allunga con problemi inutili per tirare avanti per più volumetti (in questo
momento sto pensando a Toriko, in cui a un certo punto la trama principale
viene tralasciata in favore di vari filler perché boh, evidentemente
Shimabukuro voleva arrivare oltre i 30 volumi a tutti i costi). Questo fatto,
io credo, è dovuto (anche se naturalmente non del tutto, ci sono fattori anche
economici o relativi alla volontà degli editori) a una volontà di somiglianza
con Dragon Ball, che prosegue per più di 40 volumi. Lo shonen di combattimento
è automaticamente lungo, non può concludersi in poco tempo. Un po’ come per i
libri fantasy (faccio di nuovo il paragone con Tolkien perché viene comodo)
spopolano e hanno spopolato le trilogie, e se non scrivi almeno una trilogia
non sei nessuno. Questo formato per quanto mi riguarda provoca diversi problemi,
e il principale lo citavo prima, ovvero l’allungamento del brodo in modo
spropositato. Così come nelle trilogie che sono trilogie non perché c’è molto
da raccontare ma perché un fantasy o è una trilogia o niente spesso il secondo
libro è più un raccordo tra gli eventi importanti del primo e quelli del terzo,
così anche negli shonen lunghi perché se no non è uno shonen i volumi centrali
di frequente sono i meno densi di eventi e i più noiosi da leggere. Se devo
prendere un esempio di manga esteso a dismisura a causa dell’equazione
shonen = lungherrimo posso citare Fairy Tail, anche se è un caso particolare
perché fin dall’inizio aveva poco da dire, quindi a parlare del nulla ci
sarebbe arrivato comunque, con o senza brodo allungato.
La trama di Fairy Tail. |
Come dicevo
prima però l’influenza di Dragon Ball ha riguardato molti elementi. Ci sono
alcune scene che compaiono in Dragon Ball e che sono state riproposte in
maniera massiccia negli shonen successivi, magari con cambiamenti anche ampi,
ma conservando una struttura di base simile. Ho deciso di esaminarne qualcuna.
C’è sempre
un momento in cui i protagonisti arrivano allo scontro finale con il cattivo.
Qui accade non dico ogni volta ma molto spesso che il combattimento sia uno
contro uno. Che è una cosa idiota. La posta in palio è altissima e basta una
scusa qualsiasi come “è il suo combattimento” che tutti i protagonisti si fanno
da parte per lasciare che a combattere sia una persona sola. Della serie, se
combattessimo tutti insieme vincere sarebbe decisamente più semplice, ma ne va
soltanto della salvezza della Terra, che sarà mai, lasciamolo fare
tranquillamente. Verrebbe quasi da rimpiangere che il nostro pianeta sia
protetto da gente così! Bleach è l’esempio più palese di questo, non c’è una
volta in cui tutti si alleino contro il nemico, bisogna sempre lasciare che sia
Ichigo da solo a salvare la giornata. Del resto è il protagonista, deve avere
qualche privilegio!
Ora, in
Dragon Ball questo succede a ogni combattimento. Non riesco a ricordare una
battaglia in cui si combatta due o più contro uno, a parte forse due o tre. Lì
però ha un senso: i personaggi hanno tutti un orgoglio e un’etica molto forti.
Per un sayan combattere con un alleato contro un avversario solo è un disonore
perché porta a una vittoria semplice. Preferirebbe perdere piuttosto che
vincere senza che il suo avversario abbia potuto mostrare le proprie capacità.
Non posso dire che sia una cosa intelligente ma è coerente quindi la rispetto e
sono disposto a simpatizzare con personaggi del genere e a seguire le loro
vicende. Ma negli altri manga è difficile trovare delle motivazioni così valide
per questa scelta, molto spesso si fa semplicemente perché appunto è uno shonen
e da che mondo è mondo negli shonen si combatte uno contro uno. Va bé, contenti
gli autori e chi li legge contenti tutti, verrebbe da dire.
L’altra
scena ormai canonica è l’incontro con il maestro. Ci sarà sempre un momento in
cui i protagonisti andranno ad allenarsi e diventeranno allievi di un maestro, oppure
conosceranno un vecchio molto più forte di loro che ha una missione per loro o
roba simile, e il più delle volte costui ama le forme delle ragazze molto più
giovani di lui. A fare scuola qui è il maestro Muten, seguito a ruota da
Kaioshin il Sommo, che è la più grande autorità della galassia ma capitola di
fronte alla promessa della foto di una donna nuda.
Il mondo è sotto la custodia di costui. |
A proposito di questo gli esempi si sprecano,
mi limiterò a citare Jiraya di Naruto e, per fare un esempio di qualcuno meno
conosciuto, Kagetora Hyodo di Psyren. Ora, questo è un cliché che io trovo
particolarmente fastidioso (è un modo idiota di caratterizzare un personaggio)
e in effetti pare che anche i mangaka se ne stiano stufando. Infatti, ci sono
molti esempi di maestro che però presenta una caratteristica che lo identifica
subito che non sia l’essere un pervertito. È una variazione del tema che fa
piacere. Potrei citare Kakashi, che ha sempre dietro il suo libro, oppure
Biscuit di Hunter x Hunter, che invece è avida e capricciosa. Insomma, la
figura del maestro resta sempre caratterizzata con una qualità strana o non
piacevole ma sempre diversa e che non riguarda le sue pulsioni sessuali.
Invece, se volete l’esempio di una ripresa dell’incontro con il maestro
talmente pedissequa da essere fastidiosa potete leggere 666 satan, in cui la
scena dell’arrivo a casa di Kirin è identica all’arrivo sul pianeta di Re Kaio
(con tanto di scena in cui l’animaletto di Kirin viene scambiato per lui
stesso, come succede a Goku, che scambia Bubbles per Re Kaioh).
L’influenza
di Dragon Ball è stata grande anche nell’’ambito della creazione dei personaggi,
in primo luogo per quanto riguarda i protagonisti. Goku è estroverso,
scatenato, simpatico, ha una grossa fiducia nelle altre persone, è abbastanza
testardo e mangia per venti persone. Ecco, in quasi tutti gli shonen più famosi
sono state riprese queste caratteristiche per l’ideazione del protagonista. In
molti casi gli autori hanno fatto un discreto lavoro sul modello proponendo
delle variazioni di rilevante efficacia, ma comunque la partenza è la stessa
per quasi tutti. Si possono fare moltissimi nomi famosi, Toriko e Rufy, per
esempio, e anche qualche nome un po’ meno famoso, come Ageha di Psyren. Perfino
Hunter x Hunter, che tende di solito a distaccarsi dagli stereotipi più comuni,
ha un protagonista che rispecchia in maniera molto fedele questo modello.
Anche Vegeta
costituisce un paradigma di personaggio, anche se in modo più velato e meno
evidente di Goku. Rappresenta il personaggio freddo, scontroso e affatto
incline a qualunque manifestazione di affetto, orgoglioso e solitario. È
innegabile che l’ispirazione di Kishimoto per Sauke derivi proprio da qui. In Yu
degli spettri il modello di Vegeta è seguito in modo fin troppo preciso nella
creazione del personaggio di Hiei, che gli somiglia non solo nel carattere ma
anche nell’aspetto fisico, e questo rende particolarmente difficile prenderlo
sul serio, visto che il primo pensiero che viene è di stare leggendo della
brutta copia di Vegeta.
A destra Vegeta, a sinistra |
La stessa
idea di onda energetica, da intendere come nel manga e non come nell’anime,
quindi come “raggio di luce che viene emesso dal corpo”, che è centrale in
moltissimi shonen, viene da Dragon Ball. Senza questo concetto la maggior parte
delle serie che conosciamo sarebbero diverse in maniera radicale. Certo, poi
nel corso degli anni sono stati trovati altri modi più complicati per creare i
poteri dei personaggi (basti pensare agli o-part di 666 satan, per esempio), e
ci si è distaccati dalla semplice onda energetica. Tuttavia il modello rimane
presente e riappare con costanza: Hunter x Hunter, che ha un sistema di poteri
elaborato e complesso, fonda tutto su dell’energia emessa dal corpo sotto forma
di luce. In sostanza, il paradigma dell’onda energetica è stato ormai
modificato e migliorato fino a diventare qualcosa di molto diverso e più
versatile e fantasioso di quello che era all’inizio.
Da quello
che ho elencato finora emerge che il modello di Dragon Ball, dove è stato
seguito in modo pedissequo, risulta stantio e già visto, e anzi, ha peggiorato
molto spesso certi aspetti che potevano non essere malvagi. La logica
conseguenza è che quindi di per sé Dragon Ball abbia ben poco ormai da offrire
che possa risultare piacevole o originale. La realtà è a parer mio un po’
diversa, e una rilettura completa di Dragon Ball me lo ha confermato.
È vero che
ormai l’originalità non la fa da padrona, e che la trama molto spesso tira
avanti in virtù di coincidenze o deus ex machina, è vero che i combattimenti
sono semplici (la strategia quasi è assente) ed è vero che i personaggi
pervertiti stufano presto. Ma è vero anche che Dragon Ball presenta una sua
freschezza. È una lettura agile, che scorre senza neanche accorgersene e tiene lontana la noia. La sceneggiatura è molto spesso buona (nella saga di Majin Bu cambia
radicalmente e perde molto a mio avviso) e quindi riesce a dare la giusta dose
di coinvolgimento, specie nei combattimenti, che, pur non essendo nulla di che
molto spesso da un punto di vista oggettivo, conquistano facilmente e sono dei
page-turner pazzeschi. Inoltre mi sono convinto che il vero talento di Toriyama
sia scrivere manga comici, perché i momenti di questo genere in Dragon Ball
sono quasi sempre molto divertenti. Insomma, se Dragon Ball ha molti aspetti
che rientrano a pieno titolo nel già visto, ha una propria linfa vitale,
alimentata da una ventata di fresca genuinità, un forte coinvolgimento, un
umorismo da spanciarsi anche nelle situazioni più serie e una trama che caccia
i personaggi sempre nella situazione peggiore possibile (ok, molto spesso
intervengono deus ex machina e cose simili a tirarli fuori dai guai, ma va bé). Insomma, Dragon Ball è
la prova che è il talento del mangaka che rende ottimo un fumetto, e non le
qualità intrinseche che questo possiede: ci sono storie con molti più pregi e
molta più originalità che però non riescono a conquistare allo stesso modo.
Akira Toriyama minaccia i suoi fan con una penna. |
Quindi, per
tirare le fila del tutto, il modello di Dragon Ball è ancora valido? Sì, se non
viene riproposto pari pari, altrimenti rischia davvero di rovinare una storia.
Se viene modificato, migliorato o reimpostato in base alle necessità, ai gusti
e a quello che sente l’autore (e del resto è in parte già successo, come
mostravo prima) allora può offrire nuovi spunti per creare qualcosa di
interessante. Che poi quello che sto dicendo non è nulla di nuovo sotto il
sole, visto che da che mondo e mondo qualunque modello per risultare efficace
deve essere interpretato e non seguito in modo preciso. La pensavano così già
gli antichi (chiedete a Quintiliano che cosa sia l’aemulatio), e direi che
probabilmente avevano ragione.
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