Che Hunter x Hunter mi piaccia penso non
sia un mistero per nessuno. Voglio dire, basta guardare il metodo che uso per
dare i voti ai manga per accorgersene. Se ho deciso di parlarne è perché non
può mancare su questi schermi la recensione di quello che è a tutti gli effetti
il mio manga preferito, la ragione, potremmo dire, che mi ha spinto a leggere
manga. Se nel lontano settembre 2007, in vacanza al mare, mia mamma non avesse
comprato il volume 18 di Hunter x Hunter per farmi una sorpresa (all’epoca
guardavo l’anime su Italia 1), probabilmente ora la sezione manga di questo
blog non sarebbe aperta. Quindi questa recensione non vi dirà molto di più
sulle mie opinioni di quanto già non sappiate, ma vuole essere un tributo a un
manga straordinario. E una viva esortazione a leggerlo.
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Autore: Yoshihiro Togashi
Anno: 1998
Volumi: 33 (in prosecuzione quando a
Togashi viene voglia di lavorare)
Editore: Planet Manga
TRAMA
Gon è un ragazzino che vive con sua zia
sull’Isola Balena. Non ha mai conosciuto suo padre Jin, che lo ha abbandonato
in fasce per continuare a svolgere il suo mestiere, l’hunter/cacciatore, un
lavoro assai ambito che, in parole povere, consiste nell’occuparsi delle
questioni più disparate (ecologia, archeologia, cattura dei criminali, scienza,
biologia, e quant’altro) ma in modo avventuroso e spesso anche pericoloso: i cacciatori
non sono studiosi quanto piuttosto ricercatori sul campo, avventurieri sempre
in cerca di nuove scoperte e nuove conoscenze nel loro ambito lavorativo. Il
padre di Gon è uno dei più grandi cacciatori del mondo, ed è per conoscerlo che Gon decide di sostenere
l’esame per diventare cacciatore a sua volta. Lungo la strada verso il luogo
dell’esame conosce Leolio, all’apparenza superficiale e orgoglioso che vuole
essere hunter solo per soldi, Kurapika, freddo e calcolatore che vuole
diventare hunter per vendicare lo sterminio del suo clan, e soprattutto Killua,
un ragazzino della stessa età di Gon che
nasconde più di un segreto sul suo passato.
L’esame da cacciatore è solo il primo
passo che conduce Gon sulle tracce di suo padre, ma è qui che il ragazzino fa
la conoscenza di alcune persone che sarà destinato a incontrare di nuovo: oltre
al presidente degli hunter Netero, lo spietato e sadico Hisoka.
Hisoka che corre al pc a leggere la recensione. |
LA MIA OPINIONE
Sono quasi certo di poter indovinare quello che avete pensato leggendo la trama. È banale. Questo vi siete detti. Non ve ne faccio una colpa. Succede a tutti. Perché è la verità, le premesse sono quanto di più banale io riesca a pensare. È quello che viene dopo che rompe gli schemi.
Hunter x Hunter si distingue dalla
maggior parte degli shonen di combattimento per tutta una serie di
caratteristiche. Intanto è vero, si combatte ma relativamente poco.
Quest’aspetto non è preponderante come in molti altri shonen di successo, in
cui i combattimenti sono uno strumento fondamentale per permettere alla trama
di proseguire, dove non costituiscono addirittura la trama stessa. In questo
momento sto pensando a Le bizzarre avventure di Jojo, ma in realtà ce ne sono
molti altri di questo genere. Bé, Hunter x Hunter si distacca da questo
modello, e si sviluppa intorno a una trama complessa che accoglie anche delle
situazioni tipiche dei thriller: abbiamo i pedinamenti, la consegna degli
ostaggi, le trattative con il nemico, ma anche le prove psicologiche, gli
agguati, i personaggi che si infiltrano nel covo del nemico, e quant’altro. La
tensione diventa in questi momenti palpabile, fuoriesce dalla pagina e
conquista il lettore. Quando ci sono combattimenti, sono più che altro l’esito
della situazione, il momento culminante di una vicenda che non può che
concludersi così. In Hunter x Hunter non capita quindi sempre che qualunque
situazione si risolva a mazzate, ma spesso le cose prendono direzioni più
complesse. Senza contare che Togashi respinge quel modulo tipico dello shonen
(di cui ho parlato anche nel post di qualche tempo fa) che prevede che i combattimenti siano tutti uno contro uno,
anzi, capita spesso che un personaggio solo si ritrovi ad affrontare più di un
avversario contemporaneamente. Quando ci sono i combattimenti uno contro uno,
questa situazione riceve una spiegazione realistica e sensata, che di solito è
che separare degli alleati rende la vittoria più facile che se si combattesse
in gruppo, e non “questo è il suo combattimento”, come invece succede sempre,
per esempio, in Bleach.
In secondo luogo, i personaggi hanno una
psicologia complessa e approfondita. Scordatevi le macchiette alla Hiro Mashima
o i classi personaggetti da shonen senza infamia e senza lode. In Hunter x
Hunter ognuno ha la propria personalità, e molti subiscono una crescita non
indifferente nel corso della storia. Posso citare molti esempi ma quello più
convincente è Killua, che, se all’inizio pare molto sicuro di sé, si rivela
invece come uno dei personaggi più fragili della storia, ed è costretto a prendere
tutta una serie di mazzate dalla vita prima di riuscire a tirare fuori la
grinta e a smettere di fuggire di fronte alle difficoltà.
Non fidatevi di Hisoka se vi chiede una mano.. |
I rapporti tra i personaggi sono descritti in modo magnifico. L’amicizia tra Gon e Killua è sincera e sfaccettata, è un’amicizia vera, reale, una di quelle che potremmo vedere nella vita di tutti i giorni. Un’amicizia non priva di ombre come si scoprirà con il procedere della storia, ma che comunque riesce a mantenersi salda e alla fine diventa occasione di crescita per entrambi. Se all’inizio, come Gon stesso ammette, lui è quello impulsivo mentre Killua quello con la testa sulle spalle, presto le cose non si riveleranno così bianche e nere e sarà proprio questa un ottimo momento per tutti e due per riparare a certi propri difetti.
Mano a mano che la storia prosegue il
numero di personaggi aumenta in modo esponenziale, e Togashi riesce a renderli
tutti ben caratterizzati. Sono veramente pochi i personaggi privi di
personalità e piatti come una sagoma di cartone, i più sono davvero ben fatti.
Anche quando Togashi introduce tanti personaggi in un colpo solo poi si prende
la briga di soffermarsi su ciascuno di loro e descrivere bene il suo carattere.
Ne sono un esempio le formichimere, che, nonostante siano davvero molte e siano
pure dei nemici, quindi un qualunque altro autore di shonen non avrebbe esitato
a caratterizzarli in modo stereotipato e sbrigativo, hanno invece personalità
sfaccettate e a volte anche non scontate.
Già che ci siamo dico due parole sugli
antagonisti. Una delle cose ottime di Hunter x Hunter è che gli antagonisti non
sono cattivi cattivoni che vogliono conquistare il mondo perché sì, né persone
pronte a farsi le scarpe l’uno con l’altro, o esseri crudeli che uccidono i
loro compagni come mosche e poi sghignazzano davanti ai loro cadaveri.
Prendiamo ad esempio la Brigata Fantasma. I membri della Brigata sono uniti da
un legame solido e sincero, sono tra di loro amici, non semplicemente compagni.
Non sono cattivi in assoluto, anzi, viene spesso mostrato il loro lato umano e
solidale. Con questo non intendo dire che viene mostrata la loro triste storia
che li ha resi cattivi, perché questo, oltre che essere di suo qualcosa di già
visto, servirebbe ad attirare la pietà dei lettori ma li dipingerebbe come
cattivi. I membri della Brigata invece piangono per i propri compagni, scendono
a patti con i nemici per loro, scherzano, si prendono in giro, sono leali e
fedeli. Questi loro sentimenti sono descritti così, come vengono descritti
quelli dei protagonisti. Un personaggio come Pakunoda è di gran lunga più umano
e di animo gentile di Kurapika, che è uno dei protagonisti eppure è peggiore di
lei. E questo avviene in modo naturale, non c’è un’enfatizzazione da parte di
Togashi del capovolgimento dei ruoli, non c’è bisogno di sottolineare questa
differenza (come invece avverrà nella saga delle formichimere, ma questo per
altri motivi). Sia Kurapika che Pakunoda sono persone, e in quanto tali nessuno
di loro due è perfetto, e soprattutto non è scritto da nessuna parte che
Kurapika debba essere migliore solo perché è un protagonista.
Hisoka mentre lancia iper raggio. |
Come logica conseguenza di quello che ho appena detto, bene e male non hanno un confine netto e definito. I protagonisti non agiscono nel giusto necessariamente, e nella saga delle formichimere, quando a venire protetto è l’interesse di un paese invece che quello del gruppetto di Gon e compagni, questo diventa chiaro. La figura del Re delle formichimere ha questo come solo scopo, capovolgere del tutto la figura del nemico malvagio che vuole conquistare tutto, trasformandola in quella di un sovrano illuminato, che si trova a scontrarsi contro i protagonisti che, volendo mantenere l’ordine costituito, di fatto rinunciano a intervenire sulle contraddizioni e le ingiustizie della società. L’uomo è malvagio e questa malvagità risiede in lui naturalmente è la banale conclusione, ma non è banale il suo raggiungimento, il modo in cui viene presentata e l’operazione che viene effettuata attraverso i personaggi. Non è banale di suo ed è ancora meno banale in uno shonen. Il Re è poi un gran personaggio, approfondito e caratterizzato, la cui crescita interiore è descritta in modo stupendo, tanto quanto il suo rapporto con Komugi, la ragazzina che gli farà capire nuove cose sugli esseri umani. Anche le tre guardie reali contribuiscono a questo capovolgimento, e sono tra l’altro tutte e tre dei personaggi molto ben riusciti, ma la figura del Re è decisamente più incisiva.
La trama, a parte all’inizio, non è
affatto banale. È imprevedibilie e coinvolge il lettore con grande facilità.
Molto tempo è dedicato ai ragionamenti e alle strategie, ma anche, in
particolare nella saga ora in corso, alle discussioni burocratiche e ai
rapporti tra paesi. Riesce a essere originale tanto che a partire da un certo
punto Gon passa in secondo piano, un’intera saga ha Killua per protagonista con
Gon relegato a figura che non ha alcuno svolgimento attivo nello sviluppo della
storia pur essendo fondamentale, e poi nell’ultima, quella in corso,
addirittura appare soltanto in un capitolo, e in maniera molto marginale. È
chiaro che a Togashi un protagonista troppo shonen come Gon sta stretto (riesce
a gestire molto meglio Killua, la cui psicologia evolve in modo perfetto), e
per questo lo ha fatto passare in cavalleria rispetto ad altri personaggi che
invece gli vanno più a genio. Di certo Gon riapparirà in qualche modo, e sono
davvero curioso di sapere come.
Dicevo che i combattimenti non sono una
parte fondamentale della trama. È vero, ma va aggiunto altro: sono del tutto
basati sulle strategie. Infatti, manco a dirlo, i combattimenti di Hunter x
Hunter mi piacciono tantissimo. Ce ne sono alcuni pazzeschi, ma sul serio, non
sono brillanti come quelli di Jojo, nel senso che quelli di Jojo, sono sempre
assurdi e strani, ma sono coinvolgenti, dannazione, ed estremamente geniali e
ben realizzati. Sto pensando al combattimento tra Quoll e Hisoka raccontato nei
capitoli che non sono ancora stati raccolti in volume, gente, quello è
straordinario. I combattimenti di Hunter x Hunter sono il massimo, non ne
troverete di migliori da nessun altra parte. Sul serio. Tra l’altro, anche qui,
come in molti altri shonen, i personaggi hanno poteri particolari. Qui sono
chiamati Nen, ovvero in poche parole una specie di forza vitale. Il Nen è però
diverso dai poteri tipici shonen. Intanto, è molto più articolato e caratterizzato,
ha moltissime regole e moltissimi utilizzi che vengono tutti spiegati. Non è
come l’aura di Dragon Ball, per dire, con cui alla fine ci puoi fare quello che
vuoi, da lanciare onde energetiche a trasformare la gente in caramelle. Il Nen
ha dei confini ben precisi, ma questo lo rende paradossalmente molto più
interessante, perché il lettore stesso può seguire quello che sta succedendo
cercando di indovinare in quale modo i personaggi faranno per ostacolare i
poteri avversari. L’autore dimostra la sua bravura proprio così, facendo delle
regole un punto di forza, e delle limitazioni un mezzo per coinvolgere il
lettore.
Una cosa va nominata, ed è una nota
dolente. I disegni sono scostanti. A me il tratto di Togashi piace, ma
obiettivamente spesso non sono il massimo. Quelli usciti su Shonen Jump in
certi punti sono proprio osceni. Questo è dovuto un po’ ai problemi di Togashi,
che soffre moltissimo i tempi stretti della pubblicazione. Io nella scheda
iniziale facevo ironia su questo, comunque è indubbio che Togashi abbia dei
problemi reali. Certo, qualcuno la chiama svogliatezza. Può essere, io non lo
credo, penso solo che sia un buon modo per fare battute, ma di certo non
rispecchia una situazione reale.
A volte però a rendere brutti i disegni
non sono i problemi dell’autore. Per esempio, il capitolo 337 ha dei disegni
pessimi, ma in questo caso io sono sicuro che sia una scelta voluta.
Ragioniamo. Il capitolo 337 contiene un complicato discorso sull’anima, sulla
vita, sulla redenzione e sulla possibilità o meno di cambiare la propria vita.
Quindi porca miseria, e sì, mi arrabbio perché ho letto gente che criticava
questo capitolo in ogni modo possibile, se Togashi lo ha disegnato male non è
perché non ne aveva voglia, per una volta non è per quello, è perché voleva che
il lettore si concentrasse sui contenuti. Si vede, gente, si vede palesemente,
alla fine c’è perfino una tazza con i bordi storti, ci mancava solo che
scrivesse all’inizio “GUARDATE CHE L’HO FATTO APPOSTA”! Perché se la saga delle
formichimere ha dei significati, sono contenuti tutti nel dialogo tra il Re e
Netero e in questo capitolo. E anzi, visto che il capovolgimento delle
prospettive di bene e male è operato un po’ ovunque nel corso della storia,
oserei dire che la redenzione e la possibilità di cambiare la propria vita è il
tema principale della saga delle formichimere, un tema che emerge abbastanza
tardi, è vero, ma è sufficiente. Che cosa fa il Re, se non trovare un senso
alla sua vita? Che cosa fanno Yupi e Wapf, se non trovare un senso alla loro
vita? Che cosa fa la formi chimera Koala, se non trovare un senso alla sua
vita? Certo, ciascuno di loro lo fa in un modo diverso, chi lo trova
nell’accettazione dell’altro, chi nell’amore e nella devozione, chi nella
sincerità e nel lavoro faticoso di riparazione ai propri errori.
Alla fine Hunter x Hunter è proprio
questo. Un fumetto che parla di avventure, di azione, di combattimenti, di
misteri, che rifugge le divisioni e i giudizi facili per offrire una visione
delle cose problematica e grigia, ma anche che mano a mano che prosegue vuole
parlare della vita e della crescita. Io voglio essere come Jin, lo so che non è
una brava persona, ma è sempre alla ricerca di qualcosa, di un obiettivo. Sa
come godersi la vita, sa come seguire la propria strada e sa che in ogni cosa
si può trovare uno stimolo per andare avanti. Ed è a questo che esorta Gon: a
trovare la propria via, raccogliendo sempre nuovi sproni, nuove cose che vale
la pena conoscere, nuova bellezza e nel frattempo crescere. La curiosità è la
cosa che caratterizza la maggior parte dei personaggi di Hunter x Hunter, da
Hisoka a Jin a Netero al Re e a tanti altri. Alla fine, questo è quello che può
dirci. Siate curiosi, mettetevi a prova. Scoprirete sempre qualcosa di nuovo. Dietro
ogni curva c’è qualcosa di ancora più interessante che potete conoscere.
IN CONCLUSIONE
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