martedì 2 ottobre 2018

Recensione - La storia futura di Robert Heinlein (Seconda Parte)


È giunto il momento di riprendere il nostro viaggio nel futuro, per scoprire che cosa succederà nei prossimi tremila anni o giù di lì, almeno secondo Robert Heinlein. Con questa seconda parte voglio recensire almeno tutti i restanti racconti del secondo volume, e magari chi lo sa, riuscirò anche a parlare di qualcuno del terzo. Quello di cui sono sicuro è che questa non è l’ultima parte delle recensioni dedicate alla Storia Futura, ce ne sarà come minimo ancora una e probabilmente ancora un’altra. L’altra volta ci eravamo fermati con il racconto Autista spaziale, che era anche il peggiore tra quelli recensiti nella prima parte. Vediamo se Heinlein è riuscito a fare di meglio (si spera molto vivamente) o di peggio (si spera molto vivamente di no).


LA MIA OPINIONE



7) Requiem
Con questo racconto Heinlein riprende una figura che già conosciamo, quella di Harriman, l’imprenditore deciso e senza scrupoli protagonista de L’uomo che vendette la Luna. Se ricordate avevo tessuto le lodi di questo romanzo breve proprio per via di Harriman, un personaggio così ben costruito da catalizzare su di sé l’attenzione del lettore al punto da portarlo a sorvolare sulla trama un po’ fumosa e sulla mancanza di climax nella parte finale. Bene, aver letto L’uomo che vendette la Luna è stata la motivazione per cui mi è piaciuto molto anche Requiem. Vedo di spiegarmi. Dovrò per questo fare qualche spoiler sul finale de L’uomo che vendette la Luna, per cui se avete intenzione di leggerlo saltate a pié pari al paragrafo finale.

Ne L’uomo che vendette la Luna Harriman intraprendeva un lungo e intricato progetto per lanciare il primo razzo sulla Luna in virtù del desiderio che ha avuto fin da piccolo di visitarla. Le cose si risolvono in modo positivo per quanto riguarda il progetto, ma non per Harriman stesso, che per necessità logistiche è costretto a far partire i razzi rimanendo sulla Terra. Requiem ci mostra un Harriman vecchio e stanco, che ancora sogna di arrivare sulla Luna e decide per questo di intraprendere un viaggio in segreto per coronare il suo desiderio, nonostante qualunque ostacolo possa balenargli davanti.

L'uomo che vendette la Luna.
La figura di Harriman è dominante anche in questo racconto, e questo è bene. Per me osservare finalmente la realizzazione dei sogni di quel personaggio che mi aveva tanto colpito e che avevo trovato così ben realizzato è stato qualcosa di molto piacevole. Ho tifato per Harriman per tutto L’uomo che vendette la Luna e non ho smesso di tifare per lui nemmeno per un attimo anche in questo caso. La storia è nitida ed essenziale, prosegue senza troppi fronzoli e senza soffermarsi sull’inutile. Arriva dritta al punto e fino a quel finale che avevo immaginato sarebbe arrivato ma che, fino all’ultimo, avevo sperato non arrivasse.

Promosso in pieno, quindi? Sì, ma con una piccola riserva. Se L’uomo che vendette la Luna precede Requiem nella cronologia interna della Storia Futura, nella realtà è stato scritto da Heinlein una decina d’anni dopo. Si tratta perciò a tutti gli effetti di un prequel. Questo comporta un problema di notevole entità. In Requiem la figura di Harriman è molto, molto più abbozzata che ne L’uomo che vendette la Luna, anzi, è molto più monodimensionale. In altre parole, quelle caratteristiche che lo rendono così intrigante e interessante emergono quasi del tutto dal prequel, e non dall’originale. Perciò, sono abbastanza sicuro che, per un lettore del 1940, che si trova a leggere Requiem direttamente nella rivista su cui è stato pubblicato, il racconto non debba sembrare così entusiasmante e affascinante come è sembrato a me, che invece avevo letto anche altro con Harriman protagonista e quindi avevo avuto modo di restare impressionato da lui.

In sostanza, un ottimo racconto, ma probabilmente non per le sue caratteristiche intrinseche quanto perché l’ho letto nelle condizioni migliori per apprezzarlo.

VOTO: 

8) La lunga guardia
La lunga guardia è il primo racconto della raccolta a essere ambientato del tutto sulla Luna. La Pattuglia dello spazio è un’organizzazione il cui compito è quello di tenere al sicuro le armi nucleari della Terra, e per questo motivo ha la propria sede sulla Luna. John Dahlquist è un fisico che lavora per la Pattuglia, che un giorno viene convocato da un suo superiore nonché vicecomandante della base, che si rivela come il capo di un’organizzazione sovversiva che intende prendere il potere sulla Terra con un colpo di stato attraverso l’uso delle armi che loro stessi stanno custodendo. Dahlquist dovrà prendere una decisione difficile, se seguire il suo capo e abbandonare così la moglie e la figlia, e il resto del pianeta, al giogo di una dittatura, oppure opporsi in una lotta solitaria contro il potere.

Le premesse del racconto sono interessanti, e anche il suo svolgimento. Il finale è abbastanza prevedibile, ma non penso sia quello il problema principale che ho riscontrato. Quello che secondo me danneggia il racconto è la gestione del ritmo. All’inizio è disteso e permette di adagiarsi nella situazione e prendere confidenza con il personaggio, ma quando la situazione evolve il tutto si risolve troppo velocemente e senza eccessivo coinvolgimento da parte del lettore. È come essere sull’ottovolante, il tuo vagone sale molto in alto, vedi tutto il parco divertimenti intorno a te dall’alto, ti prepari a una discesa mozzafiato e invece ti trovi a terra subito dopo, ti sembrava di essere in alto in realtà stavi guardando una scenografia. Questo è l’effetto che mi ha fatto la lettura. È un peccato, è stata un’occasione mancata da parte di Heinlein per raggiungere non dico il livello de L’uomo che vendette la Luna ma comunque qualcosa di simile, visto che il resto funziona bene e Dahlquist è un personaggio ben caratterizzato.

VOTO:

9) Signori, seduti
Anche questa volta l’ambientazione è interamente sulla Luna, in una delle gallerie che sono state costruite sotto la superficie lunare per permettere la vita all’uomo. Assistiamo a tre protagonisti e alle loro disavventure quando rimangono chiusi in una di queste gallerie e devono trovare un modo per sopravvivere in attesa che qualcuno arrivi a salvarli.

Prendete il giudizio su La lunga guardia e copiaincollatelo qui. Non serve che io aggiunga altro, se non che in questo caso la situazione è ancora peggiore, nel senso che ci si trova con il fiato sospeso e i nodi vengono al pettine così di botto, senza un perché, senza che il lettore sia preparato e senza che gli sia permesso di godersi questa risoluzione. La tensione viene ammazzata di colpo e il racconto si conclude in dieci righe scarse. Un’altra occasione sprecata, considerato anche che in Signori, seduti troviamo anche vari accenni di comicità (a cominciare dal titolo) che non stonano affatto e rendono piacevole la lettura. Peccato per tutto il resto.

VOTO:

Basta recensioni negative!
10) I neri pozzi della Luna
Dick Logan è in gita sulla Luna insieme alla sua famiglia, che comprende anche il suo viziato fratello minore. Nonostante vada contro le regole anche al fratellino viene concesso di visitare la superficie lunare, e non passa molto tempo prima che questi si perda. Toccherà a Dick cercare di risolvere la situazione, dimostrando di sapersela cavare anche meglio degli adulti.

La trama non è nulla di originale ma non ci si può lamentare, è carina e trattata con la giusta leggerezza. Anche i personaggi sono ben caratterizzati. Il problema si trova sempre, indovinate un po’, nel ritmo. Heinlein si esibisce di nuovo con la sua tipica risoluzione anticlimatica, poco coinvolgente e troppo rapida delle vicende, che ormai è un marchio di fabbrica della sua scrittura. Mi rendo conto di essere ripetitivo, che è la terza volta di fila che lo dico, ma vi assicuro che le cose stanno così.

VOTO:

11) «È bello tornare a casa»
Siamo giunti all’ultimo racconto del secondo volume, e bisogna dire che qui cambia un po’ la musica rispetto ai racconti precedenti. La trama torna a essere ambientata sulla terra, e vede come protagonisti Allan e Josephine, una coppia nata sulla Terra che vive da qualche anno su Luna City, la prima città fondata dall’umanità sulla Luna. I due hanno forte nostalgia del pianeta di cui entrambi sono originari, in quanto la vita sulla Luna non è facile e comporta alcuni svantaggi. Decidono perciò di ritornare sulla Terra, che, come scopriranno a loro spese, non è come loro ricordano.

«È bello tornare a casa!» è un passo avanti rispetto al trio della vergogna che lo precede. Non è nulla di particolare, intendiamoci, è un racconto discreto e nulla più, ma si fa leggere comunque molto volentieri per via della sua atmosfera scanzonata e dei toni divertiti con cui l’autore scrive. Non ci sono particolari problemi di ritmo, la storia si dipana nella sua lunghezza naturale e perciò non posso lamentarmi che finisca troppo presto o che certi eventi siano trattati in modo superficiale o troppo rapido: ogni cosa ha il suo posto e il suo tempo. I personaggi sono caratterizzati in modo discreto, e la conclusione è quella che ciascuno di noi si aspettava quando ha cominciato a leggerlo. Ciò nonostante diverte e intrattiene per quello che dura, anche perché è facile simpatizzare con i personaggi. Ritorniamo nella media, quindi, senza picchi in alto ma anche, fortunatamente, nemmeno in basso.

Il secondo volume si conclude con questa nota positiva, e non è che un bene, visto che i racconti precedenti avevano abbastanza affossato la mia voglia di continuare. Passiamo ora al terzo volume, di cui in questa seconda parte vorrei recensire almeno i primi due racconti.

VOTO:


Io ho ricevuto solo recensioni positive, pappappero!
12) «...portiamo anche a spasso i cani»
La Universale Servizi è un’azienda che svolge i lavori più disparati che le vengono affidati. Per farvi capire, una delle campagne pubblicitarie dell’Universale Servizi sostiene che l’unica cosa che non svolgano sono gli omicidi, il resto, da trovare un salone per una conferenza a portare a spasso i cani, verrà tutto svolto secondo disposizioni. Il compito che viene proposto in questo racconto sembra però ai limiti dell’impossibile: permettere che sulla Terra si svolga una conferenza interplanetaria, nonostante la gravità terrestre non sia adatta praticamente a tutti i partecipanti. L’Universale Servizi non si arrende e si assume l’incarico, cercando di portarlo a termine, contro le aspettative di tutti.

Si apre un nuovo volume e riprendono i problemi. Eh sì, «...portiamo anche a spasso i cani» è un racconto sciatto e privo di mordente. I personaggi sono quasi tutti mal caratterizzati o comunque dimenticabili, e la narrazione è frammentata e incerta. Gli ostacoli vengono superati in un attimo e nel giro di poche righe, senza che chi legge ne rimanga in qualche modo coinvolto. Quindi sì, si ritorna ai problemi che già ho sottolineato fino alla nausea ma in più si aggiunge il fatto che qui gli eventi non solo sono rapidi, suonano quasi tirati via. Se «È bello tornare a casa!» aveva il grande pregio di essere brioso e interessante, «...portiamo anche a spasso i cani» ha una narrazione svogliata, sembra quasi che Heinlein abbia scritto per fare un favore a qualcuno e non perché realmente gli piaceva quello che stava scrivendo. Non è solo noioso, appunto, non è che solo il lettore non è coinvolto, l’impressione è che nemmeno lo scrittore lo fosse. Non è solo questione di ritmo, si vede proprio che Heinlein nemmeno ci prova ad attirare l’attenzione di chi legge. Questa non è un’occasione sprecata, questa è proprio fallita.

VOTO: 

13) Luce musicale 
Il racconto, brevissimo, mostra il salvataggio di Elisabeth, una bambina cieca dispersa sulla Luna. La mia recensione sarà breve quanto il racconto. Trama praticamente inesistente, tutto procede come uno può aspettarsi e finisce ancora prima che ci si possa accorgere che è cominciato. Non c’è nulla di notevole da segnalare, e uno si chiede quale sia il suo senso. Non per niente è l’ultimo racconto scritto da Heinlein, e si vede che questa forma di narrazione non aveva più nulla da dirgli.

VOTO:

verso l'infinito...


Anche questa seconda parte è finita, e sono riuscito a rispettare del tutto i miei obiettivi. La qualità dei racconti è, rispetto al primo volume, senza ombra di dubbio peggiorata, e i difetti di ritmo e coinvolgimento che avevo già sottolineato a proposito di racconti come A volte esplodono qui è presente quasi ovunque e molto fastidiosa. Vedremo se, proseguendo con i racconti del terzo volume, le cose miglioreranno o meno.

La prossima parte potrebbe essere l’ultima, oppure potrei pensare di dedicare un quarta parte interamente a I figli di Matusalemme, romanzo non presente nell’edizione italiana cartacea della Storia Futura ma che invece occupa l’ultimo posto della mia edizione in pdf. Tutto dipenderà dalle dimensioni che assumerà la terza parte.

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