È giunto
il momento di riprendere il nostro viaggio nel futuro, per scoprire che cosa
succederà nei prossimi tremila anni o giù di lì, almeno secondo Robert Heinlein.
Con questa seconda parte voglio recensire almeno tutti i restanti racconti del
secondo volume, e magari chi lo sa, riuscirò anche a parlare di qualcuno del
terzo. Quello di cui sono sicuro è che questa non è l’ultima parte delle
recensioni dedicate alla Storia Futura,
ce ne sarà come minimo ancora una e probabilmente ancora un’altra. L’altra
volta ci eravamo fermati con il racconto Autista
spaziale, che era anche il peggiore tra quelli recensiti nella prima parte.
Vediamo se Heinlein è riuscito a fare di meglio (si spera molto vivamente) o di
peggio (si spera molto vivamente di no).
LA MIA OPINIONE
7) Requiem
Con questo racconto Heinlein riprende
una figura che già conosciamo, quella di Harriman, l’imprenditore deciso e
senza scrupoli protagonista de L’uomo che
vendette la Luna. Se ricordate avevo tessuto le lodi di questo romanzo
breve proprio per via di Harriman, un personaggio così ben costruito da
catalizzare su di sé l’attenzione del lettore al punto da portarlo a sorvolare
sulla trama un po’ fumosa e sulla mancanza di climax nella parte finale. Bene,
aver letto L’uomo che vendette la Luna
è stata la motivazione per cui mi è piaciuto molto anche Requiem. Vedo di spiegarmi. Dovrò per questo fare qualche spoiler
sul finale de L’uomo che vendette la Luna,
per cui se avete intenzione di leggerlo saltate a pié pari al paragrafo finale.
Ne L’uomo
che vendette la Luna Harriman intraprendeva un lungo e intricato progetto
per lanciare il primo razzo sulla Luna in virtù del desiderio che ha avuto fin
da piccolo di visitarla. Le cose si risolvono in modo positivo per quanto
riguarda il progetto, ma non per Harriman stesso, che per necessità logistiche
è costretto a far partire i razzi rimanendo sulla Terra. Requiem ci mostra un Harriman vecchio e stanco, che ancora sogna di
arrivare sulla Luna e decide per questo di intraprendere un viaggio in segreto
per coronare il suo desiderio, nonostante qualunque ostacolo possa balenargli
davanti.
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L'uomo che vendette la Luna. |
La figura di Harriman è dominante anche
in questo racconto, e questo è bene. Per me osservare finalmente la
realizzazione dei sogni di quel personaggio che mi aveva tanto colpito e che
avevo trovato così ben realizzato è stato qualcosa di molto piacevole. Ho
tifato per Harriman per tutto L’uomo che
vendette la Luna e non ho smesso di tifare per lui nemmeno per un attimo
anche in questo caso. La storia è nitida ed essenziale, prosegue senza troppi
fronzoli e senza soffermarsi sull’inutile. Arriva dritta al punto e fino a quel
finale che avevo immaginato sarebbe arrivato ma che, fino all’ultimo, avevo
sperato non arrivasse.
Promosso in pieno, quindi? Sì, ma con
una piccola riserva. Se L’uomo che
vendette la Luna precede Requiem
nella cronologia interna della Storia
Futura, nella realtà è stato scritto da Heinlein una decina d’anni dopo. Si
tratta perciò a tutti gli effetti di un prequel. Questo comporta un problema di
notevole entità. In Requiem la figura
di Harriman è molto, molto più abbozzata che ne L’uomo che vendette la Luna, anzi, è molto più monodimensionale. In
altre parole, quelle caratteristiche che lo rendono così intrigante e
interessante emergono quasi del tutto dal prequel, e non dall’originale.
Perciò, sono abbastanza sicuro che, per un lettore del 1940, che si trova a
leggere Requiem direttamente nella
rivista su cui è stato pubblicato, il racconto non debba sembrare così
entusiasmante e affascinante come è sembrato a me, che invece avevo letto anche
altro con Harriman protagonista e quindi avevo avuto modo di restare
impressionato da lui.
In sostanza, un ottimo racconto, ma
probabilmente non per le sue caratteristiche intrinseche quanto perché l’ho
letto nelle condizioni migliori per apprezzarlo.
8) La lunga guardia
La
lunga guardia è il
primo racconto della raccolta a essere ambientato del tutto sulla Luna. La
Pattuglia dello spazio è un’organizzazione il cui compito è quello di tenere al
sicuro le armi nucleari della Terra, e per questo motivo ha la propria sede
sulla Luna. John Dahlquist è un fisico che lavora per la Pattuglia, che un
giorno viene convocato da un suo superiore nonché vicecomandante della base,
che si rivela come il capo di un’organizzazione sovversiva che intende prendere
il potere sulla Terra con un colpo di stato attraverso l’uso delle armi che
loro stessi stanno custodendo. Dahlquist dovrà prendere una decisione
difficile, se seguire il suo capo e abbandonare così la moglie e la figlia, e
il resto del pianeta, al giogo di una dittatura, oppure opporsi in una lotta
solitaria contro il potere.
Le premesse del racconto sono
interessanti, e anche il suo svolgimento. Il finale è abbastanza prevedibile,
ma non penso sia quello il problema principale che ho riscontrato. Quello che
secondo me danneggia il racconto è la gestione del ritmo. All’inizio è disteso
e permette di adagiarsi nella situazione e prendere confidenza con il
personaggio, ma quando la situazione evolve il tutto si risolve troppo
velocemente e senza eccessivo coinvolgimento da parte del lettore. È come
essere sull’ottovolante, il tuo vagone sale molto in alto, vedi tutto il parco
divertimenti intorno a te dall’alto, ti prepari a una discesa mozzafiato e
invece ti trovi a terra subito dopo, ti sembrava di essere in alto in realtà
stavi guardando una scenografia. Questo è l’effetto che mi ha fatto la lettura.
È un peccato, è stata un’occasione mancata da parte di Heinlein per raggiungere
non dico il livello de L’uomo che
vendette la Luna ma comunque qualcosa di simile, visto che il resto
funziona bene e Dahlquist è un personaggio ben caratterizzato.
9) Signori, seduti
Anche questa volta l’ambientazione è
interamente sulla Luna, in una delle gallerie che sono state costruite sotto la
superficie lunare per permettere la vita all’uomo. Assistiamo a tre protagonisti
e alle loro disavventure quando rimangono chiusi in una di queste gallerie e
devono trovare un modo per sopravvivere in attesa che qualcuno arrivi a
salvarli.
Prendete il giudizio su La lunga guardia e copiaincollatelo qui.
Non serve che io aggiunga altro, se non che in questo caso la situazione è
ancora peggiore, nel senso che ci si trova con il fiato sospeso e i nodi
vengono al pettine così di botto, senza un perché, senza che il lettore sia
preparato e senza che gli sia permesso di godersi questa risoluzione. La
tensione viene ammazzata di colpo e il racconto si conclude in dieci righe
scarse. Un’altra occasione sprecata, considerato anche che in Signori, seduti troviamo anche vari
accenni di comicità (a cominciare dal titolo) che non stonano affatto e rendono
piacevole la lettura. Peccato per tutto il resto.
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Basta recensioni negative! |
10) I neri pozzi della Luna
Dick Logan è in gita sulla Luna insieme
alla sua famiglia, che comprende anche il suo viziato fratello minore.
Nonostante vada contro le regole anche al fratellino viene concesso di visitare
la superficie lunare, e non passa molto tempo prima che questi si perda.
Toccherà a Dick cercare di risolvere la situazione, dimostrando di sapersela
cavare anche meglio degli adulti.
La trama non è nulla di originale ma non
ci si può lamentare, è carina e trattata con la giusta leggerezza. Anche i
personaggi sono ben caratterizzati. Il problema si trova sempre, indovinate un
po’, nel ritmo. Heinlein si esibisce di nuovo con la sua tipica risoluzione
anticlimatica, poco coinvolgente e troppo rapida delle vicende, che ormai è un
marchio di fabbrica della sua scrittura. Mi rendo conto di essere ripetitivo,
che è la terza volta di fila che lo dico, ma vi assicuro che le cose stanno
così.
11) «È bello tornare a casa»
Siamo giunti all’ultimo racconto del
secondo volume, e bisogna dire che qui cambia un po’ la musica rispetto ai
racconti precedenti. La trama torna a essere ambientata sulla terra, e vede
come protagonisti Allan e Josephine, una coppia nata sulla Terra che vive da
qualche anno su Luna City, la prima città fondata dall’umanità sulla Luna. I
due hanno forte nostalgia del pianeta di cui entrambi sono originari, in quanto
la vita sulla Luna non è facile e comporta alcuni svantaggi. Decidono perciò di
ritornare sulla Terra, che, come scopriranno a loro spese, non è come loro
ricordano.
«È
bello tornare a casa!»
è un passo avanti rispetto al trio della vergogna che lo precede. Non è nulla
di particolare, intendiamoci, è un racconto discreto e nulla più, ma si fa
leggere comunque molto volentieri per via della sua atmosfera scanzonata e dei
toni divertiti con cui l’autore scrive. Non ci sono particolari problemi di
ritmo, la storia si dipana nella sua lunghezza naturale e perciò non posso
lamentarmi che finisca troppo presto o che certi eventi siano trattati in modo
superficiale o troppo rapido: ogni cosa ha il suo posto e il suo tempo. I
personaggi sono caratterizzati in modo discreto, e la conclusione è quella che
ciascuno di noi si aspettava quando ha cominciato a leggerlo. Ciò nonostante
diverte e intrattiene per quello che dura, anche perché è facile simpatizzare
con i personaggi. Ritorniamo nella media, quindi, senza picchi in alto ma
anche, fortunatamente, nemmeno in basso.
Il secondo volume si conclude con questa
nota positiva, e non è che un bene, visto che i racconti precedenti avevano
abbastanza affossato la mia voglia di continuare. Passiamo ora al terzo volume,
di cui in questa seconda parte vorrei recensire almeno i primi due racconti.
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Io ho ricevuto solo recensioni positive, pappappero! |
12) «...portiamo anche a spasso i cani»
La Universale Servizi è un’azienda che
svolge i lavori più disparati che le vengono affidati. Per farvi capire, una
delle campagne pubblicitarie dell’Universale Servizi sostiene che l’unica cosa
che non svolgano sono gli omicidi, il resto, da trovare un salone per una
conferenza a portare a spasso i cani, verrà tutto svolto secondo disposizioni.
Il compito che viene proposto in questo racconto sembra però ai limiti
dell’impossibile: permettere che sulla Terra si svolga una conferenza
interplanetaria, nonostante la gravità terrestre non sia adatta praticamente a
tutti i partecipanti. L’Universale Servizi non si arrende e si assume
l’incarico, cercando di portarlo a termine, contro le aspettative di tutti.
Si apre un nuovo volume e riprendono i
problemi. Eh sì, «...portiamo anche a
spasso i cani» è un racconto sciatto e privo di mordente. I personaggi sono
quasi tutti mal caratterizzati o comunque dimenticabili, e la narrazione è
frammentata e incerta. Gli ostacoli vengono superati in un attimo e nel giro di
poche righe, senza che chi legge ne rimanga in qualche modo coinvolto. Quindi
sì, si ritorna ai problemi che già ho sottolineato fino alla nausea ma in più
si aggiunge il fatto che qui gli eventi non solo sono rapidi, suonano quasi
tirati via. Se «È bello tornare a casa!» aveva
il grande pregio di essere brioso e interessante, «...portiamo anche a spasso i cani» ha una narrazione svogliata,
sembra quasi che Heinlein abbia scritto per fare un favore a qualcuno e non
perché realmente gli piaceva quello che stava scrivendo. Non è solo noioso,
appunto, non è che solo il lettore non è coinvolto, l’impressione è che nemmeno
lo scrittore lo fosse. Non è solo questione di ritmo, si vede proprio che
Heinlein nemmeno ci prova ad attirare l’attenzione di chi legge. Questa non è
un’occasione sprecata, questa è proprio fallita.
13) Luce musicale
Il racconto, brevissimo, mostra il
salvataggio di Elisabeth, una bambina cieca dispersa sulla Luna. La mia
recensione sarà breve quanto il racconto. Trama praticamente inesistente, tutto
procede come uno può aspettarsi e finisce ancora prima che ci si possa
accorgere che è cominciato. Non c’è nulla di notevole da segnalare, e uno si
chiede quale sia il suo senso. Non per niente è l’ultimo racconto scritto da
Heinlein, e si vede che questa forma di narrazione non aveva più nulla da
dirgli.
verso l'infinito...
Anche questa seconda parte è finita, e
sono riuscito a rispettare del tutto i miei obiettivi. La qualità dei racconti
è, rispetto al primo volume, senza ombra di dubbio peggiorata, e i difetti di
ritmo e coinvolgimento che avevo già sottolineato a proposito di racconti come A volte esplodono qui è presente quasi
ovunque e molto fastidiosa. Vedremo se, proseguendo con i racconti del terzo
volume, le cose miglioreranno o meno.
La prossima parte potrebbe essere
l’ultima, oppure potrei pensare di dedicare un quarta parte interamente a I figli di Matusalemme, romanzo non
presente nell’edizione italiana cartacea della Storia Futura ma che invece occupa l’ultimo posto della mia
edizione in pdf. Tutto dipenderà dalle dimensioni che assumerà la terza parte.
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