Eccoci al terzo appuntamento insieme a
Robert Heinlein e alla sua Storia Futura.
Questa è formalmente l’ultima parte della serie dedicata a questa
antologia, visto che penso che riuscirò a esaurire sia il terzo che il quarto volume,
tuttavia il nostro viaggio nel mondo secondo Heinlein non è finito, visto che
pubblicherò anche le recensioni dei due romanzi esclusi dall’edizione italiana
cartacea, I figli di Matusalemme e Orfani del cielo. Presenterò questi
articoli come recensioni autonome, ma inserite nel ciclo della Storia Futura. Non potrà mancare anche
la recensione di Lazarus Long,
l’immortale, che però verrà considerato come un romanzo indipendente,
nonostante in teoria concluda la serie.
Fatte queste premesse tuffiamoci nel
mondo del nostro futuro come lo vede Heinlein.
LA MIA OPINIONE
14) Mal di spazio
Bill Cole ha un trauma. Durante una riparazione
nello spazio ha rischiato di morire precipitando nello spazio, e questo ha
generato in lui una grande paura del vuoto. Per questa ragione deve lasciare il
suo mestiere in orbita, e tornare a vivere sulla
Terra. Ancora non sa che le sue paure sono sempre con lui e basta un niente a
risvegliarle.
Mal
di spazio è un racconto
semplice e per nulla ambizioso, specie se confrontato con altri che lo hanno
preceduto. Tuttavia, questo è un bene, perché la narrazione si sviluppa in modo
lineare ma, finalmente, interessante, e quando Bill Cole si trova a dover
affrontare le proprie paure il lettore rimane coinvolto nella situazione e si
emoziona con lui. Questo è quello che almeno mi aspettavo da tutti i racconti.
Nulla di eccessivo, soltanto una trama raccontata bene e un minimo di
coinvolgimento emotivo. Non c’è niente di trascendentale, l’idea di per sé non
è molto originale e il protagonista ha una caratterizzazione accettabile, ma
non di più. Ad ogni modo, con la faccenda ho creato una grande empatia, sarà
che si parla di gatti e io mi sciolgo quando vedo un gatto. Dunque non mi posso
lamentare, anzi, se la raccolta si mantenesse tutta su questo livello sarebbe
senza dubbio discreta. Quindi iniziamo questa terza parte in modo più positivo
rispetto a quella precedente, e non posso che dire meno male.
VOTO:![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJkhEu_GkJhMmC4zgpddN9UMYF7gdbKkz-OQU0Gf8dSBJPNvQpM0BZMBOyMEbu38YyKmdgLpemx-FZz3fk67oufcmpry4MN4NdVCB0nav2kAn3pnB3xKUhYEAlKLYmmhVmLZa-cuJvytM/s200/Cthulhu+voto+3.png)
VOTO:
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJkhEu_GkJhMmC4zgpddN9UMYF7gdbKkz-OQU0Gf8dSBJPNvQpM0BZMBOyMEbu38YyKmdgLpemx-FZz3fk67oufcmpry4MN4NdVCB0nav2kAn3pnB3xKUhYEAlKLYmmhVmLZa-cuJvytM/s200/Cthulhu+voto+3.png)
15) Le verdi colline della Terra
Questo è un racconto atipico, molto
diverso da tutti gli altri che compongono il ciclo della Storia Futura. È incentrato sulla figura di Rhysling il Fracassone,
poeta cieco che viaggia tra i pianeti componendo canzoni. Nonostante le sue
dimensioni contenute, Le verdi colline
della Terra arriva fino alla morte di Rhysling, tralasciando gran parte
degli eventi della sua vita e narrandone alcuni solo per sommi capi, e si
concentra su di essa. E com’è ovvio un poeta stravagante come lui non poteva
avere una morte uguale a quella di tutti gli altri.
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La prima raccolta che ha contenuto questo racconto. |
16) Logica dell'impero
Dopo L’uomo
che vendette la Luna, che se ricordate era un romanzo breve, abbiamo
trovato solo racconti molto corti, o comunque dalle dimensioni piuttosto
contenute. Logica dell’impero rompe
questo ritmo, in quanto si configura come un racconto di respiro ben più ampio
rispetto ai suoi predecessori. Questo caratterizzerà anche i racconti che
seguiranno, in quanto non ne troveremo di molto più corti, al massimo più
lunghi (tranne Disadattato). Non ne
conosco la ragione, visto e considerato che Heinlein ha scritto i racconti
della Storia Futura in ordine sparso.
Questa lunghezza quindi non può essere imputata né alla tendenza di un certo
periodo né a un preciso disegno nel piano dell’opera.
L’idea alla base di Logica dell’impero, devo dire, non brilla per originalità, mentre è
di certo più originale, almeno per l’epoca, il fatto che sia calata in veste
fantascientifica. In sostanza la trama è la seguente. Humphrey Wingate è un
terrestre benestante che può permettersi di parlare con superficialità e
distacco di problemi gravi come la schiavitù. Un giorno, in seguito a una notte
brava con un amico, si trova su una nave destinata a portare un carico di
schiavi su Venere. Nonostante i suoi tentativi di andarsene verrà portato su
Venere e sarà così costretto a vivere in prima persona quelle realtà difficili
e di grande sofferenza che fino a quel momento aveva considerato con
sufficienza e superiorità.
Capite cosa intendo quando dico che non
è originale? Il finale potete immaginarlo anche voi, come lo avevo immaginato
io appena ho cominciato a leggere il racconto. Il protagonista parla male di
una realtà, ci si trova dentro, finisce che ne comprende le problematiche e
cambia idea. La conclusione delle vicende lo vede maturato e consapevole.
Quest’idea di base non viene mai abbandonata, anche se c’è da dire che il
finale ha comunque dei tratti di originalità, in particolare nel modo in cui il
protagonista Humphrey sviluppa la sua nuova consapevolezza. Come vedrete se
leggerete il racconto, l’evoluzione del protagonista non è soltanto da “la
schiavitù non mi riguarda” a “la schiavitù è una brutta cosa”, c’è la
costruzione di un’idea più profonda che si riflette anche nei vari tentativi di
Humphrey di esprimerla. Insomma, l’idea non originale viene sviluppata in modo
non scontato e calata in un contesto nuovo, senza però uscire dal seminato.
Humphrey è un personaggio discreto, con
una psicologia ben costruita e una caratterizzazione accettabile. È il tipico
personaggio che ad Heinlein piace inserire nelle sue storie. È una persona che
ha avuto tutto dalla vita ma che quando si trova a doversi mettere in gioco lo
fa prendendosi carico delle sfide e dimostrando praticità e inventiva. Non è
quindi un mollaccione imbranato, anzi, sa darsi da fare e mostrare grandi
capacità di adattamento e di sapersi arrangiare e reinventare. Per questo alla
fine è un protagonista con cui è semplice simpatizzare e che è piacevole
seguire.
Una nota un po’ stonata è la lunghezza
del racconto, che ho trovato un po’ eccessiva per quello che ha da dire. Si
poteva senza problemi accorciare qua e là e la vicenda non ne avrebbe
risentito. Questo, e il fatto che non ci siano grossi colpi di scena nel corso
della storia, contribuisce un po’ ad abbassare il livello di quello che
complessivamente resta un buon racconto.
17) Minaccia dalla Terra
Il titolo fa presagire chissà cosa, in
realtà è un’iperbole, e lo si comprende già dalle prime pagine. È un tratto di
ironia che sarà comune a tutto il racconto. La minaccia di cui si parla non è
chissà quale nemico, è solo una donna terrestre di nome Ariel, in visita alla
colonia sulla Luna. Holly è una ragazza di 15 anni che ha il compito di fare da
guida ai turisti nella colonia, e le viene assegnata Ariel. Quello che sembra
solo l’ennesimo lavoro con l’ennesima terricola (così sulla Luna chiamano i terrestri) stupida diventa per Holly
qualcosa di più, in quando Jeff, il suo migliore amico, comincia a dimostrare
verso Ariel un’attenzione eccessiva, che porta Holly a provare una rabbia e un
fastidio che non riesce neppure bene a comprendere. Eppure, come lei non
finisce che ripetere a sé stessa, Jeff è solo un amico, e può fare quello che
vuole...
Dal mio riassunto qui sopra si intuisce
che la storia è leggera e divertente, raccontata in modo scanzonato e rilassato.
È un racconto di discreta lunghezza, tuttavia questo non si sente molto, perché
le pagine si voltano da sole. La trama così semplice ma fresca e genuina non fa
che contribuire ad aumentare la scorrevolezza della lettura. Devo dire che
trovare un racconto del genere non è scontato, se pensate a quello di cui mi
lamentavo nella scorsa recensione. La trama è abbastanza prevedibile (sono
sicuro che anche solo dalla mia sintesi avete intuito tutti come va a finire),
ma questo non importa, la narrazione è così fluida e leggera che la
prevedibilità passa in secondo piano.
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Holly. |
Il personaggio di Holly è molto ben
caratterizzato, e fa molta simpatia al lettore, pur essendo antipatica e una
gran testona. La prima volta che dice a sé stessa che Jeff è solo un suo amico,
cosa cui non crede nemmeno lei, mi ha fatto molta tenerezza. Nella sua
ingenuità da ragazzina, abbinata alla sua decisione, alla sua energia, e alla
sua determinazione, Holly è senza dubbio uno dei personaggi migliori della
raccolta, paragonabile ad Harriman. Osservarla crescere e maturare nella
comprensione di sé è stato molto piacevole, e sono sicuro che senza di lei il
racconto sarebbe stato di qualità molto inferiore.
Heinlein centra quindi in pieno il
bersaglio una seconda volta. Do lo stesso voto a entrambi, ma Minaccia dalla Terra mi è piaciuto in
realtà un po’ di più di Logica
dell’impero.
Il quarto volume contiene i racconti «Se continua così...» e Disadattato. Tuttavia il racconto
conclusivo del terzo volume, Confino,
si colloca nella cronologia interna dopo «Se
continua così...». Quindi siccome sono autistico ho deciso di recensire i
racconti secondo l’ordine cronologico. È che l’ho seguito finora e mi urta
smettere alla fine.
18) «Se continua così...»
Se non mi sbaglio questo è il racconto
più lungo di tutta la Storia Futura
(in effetti è un romanzo breve), e si svolge in tempi e luoghi diversi da
quelli appena precedenti. Torniamo sulla Terra e ci troviamo nell’anno 2100,
dopo che da molti decenni ormai si è instaurata la dittatura religiosa del
profeta Nehemiah Scudder. È un salto di eventi discreto, ma pare che Heinlein
avesse in mente di scrivere un racconto intitolato The sound of his wings (il
suono delle sue ali, per i miei lettori diversamente anglofoni) che
coprisse anche questo periodo, ma non ci è mai riuscito. Questo almeno stando a
Wikipedia, ma decidiamo di fidarci e andiamo avanti.
John Lyle è un membro del corpo degli
Angeli del Signore, la guardia ufficiale del Profeta Incarnato, ovvero la
figura che ha seguito Nehemiah Scudder dopo la sua morte nel ruolo di
governatore degli Stati Uniti nonché massima (e unica) autorità religiosa. John
crede con fermezza nei principi della teocrazia e nel suo ruolo, e perciò
quando si innamora di una delle Vergini del Profeta, Sorella Judith, all’inizio
la cosa è per lui fonte di grande turbamento. Infatti l’unione con l’altro
sesso è qualcosa non di disprezzato dalla società, ma sicuramente di visto come
sconveniente e poco adatto a persone importanti, tant’è vero che per scalare le
vette dell’esercito al soldo del Profeta è fondamentale mantenersi privi di
pulsioni di alcun genere. Se si aggiunge poi che le Vergini, pur essendolo solo
per modo di dire, sono riservate ai sollazzi del Profeta, che vergine, a
differenza delle sue guardie, invece non lo è manco morto, si comprendono le
difficoltà di John ad accettare la cosa. Questo è solo l’inizio di un percorso
interiore che John compie attraverso le contraddizioni e le restrizioni della
sua morale, con l’obiettivo di trovare un modo di comportarsi giusto ma privo
di ostacoli o gabbie mentali. Questo percorso non è solo interno ma anche
esterno, sulla strada della rivolta verso il regime.
Quando ho letto il racconto la prima
volta mi è piaciuto molto. A ripensarci ora dopo mesi mi rendo conto che mi ero
lasciato prendere dall’entusiasmo perché mi sembrava che Heinlein avesse
finalmente scritto qualcosa di valido ed epico al tempo stesso. Ebbene, non è
proprio così. La prima parte del racconto, quella ambientata a Nuova
Gerusalemme, mi ricorda la sensazione che mi danno i vecchi film horror o
drammatici ambientati in conventi pieni di gente repressa. Quei film con il
bianco dei vestiti delle suore che ti acceca e le pareti delle stanze color
azzurro-camera-del-bebè. Quei film che sanno di vecchio e opprimente ma non
l’opprimente che vuole dire qualcosa, opprimente e basta. Dev’essere colpa dei
nomi che hanno le cose (corpo degli Angeli del Signore, per esempio), non lo
so, sta di fatto che mi trasmette un senso di nausea che non è voluto. O
meglio, è chiaro che Heinlein voglia descrivere il palazzo del Profeta come la fiera dei repressi, ma il fatto è che il mio disgusto è diretto non ai contenuti del racconto ma al racconto in sé, che mostra la realtà della
repressione in un brutto modo.
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La copertina del quarto volume. |
Proseguendo, con la fuga da Nuova
Gerusalemme, si respira più libertà e il ricordo del racconto è molto più
piacevole. Quello che accomuna le due parti e che è effettivamente è reso molto
bene è il personaggio di John Lyle. Il suo cambiamento interiore è descritto in
modo perfetto, e trattato anche in modo non banale. Non è che un minuto John è
il chierichetto della chiesa di Santa Maria della Misericordia e il minuto dopo
è Marilyn Manson. La sua evoluzione è trattata in modo tanto profondo quanto
realistico, e infatti anche quando si stacca del tutto dalle sue credenze
religiose continua a mantenere una forma di pudore. John Lyle è un personaggio
a tutto tondo, con una psicologia approfondita e non scontata. Insomma, non è
solo un mezzo che l’autore usa per mostrare che la repressione delle pulsioni
umane secondo lui è male, è un personaggio con una sua autonomia.
Ultima nota interessante, la storia
d’amore. Non si conclude come potremmo immaginare. Per niente. È anzi piuttosto
imprevedibile, e, che uno apprezzi o meno, non si può dire che non sia una
conclusione realistica.
Tirando le conclusioni, «Se continua così...» è un racconto con
molti aspetti ben sviluppati ma un’atmosfera opprimente fine a sé stessa che
non mi ha permesso di apprezzarlo del tutto. È comunque sopra la media degli
altri racconti della raccolta, sia di quelli che ho recensito nella prima parte
che nella seconda.
19) Confino
II racconto successivo ci trasporta
molto dopo il crollo della teocrazia del Profeta, in una società dove sussiste
il cosiddetto Patto, che prevede che sia legale qualunque azione che non
arrechi disturbo a un altro essere umano. Nel momento in cui si contravviene al
patto le alternative sono due, o la terapia psichiatrica o l’esilio nella zona
chiamata Confino. È questo che si trova a scegliere David MacKinnon, che decide
di avventurarsi dentro Confino, luogo pericolo diviso in tre grandi aree,
ciascuna dominata da una potenza che cerca di avere il potere sulle altre due e
di espandersi anche nel resto dell’America.
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Muri! America divisa! Che bello! |
Confino
è un racconto con molte
potenzialità, di cui solo una piccolissima parte viene in effetti realizzata. L’esempio
più lampante sono le tre aree di Confino, in ciascuna delle quali potrebbe
essere senza problemi ambientato un ulteriore racconto. Tutte e tre sono
davvero interessanti, eppure Heinlein ce ne fa vedere solo una, la più normale,
e nemmeno per molto, a dirla tutta, è uno sguardo piuttosto selettivo e per
nulla accurato. Non voglio dire che la trama non sia interessante o che
MacKinnon non sia ben caratterizzato, o che la storia non si segua con piacere.
Dico che L’ambientazione è molto ampia e variegata e non viene sfruttata. Che
quindi il racconto poteva essere molto meglio e invece si mantiene sulla media,
porta a termine il suo compito tirando le fila della sua trama e basta, senza
osare oltre. Ecco, credo che sia questa la parola giusta. Confino non osa, rimane nel seminato in maniera fin troppo evidente
perché io possa trascurarlo. Se Heinlein non si fosse inventato le tre zone e
avesse detto che Confino era soltanto una zona selvaggia con villaggi sparsi
alla trama non sarebbe quasi cambiato nulla.
Insomma, do lo stesso voto che ho dato a
«Se continua così...» perché i voti
sono quelli, ma non sono per nulla sullo stesso piano, e neppure paragonabili.
20) Disadattato
Siamo giunti all’ultimo racconto, che è
di dimensioni molto ridotte, specie rispetto a quelli che ho appena recensito.
Protagonista è Andrew Libby, che viene inserito in un gruppo di lavoro che
raccoglie giovani disoccupati e li porta nello spazio per la colonizzazione di
pianeti e asteroidi. Libby dimostrerà di avere capacità che nessuno poteva
immaginare, e porterà aiuti insperati alla sua missione.
Cerco di essere stringato perché ho
parlato davvero troppo questa volta. Inoltre non mi va di ripetere quello che
ho già detto allo sfinimento nella scorsa recensione. Ebbene sì, con questo
racconto si torna ai fasti del secondo volume. La trama potrebbe anche quasi
essere interessante, ma tanto viene mandata a quel paese prima ancora che possa
iniziare a suscitare tensione. Tutto si risolve in un attimo e il lettore
rimane con l’amaro in bocca. È un peccato che la raccolta si concluda con
questa nota che non funziona per niente, con gli ultimi racconti il livello si
era decisamente sollevato.
VOTO:![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnqO7E9hpdpiSNgLk-W0uX78g7qF1ftNGsa-5u7-6-nPRmgrT6mjqenR2vlSUj2TTtKf_SQjZpFgIftWrJlkQDkLvs7PYeAj_sRL9iegJcMzLU6Mk0Kut4RLMnwk4KweM1qEX3rxmCyUg/s200/Cthulhu+voto+1.png)
VOTO:
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UNA RECENSIONE LUNGA UN SECOLO...
Pensavo che non ce l’avrei fatta e
invece eccomi qua, alla fine di tutto. Tirare le conclusioni non è affatto
semplice, ma ci proverò. La Storia Futura
è un’antologia composta nel corso di moltissimi anni, e quindi risulta
molto composita. La caratteristica dominante negativa è la scarsa gestione del
ritmo, mentre di positivo presenta una cura non banale dei personaggi. Più si
prosegue più le idee diventano originali e interessanti, e questo è di certo da
riconoscere a Heinlein, il fatto che la sua fantasia non venga mai a mancare.
L’ambientazione e altri aspetti che potrebbero risultare secondari, come la
parte scientifica delle vicende, ricevono una grandissima attenzione, e vengono
perciò presentati in modo interessante. Insomma, penso che il vero pregio della
Storia Futura non consista nei
singoli racconti, quanto nella loro totalità, nel fatto che insieme riescano a
creare uno sviluppo coerente della stessa ambientazione, la nostra Terra,
attraverso secoli di evoluzione. Se dovessi immaginare la Storia Futura come un grattacielo direi che la parte migliore non
sono i singoli piani quanto la facciata esterna, la visione complessiva del
palazzo. Se questo durante la lettura può non essere il massimo, perché ti
porta a incocciare con racconti di scarsa qualità, tuttavia a libro terminato
lascia un senso di epica completezza, come dopo la lettura di un poema, che di
sicuro non è spiacevole né è qualcosa di così semplice da creare.
Non mi sento quindi né di bocciare né di
consigliare la Storia Futura. Posso
solo dire l’effetto che ha fatto su di me. Se pensate che possa farlo anche su
di voi e ciò vi fa piacere non vi resta che leggerla voi stessi.
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