L’altra volta ho parlato di Dragon Ball e di quelle sue caratteristiche che gli shonen moderni hanno deciso di riprendere. Sempre per restare nell’ottica di osservare cosa hanno da dire i figli di Dragon Ball, oggi voglio spendere qualche parola su Yu degli spettri, manga abbastanza vecchio ma che se non è un pilastro del suo genere almeno è una colonnina. Di sicuro ha contribuito a influenzare in modo sostanziale una gran fetta dei manga che hanno i morti e chi li governa come protagonisti, in primis Bleach. Merita perciò un minimo di attenzione, anche perché per essere uno shonen del suo calibro è abbastanza breve, e questo va contro la legge che dice che il tuo manga è uno shonen solo se è lungo quanto la Bibbia, l’Iliade, l’Odissea e la Divina Commedia messe assieme. Vediamo dunque che cosa riserva per noi la storia di Yusuke e dei suoi compagni, e quali sono state le mie impressioni a lettura conclusa.
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Autore:
Yoshihiro Togashi
Anno:
1990
Volumi: 19
Editore:
Star Comics
TRAMA
Yusuke è un
giovane teppista. Non segue mai le lezioni e anzi spesso marina la scuola,
fuma, gioca d’azzardo, ha la simpatica abitudine di sollevare le gonne delle
ragazze, è irriverente verso i professori e verso le autorità. I suoi compagni
di scuola lo temono perché è anche molto abile nelle scazzottate, i professori
lo detestano e lo considerano un cattivo esempio per gli altri studenti, la
madre, rimasta senza marito, lo ignora. L’unica persona che cerca di riportarlo
sulla retta via senza il disprezzo che gli dimostrano i professori è la sua
amica d’infanzia Keiko, che invece è una ragazza seria e responsabile.
Un giorno il
teppista Yusuke, mentre sta immancabilmente marinando la scuola, vede un
bambino che sta per essere investito da un auto, e fa una cosa che nemmeno lui
si sarebbe aspettato da sé stesso: lo salva, e viene investito al suo posto.
Muore nell’incidente, e viene accolto da Botan, colei che guida le anime dei
defunti nell’oltre tomba, che lo informa che la sua morte è stata inutile (il
bambino non si sarebbe fatto nulla) e anzi non era prevista. Inizia così un
lungo percorso di riabilitazione per Yusuke per riavere la propria vita,
percorso che lo porterà ad approfondire sempre di più il mondo degli spiriti e
il suo rapporto con il mondo degli spettri. Comincerà a lavorare per il mondo
spirituale, trovando in Hiei e Kurama dei fedeli compagni, nel tentativo di
salvare i mondi dai continui pericoli che li minacciano.
LA MIA OPINIONE
Yu degli
spettri è il primo manga realizzato da Yoshihiro Togashi, l’autore di Hunter x
Hunter, che è, come immagino si possa facilmente intuire, il mio manga
preferito. Non lo è razionalmente, lo è a livello emotivo oltre che ovviamente
per meriti oggettivi del fumetto stesso. Quindi, quando ho letto Yu degli
spettri la prima volta cinque anni fa e quando l’ho riletto appena un mesetto
fa fare il confronto con Hunter x Hunter e osservare come Togashi sia
migliorato sotto molti aspetti è stato per me qualcosa di automatico.
L’autore
prende ispirazione da Dragon Ball, e, se questo si nota meno nei primissimi
volumi, basta proseguire un po’ con la storia perché diventi evidente. Come
dicevo nell’articolo l’altra volta, Hiei è sia fisicamente che nel carattere la
copia sputata di Vegeta. Oppure, la saga del torneo delle tenebre, la più lunga
di tutto il manga, si rifà ai numerosi tornei che si svolgono in Dragon Ball.
Questi due punti valgano a titolo d’esempio, perché se ne potrebbero elencare
anche degli altri. Non è che questa influenza dia sempre fastidio, nel caso del
torneo non mi ha fatto né caldo né freddo, mentre in quello di Hiei risulta un
po’ antipatica perché suona molto come un atto di pigrizia dell’autore, che
sembra che dica “toh, perché inventare una caratterizzazione quando c’è quella
di Vegeta già bell’e pronta?”.
D’altra
parte, e questo è più interessante, sono già presenti quegli elementi che
caratterizzeranno l’opera più matura di Togashi, Hunter x Hunter, che poi sono
anche le sue qualità migliori e lo alzano dalla media degli shonen comuni,
Dragon Ball compreso. Qui sono meno evidenti, un po’ perché probabilmente
Togashi doveva ancora lavorarci su, un po’ perché sono coperte da tutti quegli
elementi tipicamente shonen che poi saranno abbandonati in HxH ma che ora sono
parte integrante della trama forse in modo anche più imponente rispetto alle
qualità stesse che tanto decanto. Abbiamo perciò un tentativo di caratterizzare
in modo non banale gli antagonisti, tentativo che con Toguro riesce ma fino a
un certo punto (a parte alla fine della saga a lui dedicata prima sembra
soltanto un Cattivo da ShonenTM) , e invece funziona bene con Sensui
e con i suoi sei compagni (chi più chi meno comunque tutti hanno una
personalità). Abbiamo dei combattimenti che non si basano solo su chi fa la
mossa più forte ma su chi fa la mossa più intelligente (anche se le mazzate
hanno ancora un ruolo importante, molto più che in HxH). Insomma, la volontà di
staccarsi dal paradigma classico dello shonen c’è, non riesce sempre e non
riesce sempre bene.
Il fatto più
notevole, il primo che salta agli occhi a lettura terminata, è che Yu degli
Spettri è un manga in evoluzione. Comincia in modo discreto (i primi due volumi
sono interessanti), ha una brusca svolta alla Dragon Ball che rende peggiori i
volumi 3,4 e 5, si tira su con il 6, poi introduce la prima grande saga, il
torneo delle tenebre, che si conclude nel volume 13. Questa saga, oltre che
essere vincolata sotto molti aspetti a Dragon Ball, è abbastanza altalenante.
Alterna buoni momenti, come direi tutti i combattimenti di Yusuke, ad altri che
funzionano molto meno, vuoi perché sono poco ispirati, vuoi perché non mostrano
nulla di particolare e scivolano senza lasciare nessuna impressione forte,
positiva o negativa che sia. La trama prosegue poi per altri tre volumi con la
saga di Sensui e del capitolo oscuro, che invece merita. Ha tratti che suonano
anche scontati (lo stupore per la malvagità degli uomini, che, come dire, non è
esattamente qualcosa di nuovo) ma che vengono trattati con degli accenti un po’
morbosi che non mi sono dispiaciuti affatto. Sto pensando in questo momento in
particolare al discorso di Itsuki all’inizio del volume 16, ma tratti simili si
possono trovare anche in altri punti qua e là. Poi ci sono, come dicevo prima,
degli antagonisti caratterizzati in modo discreto e un ritmo incalzante che
invoglia a proseguire la lettura. Questa saga è l’esempio di come una trama può
risultare buona nonostante non sia molto elaborata (del resto, è composta in
gran parte da combattimenti). Il duello con Sensui è ben costruito e si legge
tutto d’un fiato. Insomma, non mi posso lamentare.
Inizia a
questo punto l’ultima saga, che occupa i tre volumi finali, e riguardo alla
quale voglio spendere qualche parola in più. Questa saga, per dirla da critico
serio quale sono, mi ha esaltato da morire e mentre leggevo avrei abbracciato
Togashi. Ok, forse non ero così tanto esaltato, ma ha delle premesse davvero
interessanti, e procede in un modo che tiene col fiato sospeso. La cosa che mi
è piaciuta è che ci sono tre forze, i cosiddetti tre re, ciascuna con i propri
obiettivi, le proprie abilità e i punti deboli, tre forze destinate a scontarsi
e con ciascuna delle quali si allea uno dei protagonisti. Questa saga segue
dunque lo sviluppo dei tre re in un ampio arco di tempo, osserva il rapporto
tra i protagonisti e il re con cui si sono alleati e descrive le manovre che
questi tre sovrani attuano per opporsi l’uno all’altro. Sono per la maggior
parte mosse di spionaggio o di diplomazia, i combattimenti sono relegati
soltanto alla fine, e questo conferisce fascino alla storia. Ci si trova di
fronte a trame di tradimenti interni, riunioni strategiche, insomma, tutta una
serie di cose che mi hanno mandato in brodo di giuggiole. Unica pecca? È troppa
corta. Avrei letto venti volumi di trame politiche e tradimenti interni e
riunioni strategiche. E invece di volumi ce ne sono praticamente due e mezzo.
In pratica, esalta tantissimo per le premesse che ha e per la carne che mette
al fuoco, ma poi decide di tagliare corto e quindi non mostra tutto ciò che
prometteva. Lascia l’amaro in bocca? In realtà direi di no, ma poteva diventare
qualcosa in grado di gasarmi come ben poco altro.
I personaggi
sono tutti abbastanza ben fatti. Non sono eccezionali ma rimangono impressi,
non hanno grossi sviluppi psicologici (a parte Yusuke, che invece cresce e
diventa più responsabile e meno menefreghista con il procedere della storia) ma
restano coerenti con sé stessi. Come ho accennato prima, invece gli antagonisti
sono abbastanza variabili. Quelli principali sono più o meno bene approfonditi,
Toguro meno degli altri ma Sensui e i suoi uomini vanno bene. Gli avversari del
torneo delle tenebre, a parte qualche caso sparuto, sono abbastanza anonimi, e
destinati a essere dimenticati dopo tre pagine dalla loro sconfitta. Invece ho
apprezzato molto i tre re dell’ultima saga, perché tutti e tre sono ben
caratterizzati e tra le altre cose sfuggono a una vera categorizzazione morale.
Quando vengono presentati potrebbe essere immediato, basandosi sui loro ideali,
individuare il re con cui si allea Yusuke come quello buono, quello con cui si
allea Kurama come quello un po’ neutrale che però non cadrà mai nella
malvagità, e quello con cui si allea Hiei come il cattivo. In realtà non è
così, nel senso che l’alleato di Kurama si rivelerà un personaggio subdolo e
manipolatore (ma avrà anche momenti in cui manifesta una inaspettata dolcezza,
rivolgendosi al figlio), e che l’alleato di Hiei, nonostante ripeto i suoi
ideali deprecabili, mostrerà di possedere una sensibilità molto umana, e il
lettore non potrà fare a meno di provare un po’ di pietà per lei. Insomma, i
personaggi introdotti nella terza saga sono complessi e grigi. Certo, anche qua
posso dire che se la saga fosse stata più lunga questo approfondimento
psicologici sarebbe potuto essere narrato in modo più disteso e meno compresso.
Ma va bé.
E poi c’è
quello per cui Yu degli spettri è famoso. La nota dolente. Il finale. Non farò
spoiler, ma posso parlarne in linea generale, visto che è noto, almeno in
sintesi, qual è il problema. In sostanza, a metà della terza saga Togashi
interrompe la narrazione, si prende un capitolo in cui i personaggi si
raccontano a voce quello che è successo dove la storia si è interrotta, seguono
alcuni capitoli riempitivi e poi c’è il finale. Tra l’altro, leggendo il
capitolo-riassuntone di cui dicevo mi sono mangiato le mani, perché cavolo,
vengono dette un sacco di cose interessanti, che in pratica sconvolgono gran
parte di quello che sapevamo sui rapporti tra il mondo spirituale e quello
degli spettri, ma appunto sono raccontate. Avrebbero potuto costituire degli
ottimi colpi di scena, movimentando ancora di più il finale della saga dei tre
re, così invece suonano soltanto come un’occasione sprecata.
Poi va bé,
la ragione di questa interruzione improvvisa è che Togashi era troppo stressato
dai tempi di pubblicazione e non riusciva più a reggerli, e quindi ha deciso di
piantare tutto lì dando un finale raffazzonato. In realtà il fatto che la terza
saga fosse molto rapida è indice che già da tempo Togashi cominciava a soffrire
la pubblicazione, quindi è probabile che questa drastica decisione sia esito di
un’accumulazione di problemi che durava da un bel po’. È un peccato che sia
finita così, perché, come non finirò mai di ripetere, avrei adorato leggere la
saga nella sua interezza e narrata senza fretta, ma tant’è, non possiamo certo
lamentarci se Togashi stava male. Certo, poi non dobbiamo stupirci se con
Hunter x Hunter è diventato uno dei Quattro Re delle Pause, viste le premesse
sarebbe stato stupido aspettarci altro.
L’ultimo
capitolo comunque non è male, anzi, è riuscito a commuovermi a sufficienza (non
tanto per la faccenda dei colori dei pulsanti che ho trovato un po’ tanto
mielosa) quanto per via delle ultimissime pagine e in particolare dell’ultima,
che mi ha dato un forte senso di malinconia, mi ha fatto davvero sentire che la
storia stava finendo e che a me quella storia mancava. È un po’ lo stesso senso
di malinconia che si respira spesso nei primi due volumi, ma qui arricchito
dalla consapevolezza che si sta per girare l’ultima pagina. Per cui mi è
piaciuto e, nonostante i capitoli che lo precedono non siano proprio il
massimo, merita molto.
IN CONCLUSIONE
Yu degli spettri è un manga in crescita, che all’inizio (primi due volumi esclusi) non riesce a colpire ma poi piano si sviluppa sempre di più, si distacca sempre di più dal modello sempre più scomodo di Dragon Ball e riesce a creare qualcosa di meritevole. Perciò ho deciso di valutare questa evoluzione, più che l’impatto complessivo che ha avuto la lettura. Del resto, questa parabola ascendente è talmente evidente e importante nell’economia della trama che è impossibile non tenerne conto. Perciò vi consiglio di leggerlo, in particolare se vi piacciono gli shonen non sarete delusi, anche se magari all’inizio potrebbe non sembrare.
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