mercoledì 26 ottobre 2016

Recensione - Yu degli spettri di Yoshihiro Togashi


L’altra volta ho parlato di Dragon Ball e di quelle sue caratteristiche che gli shonen moderni hanno deciso di riprendere. Sempre per restare nell’ottica di osservare cosa hanno da dire i figli di Dragon Ball, oggi voglio spendere qualche parola su Yu degli spettri, manga abbastanza vecchio ma che se non è un pilastro del suo genere almeno è una colonnina. Di sicuro ha contribuito a influenzare in modo sostanziale una gran fetta dei manga che hanno i morti e chi li governa come protagonisti, in primis Bleach. Merita perciò un minimo di attenzione, anche perché per essere uno shonen del suo calibro è abbastanza breve, e questo va contro la legge che dice che il tuo manga è uno shonen solo se è lungo quanto la Bibbia, l’Iliade, l’Odissea e la Divina Commedia messe assieme. Vediamo dunque che cosa riserva per noi la storia di Yusuke e dei suoi compagni, e quali sono state le mie impressioni a lettura conclusa.

La lunghezza minima di un manga shonen. E questo è solo il primo volume.
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Titolo: Yu degli spettri
Autore: Yoshihiro Togashi
Anno: 1990                                                 
Volumi: 19
Editore: Star Comics




TRAMA

Yusuke è un giovane teppista. Non segue mai le lezioni e anzi spesso marina la scuola, fuma, gioca d’azzardo, ha la simpatica abitudine di sollevare le gonne delle ragazze, è irriverente verso i professori e verso le autorità. I suoi compagni di scuola lo temono perché è anche molto abile nelle scazzottate, i professori lo detestano e lo considerano un cattivo esempio per gli altri studenti, la madre, rimasta senza marito, lo ignora. L’unica persona che cerca di riportarlo sulla retta via senza il disprezzo che gli dimostrano i professori è la sua amica d’infanzia Keiko, che invece è una ragazza seria e responsabile.

Un giorno il teppista Yusuke, mentre sta immancabilmente marinando la scuola, vede un bambino che sta per essere investito da un auto, e fa una cosa che nemmeno lui si sarebbe aspettato da sé stesso: lo salva, e viene investito al suo posto. Muore nell’incidente, e viene accolto da Botan, colei che guida le anime dei defunti nell’oltre tomba, che lo informa che la sua morte è stata inutile (il bambino non si sarebbe fatto nulla) e anzi non era prevista. Inizia così un lungo percorso di riabilitazione per Yusuke per riavere la propria vita, percorso che lo porterà ad approfondire sempre di più il mondo degli spiriti e il suo rapporto con il mondo degli spettri. Comincerà a lavorare per il mondo spirituale, trovando in Hiei e Kurama dei fedeli compagni, nel tentativo di salvare i mondi dai continui pericoli che li minacciano.

LA MIA OPINIONE


Yu degli spettri è il primo manga realizzato da Yoshihiro Togashi, l’autore di Hunter x Hunter, che è, come immagino si possa facilmente intuire, il mio manga preferito. Non lo è razionalmente, lo è a livello emotivo oltre che ovviamente per meriti oggettivi del fumetto stesso. Quindi, quando ho letto Yu degli spettri la prima volta cinque anni fa e quando l’ho riletto appena un mesetto fa fare il confronto con Hunter x Hunter e osservare come Togashi sia migliorato sotto molti aspetti è stato per me qualcosa di automatico.

Togashi è famoso per l'ordine con cui lavora.
L’autore prende ispirazione da Dragon Ball, e, se questo si nota meno nei primissimi volumi, basta proseguire un po’ con la storia perché diventi evidente. Come dicevo nell’articolo l’altra volta, Hiei è sia fisicamente che nel carattere la copia sputata di Vegeta. Oppure, la saga del torneo delle tenebre, la più lunga di tutto il manga, si rifà ai numerosi tornei che si svolgono in Dragon Ball. Questi due punti valgano a titolo d’esempio, perché se ne potrebbero elencare anche degli altri. Non è che questa influenza dia sempre fastidio, nel caso del torneo non mi ha fatto né caldo né freddo, mentre in quello di Hiei risulta un po’ antipatica perché suona molto come un atto di pigrizia dell’autore, che sembra che dica “toh, perché inventare una caratterizzazione quando c’è quella di Vegeta già bell’e pronta?”.

D’altra parte, e questo è più interessante, sono già presenti quegli elementi che caratterizzeranno l’opera più matura di Togashi, Hunter x Hunter, che poi sono anche le sue qualità migliori e lo alzano dalla media degli shonen comuni, Dragon Ball compreso. Qui sono meno evidenti, un po’ perché probabilmente Togashi doveva ancora lavorarci su, un po’ perché sono coperte da tutti quegli elementi tipicamente shonen che poi saranno abbandonati in HxH ma che ora sono parte integrante della trama forse in modo anche più imponente rispetto alle qualità stesse che tanto decanto. Abbiamo perciò un tentativo di caratterizzare in modo non banale gli antagonisti, tentativo che con Toguro riesce ma fino a un certo punto (a parte alla fine della saga a lui dedicata prima sembra soltanto un Cattivo da ShonenTM) , e invece funziona bene con Sensui e con i suoi sei compagni (chi più chi meno comunque tutti hanno una personalità). Abbiamo dei combattimenti che non si basano solo su chi fa la mossa più forte ma su chi fa la mossa più intelligente (anche se le mazzate hanno ancora un ruolo importante, molto più che in HxH). Insomma, la volontà di staccarsi dal paradigma classico dello shonen c’è, non riesce sempre e non riesce sempre bene.

Il fatto più notevole, il primo che salta agli occhi a lettura terminata, è che Yu degli Spettri è un manga in evoluzione. Comincia in modo discreto (i primi due volumi sono interessanti), ha una brusca svolta alla Dragon Ball che rende peggiori i volumi 3,4 e 5, si tira su con il 6, poi introduce la prima grande saga, il torneo delle tenebre, che si conclude nel volume 13. Questa saga, oltre che essere vincolata sotto molti aspetti a Dragon Ball, è abbastanza altalenante. Alterna buoni momenti, come direi tutti i combattimenti di Yusuke, ad altri che funzionano molto meno, vuoi perché sono poco ispirati, vuoi perché non mostrano nulla di particolare e scivolano senza lasciare nessuna impressione forte, positiva o negativa che sia. La trama prosegue poi per altri tre volumi con la saga di Sensui e del capitolo oscuro, che invece merita. Ha tratti che suonano anche scontati (lo stupore per la malvagità degli uomini, che, come dire, non è esattamente qualcosa di nuovo) ma che vengono trattati con degli accenti un po’ morbosi che non mi sono dispiaciuti affatto. Sto pensando in questo momento in particolare al discorso di Itsuki all’inizio del volume 16, ma tratti simili si possono trovare anche in altri punti qua e là. Poi ci sono, come dicevo prima, degli antagonisti caratterizzati in modo discreto e un ritmo incalzante che invoglia a proseguire la lettura. Questa saga è l’esempio di come una trama può risultare buona nonostante non sia molto elaborata (del resto, è composta in gran parte da combattimenti). Il duello con Sensui è ben costruito e si legge tutto d’un fiato. Insomma, non mi posso lamentare.

Toguro in un quadro di Escher.
Inizia a questo punto l’ultima saga, che occupa i tre volumi finali, e riguardo alla quale voglio spendere qualche parola in più. Questa saga, per dirla da critico serio quale sono, mi ha esaltato da morire e mentre leggevo avrei abbracciato Togashi. Ok, forse non ero così tanto esaltato, ma ha delle premesse davvero interessanti, e procede in un modo che tiene col fiato sospeso. La cosa che mi è piaciuta è che ci sono tre forze, i cosiddetti tre re, ciascuna con i propri obiettivi, le proprie abilità e i punti deboli, tre forze destinate a scontarsi e con ciascuna delle quali si allea uno dei protagonisti. Questa saga segue dunque lo sviluppo dei tre re in un ampio arco di tempo, osserva il rapporto tra i protagonisti e il re con cui si sono alleati e descrive le manovre che questi tre sovrani attuano per opporsi l’uno all’altro. Sono per la maggior parte mosse di spionaggio o di diplomazia, i combattimenti sono relegati soltanto alla fine, e questo conferisce fascino alla storia. Ci si trova di fronte a trame di tradimenti interni, riunioni strategiche, insomma, tutta una serie di cose che mi hanno mandato in brodo di giuggiole. Unica pecca? È troppa corta. Avrei letto venti volumi di trame politiche e tradimenti interni e riunioni strategiche. E invece di volumi ce ne sono praticamente due e mezzo. In pratica, esalta tantissimo per le premesse che ha e per la carne che mette al fuoco, ma poi decide di tagliare corto e quindi non mostra tutto ciò che prometteva. Lascia l’amaro in bocca? In realtà direi di no, ma poteva diventare qualcosa in grado di gasarmi come ben poco altro.

I personaggi sono tutti abbastanza ben fatti. Non sono eccezionali ma rimangono impressi, non hanno grossi sviluppi psicologici (a parte Yusuke, che invece cresce e diventa più responsabile e meno menefreghista con il procedere della storia) ma restano coerenti con sé stessi. Come ho accennato prima, invece gli antagonisti sono abbastanza variabili. Quelli principali sono più o meno bene approfonditi, Toguro meno degli altri ma Sensui e i suoi uomini vanno bene. Gli avversari del torneo delle tenebre, a parte qualche caso sparuto, sono abbastanza anonimi, e destinati a essere dimenticati dopo tre pagine dalla loro sconfitta. Invece ho apprezzato molto i tre re dell’ultima saga, perché tutti e tre sono ben caratterizzati e tra le altre cose sfuggono a una vera categorizzazione morale. Quando vengono presentati potrebbe essere immediato, basandosi sui loro ideali, individuare il re con cui si allea Yusuke come quello buono, quello con cui si allea Kurama come quello un po’ neutrale che però non cadrà mai nella malvagità, e quello con cui si allea Hiei come il cattivo. In realtà non è così, nel senso che l’alleato di Kurama si rivelerà un personaggio subdolo e manipolatore (ma avrà anche momenti in cui manifesta una inaspettata dolcezza, rivolgendosi al figlio), e che l’alleato di Hiei, nonostante ripeto i suoi ideali deprecabili, mostrerà di possedere una sensibilità molto umana, e il lettore non potrà fare a meno di provare un po’ di pietà per lei. Insomma, i personaggi introdotti nella terza saga sono complessi e grigi. Certo, anche qua posso dire che se la saga fosse stata più lunga questo approfondimento psicologici sarebbe potuto essere narrato in modo più disteso e meno compresso. Ma va bé.

La morigerata mamma di Yusuke.
E poi c’è quello per cui Yu degli spettri è famoso. La nota dolente. Il finale. Non farò spoiler, ma posso parlarne in linea generale, visto che è noto, almeno in sintesi, qual è il problema. In sostanza, a metà della terza saga Togashi interrompe la narrazione, si prende un capitolo in cui i personaggi si raccontano a voce quello che è successo dove la storia si è interrotta, seguono alcuni capitoli riempitivi e poi c’è il finale. Tra l’altro, leggendo il capitolo-riassuntone di cui dicevo mi sono mangiato le mani, perché cavolo, vengono dette un sacco di cose interessanti, che in pratica sconvolgono gran parte di quello che sapevamo sui rapporti tra il mondo spirituale e quello degli spettri, ma appunto sono raccontate. Avrebbero potuto costituire degli ottimi colpi di scena, movimentando ancora di più il finale della saga dei tre re, così invece suonano soltanto come un’occasione sprecata.

Poi va bé, la ragione di questa interruzione improvvisa è che Togashi era troppo stressato dai tempi di pubblicazione e non riusciva più a reggerli, e quindi ha deciso di piantare tutto lì dando un finale raffazzonato. In realtà il fatto che la terza saga fosse molto rapida è indice che già da tempo Togashi cominciava a soffrire la pubblicazione, quindi è probabile che questa drastica decisione sia esito di un’accumulazione di problemi che durava da un bel po’. È un peccato che sia finita così, perché, come non finirò mai di ripetere, avrei adorato leggere la saga nella sua interezza e narrata senza fretta, ma tant’è, non possiamo certo lamentarci se Togashi stava male. Certo, poi non dobbiamo stupirci se con Hunter x Hunter è diventato uno dei Quattro Re delle Pause, viste le premesse sarebbe stato stupido aspettarci altro.

L’ultimo capitolo comunque non è male, anzi, è riuscito a commuovermi a sufficienza (non tanto per la faccenda dei colori dei pulsanti che ho trovato un po’ tanto mielosa) quanto per via delle ultimissime pagine e in particolare dell’ultima, che mi ha dato un forte senso di malinconia, mi ha fatto davvero sentire che la storia stava finendo e che a me quella storia mancava. È un po’ lo stesso senso di malinconia che si respira spesso nei primi due volumi, ma qui arricchito dalla consapevolezza che si sta per girare l’ultima pagina. Per cui mi è piaciuto e, nonostante i capitoli che lo precedono non siano proprio il massimo, merita molto.

IN CONCLUSIONE


Yu degli spettri è un manga in crescita, che all’inizio (primi due volumi esclusi) non riesce a colpire ma poi piano si sviluppa sempre di più, si distacca sempre di più dal modello sempre più scomodo di Dragon Ball e riesce a creare qualcosa di meritevole. Perciò ho deciso di valutare questa evoluzione, più che l’impatto complessivo che ha avuto la lettura. Del resto, questa parabola  ascendente è talmente evidente e importante nell’economia della trama che è impossibile non tenerne conto. Perciò vi consiglio di leggerlo, in particolare se vi piacciono gli shonen non sarete delusi, anche se magari all’inizio potrebbe non sembrare.

IL GIUDIZIO DI HISOKA:

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