Facciamo un gioco. Immaginate di essere
una donna di 52 anni qualunque, dove per qualunque intendo “più ricca della
regina d’Inghilterra”. Immaginate di avere alle spalle sette libri che hanno
venduto 450 milioni di copie, sono stati tradotti in 77 lingue e sono stati
spunto per otto film di altrettanto successo. Immaginate che dopo tutto questo
vi venga di nuovo voglia di scrivere, perché per voi scrivere prima che un
lavoro è un piacere. Scrivereste inevitabilmente qualcosa di del tutto diverso
dai famosi sette libri precedenti, no? Perché volete staccarvi quel marchio che
ingombra, che viene prima di voi. Volete dimostrare che siete bravi anche con
altri generi e non solo con il fantasy, che vendete perché avete talento e non
per il vostro nome.
Ecco, immaginate tutto questo e sarete
J. K. Rowling dopo che ha scritto il suo primo romanzo giallo, Il richiamo del cuculo. Che oggi è qui
su questi schermi.
Autore: Robert Galbraith (la carissima
zia Jo sotto pseudonimo)
Anno: 2013
Editore: Salani
Pagine: 547
TRAMA
Cormoran Strike è un investigatore
privato, e non se la sta passando bene in questo periodo. Ha poco lavoro, pochi
soldi e una fidanzata con cui le cose vanno sempre peggio. Quando perciò
incontra la sua nuova segretaria temporanea, Robin, non pensa che da lì a poco
la sua vita prenderà una svolta, per quanto difficile, e lei ne sarà parte
integrante.
Lula Laundry, famosa modella, è morta, è
caduta dalla finestra del suo appartamento. Secondo la polizia è suicidio, ma
il fratello John non è convinto. Per questo si reca da Strike: vuole che sia
lui a indagare e a svelare la verità. Per Strike questa è l’occasione d’oro per
guadagnare un po’ di soldi, rimettere in sesto la sua vita e rendersi conto se
quello che è adesso e il mestiere che fa sono davvero ciò che desidera oppure
solo il ripiego per qualcosa che non è mai riuscito a realizzare.
Il detective Cormoran mentre cattura un colpevole. |
LA MIA OPINIONE
Il
richiamo del cuculo è
stato scritto sotto lo pseudonimo di Roberth Galbraith, e le ragioni di questa
scelta le ho spiegate prima. Sta di fatto che prima che la Rowling facesse il
coming out il romanzo aveva venduto pochino, qualcosa come 1500 copie cartacee
(inutile dire che dopo invece le vendite sono salite alle stelle). La prima
ragione che viene in mente a chiunque, la stessa che era venuta in mente a me,
era che mentre Rowling è un nome che conoscono anche i sassi, Galbraith lo
conoscono soltanto gli economisti e non si aspettano certo che pubblichi un
giallo. Se poi si aggiunge che probabilmente il romanzo di un esordiente aveva
ricevuto una pubblicità scadente, ecco spiegate le cause del flop. Bé, questo
lo pensavo prima di leggere il libro, dopo che l’ho letto posso dire che la
situazione, almeno a parer mio, è diversa.
Ora che tutti sanno che la Rowling è
Galbraith l’intento iniziale dello pseudonimo è andato a farsi friggere.
Infatti Il richiamo del cuculo è un
libro che campa sul nome che l’autrice si è creata.
A me piace la Rowling. Ho adorato i
libri di Harry Potter, ho cominciato il primo a sei anni e finito l’ultimo a
dodici. Li avrò letti tantissime volte, non scherzo se dico che avrò superato
la decina per ciascuno. Ok, non saranno dei capolavori di stile, ma hanno
millemila altri pregi che fanno
dimenticare presto il fatto che, per esempio, la Rowling usi puntini di
sospensione molto spesso dove non servono. Sono degli ottimi libri, che
bilanciano uno stile non eccellente con ottime idee, una eccellente caratterizzazione
dei personaggi, trame non scontate e molta ironia. Il richiamo del cuculo è invece un tremendo passo indietro. Quindi
non è che non ha venduto perché povero caro non lo conosceva nessuno. Anche per
quello, ma anche perché a conti fatti è un brutto romanzo, almeno secondo me.
E non è che la Rowling sia diventata di
colpo stupida e abbia dimenticato come caratterizzare un personaggio. Strike è
ben costruito, non è di certo un protagonista memorabile ma fai il suo sporco
lavoro. I momenti in cui ricorda i tempi nell’esercito, in cui riflette su cosa
fare di sé stesso, in cui ricorda la storia con la sua fidanzata, sono tutte
parti in cui a parlare è una voce ben precisa, una voce che il lettore ha
imparato a conoscere, non un punto di vista generico e asettico. Anche Robin,
per quanto sia un po’ meno approfondita, va bene. E anche l’ambiente delle
super modelle e degli stilisti in cui si svolge gran parte della storia è
rappresentato con una precisione e una efficacia non da poco. Le scene rappresentate
sono vivide e realistiche. Per dirne una, i personaggi sono tutti volgari e
fumano tutti come dei turchi. Sembrano dettagli scontati, sembrano quelle cose
che gli scrittori italiani inseriscono a caso nei loro romanzi per fare i
trasgressivi, ma in realtà ci stanno molto bene. Del resto non credo che tra
gli stilisti e le super modelle regnino una sobrietà e un’astinenza monacali,
eppure sarebbe stato facile sfociare nell’eccessivo,
nell’ipercaratterizzazione, nel troppo che suona surreale tanto quanto il poco.
La Rowling evita tutto questo. Ma il libro non funziona comunque.
Avete mai letto un libro di Agatha
Christie? Io tra la prima e la seconda superiore ho avuto il periodo in cui
mangiavo pane e Agatha Christie. Li ho letti praticamente tutti nel giro di
circa un anno, ne leggevo quasi uno al giorno. E non è che io avessi tanto
tempo libero e non facessi altro che leggere, semplicemente i romanzi della
Christie si leggono da soli. Ne cominci uno, ti prende e non fai in tempo a
dire bah che toh, è finito ed era fantastico, avanti il prossimo. E sapete
perché è così? Perché i gialli di Agatha Christie sono abbastanza brevi e vi
succedono un sacco di cose. Nel giro di duecento pagine scarse c’è tempo per
tre omicidi, caratterizzazione dei personaggi, approfondimento psicologico,
evoluzione dei personaggi, gente che si sposa, gente che si lascia, gente che
litiga, Hastings che ride dietro a Poirot per le sue manie, e venti-trenta
pagine di spiegazione che tengono il lettore con il fiato sospeso. Il richiamo del cuculo è l’esatto
opposto.
Ancora una volta mi sono lasciata prendere la mano... |
Se tornate alla scheda del libro a
inizio recensione vedrete che il dura la bellezza di 547 pagine. Più del doppio
dei romanzi più lunghi della Christie. Cominciate già a intuire qual è il
problema? È proprio come state pensando. Il
richiamo del cuculo è un inutile polpettone.
Un romanzo giallo deve tenere viva
l’attenzione del lettore e deve essere ricordabile. Perché lo scrittore di
gialli è un prestigiatore che deve mostrare al lettore una magia e al tempo
stesso ingannarlo, spostare la sua attenzione su certi dettagli e nasconderne
altri in modo da rendere più difficile possibile capire il trucco. Se però il
lettore non ricorda i punti salienti della vicenda come potrà partecipare alla
sfida di capire l’assassino prima dell’investigatore? È come guardare lo
spettacolo del prestigiatore al buio totale. Invece ciò che è affascinante è
poterlo osservare sotto ogni aspetto e rendersi conto che è nella sua limpidezza
che consiste l’inganno, che il trucco è in qualche modo pulito, è onesto,
perché è essenziale ma allo stesso tempo in grado di illuderti. La bellezza di
leggere un libro della Christie è proprio questa, che per duecento pagine ti fa
credere una cosa e poi ti svela che non era vera, e lo si poteva capire, tutti
gli elementi erano in bella vista, non nascosti sotto un cumulo di inutilità.
Tutto questo per dire che Il richiamo del cuculo è troppo lungo
per quello che ha da raccontare. Il centro del romanzo è occupato dagli
interrogatori, e dura qualcosa come 350 pagine. E questo è dannoso per due
motivi. Il primo, perché impedisce ai dettagli di essere ricordabili: di un
interrogatorio di due o tre pagine è facile tenere a mente tutti gli elementi,
anche quando magari di interrogatori così ce ne sono cinque o sei. Ma quando ci
sono dieci interrogatori di quasi trenta pagine l’uno, inframmezzati per altro
da altre vicende che non c’entrano niente, tipo i problemi di Strike o roba
simile bé, la situazione è ben diversa. Il lettore non può gareggiare con
l’investigatore, sente qualcosa che si va a contraddire con quello che ha
dichiarato un altro personaggio ma non può rendersene conto perché magari ha
sentito dire quella cosa duecento pagine prima, e così piano piano perde
coinvolgimento in quello che legge. Sia ben chiaro, non sto dicendo che in un
giallo gli indizi non debbano essere nascosti, sto dicendo che esistono modi
eleganti per nasconderli. E allungare il brodo a dismisura non rientra tra
questi.
La reazione di zia Jo alla mia recensione. |
Il secondo motivo è che gli
interrogatori sono una fase di stallo. Vengono ascoltate le versioni di ognuno
dei sospettati e quindi per forza di cose la trama non può andare avanti. Anche
per questo devono essere corti, perché non è piacevole leggere una storia dove
non succede niente. Quindi, trenta pagine di interrogatori possono avere un
senso, 300 e passa invece no, anzi, sono un ottimo modo per uccidere
l’interesse del lettore e per affossare la sua voglia di continuare la lettura.
Tutto questo rende nullo il buono di cui
ho parlato prima. Perché va bene, Strike è caratterizzato, ma leggere 300
pagine di nulla su un personaggio ben caratterizzato è comunque noioso. Anche
quando verso pagina 440 la Rowling si decide a far succedere qualcosa è
comunque una ripresa fiacca e che viene salutata con freddezza dal lettore
ormai sfinito. Anche Harry Potter aveva dei punti meno entusiasmanti di altri,
ma lì c’era l’ironia oppure la trovata bizzarra che mantenevano vivo
l’interesse, che facevano venir voglia di continuare la lettura. Qui per forza
di cose non c’è nulla di tutto ciò, e quindi la noia è dietro l’angolo.
E poi arriviamo al finale. Non voglio
fare spoiler, per quanto se vi dicessi chi è l’assassino vi risparmierei noia e
tempo. Semplicemente, vi basti sapere che per quante spiegazioni si tenti di
dare il tutto continua a suonare abbastanza stupido. Non perché la soluzione di
per sé non abbia senso, credo che lo abbia (non ne sono sicuro perché grazie
alle famose 300 pagine di interrogatori non ricordo tutti gli elementi
fondamentali del caso), il fatto è che c’è un incoerenza di fondo che, per
quanto si noti che specie verso la fine l’autrice abbia cercato di giustificarla,
in pratica continua a suonare senza senso. Non dico di più, se lo leggete
capirete subito di cosa sto parlando.
Conan dopo aver letto chi è l'assassino. |
IN CONCLUSIONE
Il
richiamo del cuculo è
un romanzo noioso, troppo lungo e pieno di parti inutili. Ha delle qualità
positive che gli impediscono di cadere negli Abyssi della brutta letteratura e
lo stile funziona, ma comunque non è riuscito a piacermi. Non è il male
assoluto, questo no, ma è ben lontano dall’essere anche solo accettabile.
Quindi in caso ve lo steste chiedendo no, non ho al momento intenzione di
leggere i due seguiti (anche se il secondo me lo ha regalato qualcuno in
qualche occasione) ne ho avuto abbastanza per un po’ di Cormoran Strike e di
Robin. Peccato, dalla Rowling mi sarei
aspettato di più, almeno a livello di idee e coinvolgimento.
VOTO:
Premettendo che a me non piacciono i libri troppo descrittivi (tanto per dire: il Signore degli Anelli io non riesco proprio a leggerlo), ho invece molto apprezzato lo stile di questo libro. Le descrizioni (per quanto molte e lunghe) sono piacevoli: ti sembra proprio di vivere dentro il libro.
RispondiEliminaHo letto pochi tuoi prodotti, ma ho trovato che questo libro abbia uno stile particolarmente simile al tuo.
Il caso non è incredibile (i gialli di Agatha Christie o Conan Doyle sono su un altro livello), ma mi ha comunque intrigato e appassionato e la soluzione, per quanto non sia questo colpo di scena e possa sembrare un pochetto tirata, non mi ha lasciato troppo deluso.
Non mi è piaciuto come giallo ma come romanzo.
Le volgarità le ho trovate realistiche, ma forse un po' di troppo.
Avevo sentito parlare bene di questo libro (che ora avrà una trasposizione televisiva) già prima che si rivelasse lo pseudonimo. Finito questo libro, ho subito comprato i sequel.
P.S. è Lula Landry, non Lula Laundry.
Ciao! Benvenuto sul blog!
EliminaAllora, io tendenzialmente apprezzo le descrizioni, il fatto è che ho trovato che la maggior parte di questo libro potesse essere eliminata senza nulla togliere alla comprensione della trama. È vero, come dicevi tu sembra di esserci dentro, l'ambientazione è particolarmente viva, ma la narrazione è statica. Il problema secondo me non è che si dilunga, è che si dilunga su cose che poteva non dire. Gli interrogatori a parer mio sono un ottimo esempio di questo: durano tutti attorno alle 27 pagine. Non ci credo che tutte le cose che vengono dette in queste 27 pagine sono fondamentali! Che non si poteva levare nemmeno una frase senza compromettere tutto!
Se fosse stato più snello avrei apprezzato di più, perché, come dicevi tu, il caso non è nulla di particolare, ma l'ambientazione così vivida aveva tutte le premesse per intrattenere.
P.S. Ops! Mea culpa!