Eccoci
tornati a parlare di Catullo e del suo Liber. Dopo aver esaminato il ricco e
complesso componimento proemiale possiamo immergerci nella lettura dell’opera
avendo presenti le coordinate principali della poetica di Catullo come lui
stesso le ha espresse.
Come forse
ho già avuto modo di ricordare, il Liber non è una raccolta organica né dotata
di un ordine premeditato (non è il Canzoniere di Petrarca, per capirci), anche
se ovviamente esistono riferimenti che passano tra una poesia e l’altra e
quindi le mettono in relazione. È quello che succede con i carmi 2 e 3, che
sono vicini per un motivo: formano un dittico, in cui lo stesso tema viene
affrontato in maniera continuativa. All’inizio avevo pensato di commentarli
insieme, ma l’articolo stava assumendo dimensioni abnormi (quasi come una
puntata di Abyss, per intenderci), quindi ho deciso di separarli. Il tema in
questione è l’animaletto caro alla donna amata, in questo caso il passero.
Passiamo
quindi subito a vedere quello che ci aspetta oggi, ovvero il carme 2.
“Passer, deliciae meae puellae,
quicum ludere, quem in sinu tenere,
cui primum digitum dare adpetenti
et acris solet incitare morsus,
cum desiderio meo nitenti
carum nescioquid libet iocari,
et solaciolum sui doloris,
credo, ut cum gravis acquiescat ardor:
tecum ludere sicut ipsa possem
et tristis animi levare curas!„
quicum ludere, quem in sinu tenere,
cui primum digitum dare adpetenti
et acris solet incitare morsus,
cum desiderio meo nitenti
carum nescioquid libet iocari,
et solaciolum sui doloris,
credo, ut cum gravis acquiescat ardor:
tecum ludere sicut ipsa possem
et tristis animi levare curas!„
“Passero, delizia della mia ragazza,
con te gioca e ti tiene in grembo,
a te dà la punta del dito perché la becchi,
e incita i tuoi morsi rabbiosi,
quando al mio amore piace
fare un non so quale dolce gioco,
e consolazione al suo dolore, credo,
affinché allora il grave ardore si acquieti:
con te potessi come lei giocare
e alleviare le tristi pene dell’anima!„
con te gioca e ti tiene in grembo,
a te dà la punta del dito perché la becchi,
e incita i tuoi morsi rabbiosi,
quando al mio amore piace
fare un non so quale dolce gioco,
e consolazione al suo dolore, credo,
affinché allora il grave ardore si acquieti:
con te potessi come lei giocare
e alleviare le tristi pene dell’anima!„
La donna amata e il suo passero. |
Viene qui introdotto il tema amoroso, che sarà centrale in tutto il resto del Liber, e viene presentato in un’ottica positiva. L’aspetto negativo del rapporto d’amore, costituito dal tradimento e dalla sofferenza, che emergerà a più riprese in molte delle poesie successive, è qui solamente accennato sul finale, quando appunto si passa a parlare del poeta. Il resto della poesia è però dedicata alla donna e alla contemplazione in un momento di svago e quotidianità. Questa vista assorbe completamente Catullo, e sottrae alla sua fantasia qualunque spazio per parlare del suo dolore.
Regalare uccelli alle donne romane era una prassi diffusa. Catullo però nel ritrarre la donna che ama insieme al suo animale domestico riprende un modulo della poesia alessandrina, e non da un poeta qualunque, bensì da Meleagro, che, come di certo ricordate aveva già preso a modello per il carme proemiale. Sotto il suo nome infatti, nel libro VII dell’Antologia Palatina, ci sono stati tramandati due epigrammi dedicati a una cicala e a una cavalletta. Il tema è quindi ellenistico, ma calato nella realtà romana.
Il carme è un’elaborata trama di giochi e allusioni, di serietà e parodia. Qualche commentatore ha voluto esagerare: ha pensato che il passero celi in realtà un doppio senso osceno. A parte il fatto che, se così fosse, la parte finale perderebbe di senso (come potrebbe il poeta auspicare di alleviare le proprie pene con il passero se il passero fosse un’allusione sessuale?), una simile interpretazione è senza dubbio esagerata. Non è sbagliato tuttavia cercare nella poesia parole che significano più di quanto sembrino, e che rimandano ad ambiti ben precisi. In particolare, troviamo qua e là parole che appartengono al lessico erotico. L’esempio più evidente di questo è il verbo ludere, che viene ripetuto più volte, e che, oltre che giocare, può indicare anche il compiersi dell’atto sessuale, ma anche desiderium era termine frequente della poesia d’amore. Con quest’uso ambiguo di termini che rimandano ad un contesto ben più malizioso di questo Catullo vuole mettere in atto la parodia del filone della poesia ellenistica in cui si sta inserendo: si parla sì di animaletti domestici, ma sottintesa alla descrizione c’è l’attrazione del poeta verso la proprietaria del passero, attrazione che viene mascherata nella descrizione innocente del gioco di farsi becchettare le dita.
La cavalletta di Meleagro. |
Su questi due livelli si articola la parodia, che costituisce la cifra più importante dell’intero componimento, e gli conferisce originalità. Senza questi elementi, sarebbe facile bollarlo come una banale imitazione di Meleagro, che ben poco ha da offrire di nuovo. Invece l’adozione ironica di moduli della poesia alta lo distacca decisamente dalla fredda formalità di certi versi degli epigrammi di età ellenistica. Inoltre, l’uso del vezzeggiativo solaciolum è un tratto tipicamente neoterico.
Proprio per questo in questa poesia il contenuto è meno importante che nel carme 1. L’unico elemento notevole è sul finale, quando come dicevo prima viene anticipato l’elemento di sofferenza presente nel rapporto d’amore. Catullo sostiene che, come la donna amata, anche lui può trovare conforto alle sue pene. Che si parli d’amore è qui evidente dal lessico e dal contesto, e quindi viene da pensare che la donna amata non lo corrisponda. Il componimento assume perciò una sfumatura diversa. Il poeta sta immaginando la donna con il passero, o forse la sta osservando da lontano. Comunque sia, egli si trova distante da lei, e questo spiega l’ironica divinizzazione del passero: l’uccellino fa quello che vorrebbe fare il poeta, ovvero passare del tempo con la donna. In quest’ottica, la descrizione dei giochi viene velata da una patina quasi di rimpianto da parte di Catullo per la sua impossibilità a prendervi parte.
Voglio infine soltanto accennare qualche problema relativo alla struttura del testo. Come dicevo all’inizio, la traduzione che propongo è per così dire di servizio. In realtà, se avessi voluto dare una traduzione più accurata avrei innanzitutto dovuto esaminare le varie correzioni che sono state fatte in alcuni punti della poesia. Innanzitutto, qualche editore ipotizza la caduta di alcuni versi tra il verso 6 e il 7. Inoltre, crea alcuni problemi dare un senso a ut al verso 8. Io l’ho tradotto come una congiunzione finale, ma c’è anche chi lo ha espunto e ha modificato o in tum il cum che viene subito dopo o in posse il possem del verso successivo. Un’altra soluzione adottata è stato dare a ut una sfumatura interrogativa, oppure considerare ut cum come un unico nesso causale. Vi offro soltanto le varie ipotesi, senza però prendere una posizione precisa, e nella traduzione sopra ho soltanto seguito l’interpretazione che viene data solitamente.
Sinceramente, non so quando riuscirò a postare il commento al carme 3, se tutto va bene tra un paio di settimane. Comunque non mollo, anche se sono consapevole che il commento al Liber non lo finirò mai tiro avanti imperterrito! Alla prossima!
ho preso 10, grazie mille <3
RispondiEliminaDi niente! Felice di essere stato utile!
RispondiEliminaGrande Fra, del Piero sempre 🔛🔝
RispondiEliminaieri ho beccato catullo al panettiere e mi ha detto che droppera nuova merda
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