L’undicesima lettura della nostra corona è un ricordo di infanzia. È una
serie per ragazzi, ma chissenefrega, è una bella serie. Mi riferisco alla
trilogia di Bartimeus, che in realtà è una tetralogia, ma l’ultimo libro (che
poi è un prequel, ma è stato scritto dopo gli altri) non me lo ricordo quindi
per onestà intellettuale non lo consiglio. Ricordo invece molto bene quelli
della trilogia originale.
Il protagonista è Bartimeus, un jinn, ovvero un tipo particolare di demone,
che come tutti i demoni è asservito al potere dei maghi umani, una élite che
detiene il potere in Inghilterra e ormai da secoli. Normalmente i demoni del
calibro di Bartimeus, che ha una storia millenaria in quanto ha avuto come
padroni anche Gilgamesh e Salomone, vengono convocati dai membri più importanti
dei governi, da uomini potenti e influenti. Questa volta, però, Bartimeus non
trova quello che si aspettava. Ad averlo convocato è un ragazzino di appena
dodici anni, che gli affida un compito di grande pericolosità: rubare l’amuleto
di Samarcanda a un membro importante del governo, Simon Lovelace. Questo è solo
l’inizio di una serie di eventi che porteranno il ragazzino, Nathaniel, e anche
Bartimeus, a finire coinvolti in un progetto segreto per mettere in atto un
colpo di stato e prendere il potere al governo inglese...
Questa è la trama solo del primo romanzo, ma vale lo stesso anche per i due
successivi. In ogni libro, un Nathaniel sempre più cresciuto (e un Bartimeus
sempre più debole per via della sua permanenza sulla terra) dovranno affrontare
un nuovo complotto ai danni del governo. Nonostante questo, le storie non sono
ripetitive, e c’è anche una trama che fa da fondo all’intera trilogia, che è
solo accennata nel primo libro, quasi trascurata nel secondo (in cui però
avviene un evento fondamentale che la riguarda) e poi si disvela completamente
nell’ultimo.
Sia Bartimeus che Nathaniel (e poi Kitty Jones, che si aggiunge nel secondo
libro come punto di vista) sono personaggi molto ben caratterizzati. Gli ultimi
due percorrono, nel corso della trilogia, una parabola caratteriale non
indifferente e non banale. Il terzo, invece, che è vecchio di più di duemila
anni, non ha una crescita psicologica ma comunque nell’ultimo libro abbiamo
delle rivelazioni sul suo passato che chiariscono meglio alcuni dei suoi
comportamenti, e comunque ha un cambiamento di atteggiamento che non era
scontato, viste le premesse soprattutto del terzo libro.
La cosa più interessante di tutta la saga è l’ambientazione. La società,
divisa in maghi e comuni, è davvero ben costruita, e soprattutto è lontano
dall’essere idealizzata. I comuni sono arrabbiati e rivoltosi perché i maghi li
opprimono, e i maghi sono un branco di opportunisti interessati solo al potere
e alla poltrona. Persino Nathaniel, nel corso della storia, non sarà il
classico protagonista da romanzi per ragazzi, puro e innocente, ma rimarrà
traviato e coinvolto dalla corruzione e il menefreghismo della classe
dominante.
Insomma, la Trilogia di Bartimeus è un’ottima serie, è per ragazzi ma può
essere tranquillamente apprezzato anche da lettori più cresciuti. Inoltre
Bartimeus è ironico e cinico, e il suo umorismo (e la geniale idea di farlo
parlare con le note a piè di pagina) rende la lettura ancora più scorrevole. Lo
consiglio perciò a chi cerca uno urban fantasy fresco e originale.
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